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La terra dei pensionati

La spesa pensionistica sale a livelli record: 17,1 per cento del pil

Le tendenze di medio-lungo periodo del sistema previdenziale presenti nella Nadef sono preoccupanti, anche perché sono troppo ottimistiche

Luciano Capone

Da qui al 2036 il 33 per cento della spesa pubblica (un euro su tre) se ne andrà in pensioni, ma solo se aumenteranno popolazione, crescita e produttività. Altrimenti il sistema sarà insostenibile per i giovani

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Quota 100 è stata un’offerta temporanea triennale, che scadrà l’anno prossimo. Non è all’ordine del giorno il rinnovo”, aveva detto il presidente del Consiglio al Festival dell’economia di Trento. Essendone stato l’autore, Giuseppe Conte non ha potuto dire la verità, ovvero che Quota 100 è stato una misura deleteria, ma ha spiegato che era “un progetto triennale che veniva a supplire a un disagio sociale” prodotto dalla riforma Fornero. Il governo si troverà però a gestire un nuovo “scalone” prodotto proprio da Quota 100, che il ministro del Lavoro Nunzia Catalfo (in accordo con la Cgil) intende affrontare con nuove forme di prepensionamento. Prima di spingersi ulteriormente lungo questo sentiero, però, il governo e le forze politiche di maggioranza dovrebbero osservare quali sono le tendenze di medio-lungo periodo del sistema pensionistico evidenziate nella Nadef presentata dallo stesso Conte e dal ministro dell’Economia Roberto Gualtieri.

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Quota 100 è stata un’offerta temporanea triennale, che scadrà l’anno prossimo. Non è all’ordine del giorno il rinnovo”, aveva detto il presidente del Consiglio al Festival dell’economia di Trento. Essendone stato l’autore, Giuseppe Conte non ha potuto dire la verità, ovvero che Quota 100 è stato una misura deleteria, ma ha spiegato che era “un progetto triennale che veniva a supplire a un disagio sociale” prodotto dalla riforma Fornero. Il governo si troverà però a gestire un nuovo “scalone” prodotto proprio da Quota 100, che il ministro del Lavoro Nunzia Catalfo (in accordo con la Cgil) intende affrontare con nuove forme di prepensionamento. Prima di spingersi ulteriormente lungo questo sentiero, però, il governo e le forze politiche di maggioranza dovrebbero osservare quali sono le tendenze di medio-lungo periodo del sistema pensionistico evidenziate nella Nadef presentata dallo stesso Conte e dal ministro dell’Economia Roberto Gualtieri.

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A legislazione vigente, ovvero con la fine di Quota 100, la spesa per pensioni continuerà a crescere nel prossimo triennio a un tasso del 2,3-2,4 per cento annuo: salirà di 7 miliardi ogni anno, dai 274 miliardi del 2019 ai 302 miliardi del 2023. Secondo i dati riportati nella Nadef, la spesa previdenziale in rapporto al pil aumenterà repentinamente quest’anno raggiungendo il picco del 17,1 per cento, per poi scendere nel biennio successivo al 16,3 per cento: comunque 1 punto di pil sopra al dato del 2018. Una causa di questo balzo è ovviamente l’impatto dell’emergenza Covid che ha fatto contrarre il pil, ma anche di Quota 100 che ha determinato nel triennio 2019-2021 “un sostanziale incremento del numero di pensioni in rapporto al numero di occupati”. La misura gialloverde non ha prodotto l’occupazione annunciata e fa salire, da qui al 2035, la spesa pensionistica di 0,2 punti annui. Nel medio termine la spesa per pensioni, dopo una discesa dal picco del 17,1 per cento nel 2020, è prevista in calo al 16,7 per cento nel 2030 (che sono comunque 1,5 punti in più rispetto al 2018) per poi tornare al salire fino al picco assoluto del 17,2 per cento nel 2036: allora come oggi, il 33 per cento della spesa pubblica se ne andrà in pensioni.

 

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Sembra una prospettiva preoccupante, ma è purtroppo ottimistica. Perché le stime si basano su ipotesi molto favorevoli. Dal punto di vista demografico un flusso netto di immigrati di oltre 160 mila unità l’anno (che considerando l’emigrazione, vuol dire un flusso annuo di 300 mila immigrati) e un aumento del tasso di fecondità (quando il trend, in realtà, è opposto). Dal punto di vista macroeconomico, si prevede una crescita del pil dell’1,2% annuo (nello scorso decennio è stata zero);  un aumento della produttività che arriva all’1,5 per cento (lo scorso decennio è stata negativa);  una costante riduzione della disoccupazione al 5,5 per cento (la metà di quella attuale)  e un progressivo aumento dell’occupazione di 10 punti. In pratica, per mantenere una spesa pensionistica a livelli molto elevati, tra i più alti al mondo, all’improvviso in Italia tutto dovrà funzionare meglio: accoglieremo immigrati, faremo più figli, diminuirà la disoccupazione, cresceranno la produttività e il pil.

 

Se invece le cose continueranno a funzionare come ora, la spesa pensionistica diventerà insostenibile per i giovani di oggi e di domani. Nella Nadef il governo – come tutti quelli precedenti – riconosce che la riforma Fornero ha “migliorato in modo significativo la sostenibilità del sistema pensionistico, garantendo maggiore equità tra le generazioni”. E nelle sue raccomandazioni l’Europa chiede all’Italia di “attuare pienamente le passate riforme pensionistiche al fine di ridurre il peso delle pensioni di vecchiaia nella spesa pubblica”. Se Conte e Gualtieri vogliono davvero pensare alla Next generation, dopo Quota 100 non dovranno introdurre una Quota 101.

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