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editoriali

Lezioni per l’Italia dal porto di Trieste

redazione

Le alternative alla Via della Seta ci sono. Perché sui porti la Germania fa scuola

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Altro che i cinesi, i tedeschi; altro che terminale per la nuova Via della Seta, il porto di Trieste guarda al cuore dell’Europa, come del resto vuole la sua storia e la sua vocazione. Fugati i fantasmi della colonizzazione asiatica, l’accordo raggiunto tra Hamburger Hafen und Logistik e la Piattaforma logistica di Trieste ha un significato strategico che non deve sfuggire. Amburgo è il primo porto tedesco e anche primo polo ferroviario europeo, la Hhl è controllata per il 68,4 per cento dalla “libera città”, ha 6.000 dipendenti e un fatturato di un miliardo e 350 milioni di euro, controlla quattro terminal amburghesi, uno a Odessa in Ucraina e uno a Tallinn in Estonia; ora diventa l’azionista di maggioranza della piattaforma triestina, creando in questo modo un gruppo leader in Europa, un sistema mare-ferro come lo chiamano i tecnici del settore, che collega il Mediterraneo al Mare del nord e al Baltico.

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Altro che i cinesi, i tedeschi; altro che terminale per la nuova Via della Seta, il porto di Trieste guarda al cuore dell’Europa, come del resto vuole la sua storia e la sua vocazione. Fugati i fantasmi della colonizzazione asiatica, l’accordo raggiunto tra Hamburger Hafen und Logistik e la Piattaforma logistica di Trieste ha un significato strategico che non deve sfuggire. Amburgo è il primo porto tedesco e anche primo polo ferroviario europeo, la Hhl è controllata per il 68,4 per cento dalla “libera città”, ha 6.000 dipendenti e un fatturato di un miliardo e 350 milioni di euro, controlla quattro terminal amburghesi, uno a Odessa in Ucraina e uno a Tallinn in Estonia; ora diventa l’azionista di maggioranza della piattaforma triestina, creando in questo modo un gruppo leader in Europa, un sistema mare-ferro come lo chiamano i tecnici del settore, che collega il Mediterraneo al Mare del nord e al Baltico.

La Piattaforma è stata appena completata con un investimento di 150 milioni di euro, 99 dei quali da parte della Autorità di sistema portuale dell’Adriatico orientale (l’ente pubblico che gestisce Trieste). Su di essa aveva messo gli occhi il China Merchants Group, ma le trattative non hanno condotto ad alcun accordo. La sponda germanica a questo punto allontana la Cina che, in ogni caso, non molla la pressione sugli scali marittimi italiani. I porti, del resto, sono più che mai strategici e l’Italia è di per sé un grande approdo, crocevia geografico, economico e politico tra nord e sud come tra est e ovest. I porti, però, in Italia non fanno sistema. E sono lo specchio deformato del localismo, della frammentazione, del mancato rapporto tra centro e periferia, tra governo centrale e amministrazioni periferiche. Una dimensione nazionale della questione portuale oggi manca e deve essere inserita in una visione più ampia, quanto meno continentale e poi globale. La logistica, la stessa pandemia lo ha dimostrato, è la spina dorsale dell’economia, sorretta dalle reti infrastrutturali. Nel piano per la ripresa questo pacchetto dovrebbe occupare i primi posti, secondo le prime indiscrezioni non sembra che sia così. Speriamo che siano fake news.

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