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Tabù che il governo deve superare per favorire la crescita delle aziende

Stefano Firpo e Andrea Tavecchio

Spingere sulla capitalizzazione delle imprese per il rafforzamento patrimoniale superando il modello sbagliato del DL rilancio

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Tutti parlano, e forse a ragione, di Next Genertion EU (in Italia Recovery Fund), ma pochi si concentrano sulla mancanza di capitale proprio e di mezzi finanziari di tante aziende italiane. La crisi da Covid-19 ha creato importanti ammanchi di fatturato in molte imprese e una seconda ondata pandemica, anche senza un ritorno a contromisure di generalizzato lockdown, significa in prospettiva una ulteriore riduzione dell’attività economica che andrà a colpire soprattutto le imprese più piccole o fragili e quei settori più colpiti o che ancora non si sono ripresi come il turismo, la ristorazione e l’industria dello spettacolo. Questa tensione finanziaria per intere filiere di imprese sarà più evidente a gennaio, quando, salvo proroghe, verranno a scadenza le cosiddette moratorie bancarie. La sospensione dei debiti bancari è una manovra giusta e già sperimentata più volte in passato, ma non affronta il problema strategico dell’Italia. Bisogna favorire la crescita dimensionale delle aziende e il loro rafforzamento patrimoniale e la strada maestra è quella di spingere sulla capitalizzazione delle imprese.

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Tutti parlano, e forse a ragione, di Next Genertion EU (in Italia Recovery Fund), ma pochi si concentrano sulla mancanza di capitale proprio e di mezzi finanziari di tante aziende italiane. La crisi da Covid-19 ha creato importanti ammanchi di fatturato in molte imprese e una seconda ondata pandemica, anche senza un ritorno a contromisure di generalizzato lockdown, significa in prospettiva una ulteriore riduzione dell’attività economica che andrà a colpire soprattutto le imprese più piccole o fragili e quei settori più colpiti o che ancora non si sono ripresi come il turismo, la ristorazione e l’industria dello spettacolo. Questa tensione finanziaria per intere filiere di imprese sarà più evidente a gennaio, quando, salvo proroghe, verranno a scadenza le cosiddette moratorie bancarie. La sospensione dei debiti bancari è una manovra giusta e già sperimentata più volte in passato, ma non affronta il problema strategico dell’Italia. Bisogna favorire la crescita dimensionale delle aziende e il loro rafforzamento patrimoniale e la strada maestra è quella di spingere sulla capitalizzazione delle imprese.

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La Commissione Europea ha stimato un “ammanco di capitale” pari a una cifra compresa fra gli 800 e i 1.500 miliardi di euro nell’Unione Europea; un recente studio condotto da Elena Carletti e altri autori stima per l’Italia una erosione di capitale pari a 120 miliardi di euro con una immediata necessità di iniezioni di capitale per 30 miliardi. Finora la soluzione è stata aiutare le imprese a gestire il problema liquidità attraverso un più facile ricorso al debito, infatti (oltre alle moratorie) le misure di garanzia pubblica all’accesso al credito hanno reso possibile che più di 100 miliardi di finanziamenti venissero erogati alle imprese da marzo ad oggi in Italia. I prestiti alle aziende, dopo una lunga stagione di riduzione, hanno ripreso un trend di crescita, con un + 6 per cento ad agosto rispetto all’anno precedente. Si tratta, però, in prevalenza di finanziamenti bancari a medio lungo termine tesi a sostenere immediate esigenze di liquidità e capitale circolante dovute ai cali di fatturato intervenuti negli ultimi 7 mesi. Il ricorso al debito ha rappresentato la scialuppa nella fase emergenziale, ma non è la soluzione. In un paese risparmiatore come il nostro, dove nel periodo della pandemia i depositi bancari sono aumentati di oltre 100 miliardi, è di fondamentale importanza trovare il modo di canalizzare queste risorse verso la patrimonializzazione dell’economia reale. Anche private equity e family office, sia a livello europeo che italiano, hanno una liquidità disponibile di prima grandezza. Per il solo private equity a livello europeo si parla di 300 miliardi di euro disponibili all’investimento. Bisogna facilitare l’incontro di queste risorse con l’esigenza di ricapitalizzarsi di molte imprese.

 

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Sul fronte fiscale, bisogna riconoscere che quanto messo in campo finora è insufficiente. Gli incentivi fiscali alla capitalizzazione introdotti dal DL Rilancio appaiono cervellotici, con criteri di accesso che ne rendono difficile e limitato l’utilizzo. Se si vuole incidere sulle ricapitalizzazione delle imprese bisogna intervenire con una norma fiscale forte, semplice, utilizzabile da tutti e non temporanea. Anche il Patrimonio destinato a investimenti in equity e quasi equity di imprese italiane promosso da Cdp, 44 miliardi, deve trovare un semplice e concreto meccanismo di utilizzo perché diventi realtà efficace, altrimenti rimarrà una buona intuizione, realizzata male. La strategia di rilancio deve basarsi anche sul far facilitare l’ingresso in borsa delle nostre società. L’operazione di Cdp su Euronext e Borsa Italiana può rappresentare una positiva discontinuità, ma dovrebbe essere accompagnata da una robusta azione pro mercato volta a facilitare e semplificare la quotazione in borsa e rendere più liquidi i mercati.

 

A livello europeo bisognerebbe poi riprendere l’agenda e accelerare la roadmap sulla Capital Market Union per affrontare i problemi di frammentazione dei mercati, agendo sulla trasparenza e coerenza delle regole che governano aspetti fiscali, contabili e legali in merito. Da ultimo, ma non per ultimo, occorre, mettere mano ad un disegno riformatore della nostra industria dei fondi pensione ancora troppo frammentata e spesso priva di scala e competenze adeguate a impiegare il risparmio previdenziale su investimenti alternativi rappresentativi della nostra industria.

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