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la mossa di zingaretti

I conti che spiegano la guerra del Mes

Altro che risparmi e condizionalità, tra Pd e M5s lo scontro è sull’egemonia nel governo

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Fino a qualche mese fa erano elevatissime le motivazioni economiche per chiedere la linea di credito del Mes: i progetti e i piani del Recovery fund erano ancora più lontani da venire, l’emergenza più forte e i tassi di interesse molto alti. Chiedendo i finanziamenti al Fondo salva stati il governo avrebbe avuto immediatamente la liquidità per finanziare il piano per la sanità del ministro della Salute Roberto Speranza, risparmiando al contempo dai 500 ai 600 milioni all’anno (5-6 miliardi su un finanziamento decennale). Molto più forti delle ragioni economiche erano però quelle politiche, in particolare per volontà del M5s, che per una tara ideologica era – ed è tuttora – in netta opposizione all’aiuto incondizionato del Mes (mentre è favorevole a quello condizionatissimo del Recovery fund). Ora la situazione si è completamente ribaltata. Nel senso che sono progressivamente diminuite le ragioni economiche per ricorrere al Mes perché da un lato il lasso temporale che ci separa dai finanziamenti del Recovery si è ridotto e dall’altro i rendimenti sui titoli di stato sono scesi notevolmente tornando ai livelli pre-pandemia. Intendiamoci: chiedere il Mes resta sempre molto conveniente (anche perché pure i tassi del Mes sono leggermente scesi), ma il risparmio si è ridotto. Al contempo, però, è cambiato il vento sulle ragioni politiche per chiederlo. Le elezioni regionali hanno modificato i rapporti di forza nella maggioranza: Nicola Zingaretti ha la necessità di affermare il nuovo ruolo di guida del Pd nel governo piantando la bandiera del Mes e non è un caso che la sua prima iniziativa postelettorale sia stato l’annuncio di un piano della regione Lazio da finanziare con le risorse del Mes. Il M5s però – senza guida, ulteriormente indebolito e lacerato al suo interno dopo le elezioni – potrebbe implodere dopo una capitolazione su questo su un tema dal forte valore identitario. Quella sul Mes è diventata una battaglia simbolica per manifestare l’egemonia nella maggioranza che nessuno, né il Pd né il M5s, può perdere senza pagare un conto salato.

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Fino a qualche mese fa erano elevatissime le motivazioni economiche per chiedere la linea di credito del Mes: i progetti e i piani del Recovery fund erano ancora più lontani da venire, l’emergenza più forte e i tassi di interesse molto alti. Chiedendo i finanziamenti al Fondo salva stati il governo avrebbe avuto immediatamente la liquidità per finanziare il piano per la sanità del ministro della Salute Roberto Speranza, risparmiando al contempo dai 500 ai 600 milioni all’anno (5-6 miliardi su un finanziamento decennale). Molto più forti delle ragioni economiche erano però quelle politiche, in particolare per volontà del M5s, che per una tara ideologica era – ed è tuttora – in netta opposizione all’aiuto incondizionato del Mes (mentre è favorevole a quello condizionatissimo del Recovery fund). Ora la situazione si è completamente ribaltata. Nel senso che sono progressivamente diminuite le ragioni economiche per ricorrere al Mes perché da un lato il lasso temporale che ci separa dai finanziamenti del Recovery si è ridotto e dall’altro i rendimenti sui titoli di stato sono scesi notevolmente tornando ai livelli pre-pandemia. Intendiamoci: chiedere il Mes resta sempre molto conveniente (anche perché pure i tassi del Mes sono leggermente scesi), ma il risparmio si è ridotto. Al contempo, però, è cambiato il vento sulle ragioni politiche per chiederlo. Le elezioni regionali hanno modificato i rapporti di forza nella maggioranza: Nicola Zingaretti ha la necessità di affermare il nuovo ruolo di guida del Pd nel governo piantando la bandiera del Mes e non è un caso che la sua prima iniziativa postelettorale sia stato l’annuncio di un piano della regione Lazio da finanziare con le risorse del Mes. Il M5s però – senza guida, ulteriormente indebolito e lacerato al suo interno dopo le elezioni – potrebbe implodere dopo una capitolazione su questo su un tema dal forte valore identitario. Quella sul Mes è diventata una battaglia simbolica per manifestare l’egemonia nella maggioranza che nessuno, né il Pd né il M5s, può perdere senza pagare un conto salato.

 

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