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Editoriali

La rete unica non ha una bella cera

Redazione

La grande operazione tra Cdp e Tim fatica a prendere forma. C’entra l’Europa

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Sono passati esattamente due mesi da quando il governo ha benedetto l’accordo preliminare fra Tim e Cassa depositi e prestiti per la creazione della rete unica di telecomunicazioni. Da quel 27 agosto, sono successe molte cose o, per meglio dire, non è successo nulla. Ciascuno ha mosso le sue pedine, tutti hanno tirato per la giacchetta Margrethe Vestager (che prima o poi dovrà esprimere un parere sul progetto), e ognuno ha cercato di portare a casa qualche risultato. Ma non c’è stato alcun passo concreto. Certo, il deal è complesso: la governance, gli aspetti finanziari, le eventuali misure compensative e l’assetto regolatorio sono tutti da definire. E’ proprio questa complessità, unita ai divergenti interessi di Tim, Open Fiber e dell’esecutivo, a spiegare sia il rallentamento, sia l’apparente uscita del dossier dai radar. Restano infatti da chiarire almeno tre aspetti.

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Sono passati esattamente due mesi da quando il governo ha benedetto l’accordo preliminare fra Tim e Cassa depositi e prestiti per la creazione della rete unica di telecomunicazioni. Da quel 27 agosto, sono successe molte cose o, per meglio dire, non è successo nulla. Ciascuno ha mosso le sue pedine, tutti hanno tirato per la giacchetta Margrethe Vestager (che prima o poi dovrà esprimere un parere sul progetto), e ognuno ha cercato di portare a casa qualche risultato. Ma non c’è stato alcun passo concreto. Certo, il deal è complesso: la governance, gli aspetti finanziari, le eventuali misure compensative e l’assetto regolatorio sono tutti da definire. E’ proprio questa complessità, unita ai divergenti interessi di Tim, Open Fiber e dell’esecutivo, a spiegare sia il rallentamento, sia l’apparente uscita del dossier dai radar. Restano infatti da chiarire almeno tre aspetti.

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Primo: l’obiettivo è accelerare gli investimenti nella fibra e stimolare la concorrenza nei servizi, ma non è ovvio che la via della rete unica sia la migliore né la più semplice o spedita. Secondo: più gli sherpa mettono a fuoco i dettagli, più la delicatezza delle scelte diventa evidente. Se perfino il governo sembra defilarsi, senza esercitare una vera e propria leadership, tutto rischia di naufragare in silenzio. Terzo: ciò non accade nel vuoto, ma nel mezzo di una fase drammatica in cui la qualità delle connessioni internet rappresenta un elemento cruciale della capacità del paese di elaborare una strategia di resistenza e ripresa. Non possiamo sacrificare gli investimenti possibili alle indecisioni impossibili. L’esecutivo non deve nascondersi: deve, al contrario, rilanciare la discussione in modo laico e sereno, anche a costo di individuare soluzioni diverse da quelle originariamente immaginate (inclusa l’unicità della rete, di cui non ha senso fare un totem). Conta la cablatura del paese, non l’identikit di quello (o quelli) che se ne occuperanno materialmente. Non importa il colore della fibra: l’importante è che trasmetta i dati.

 

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