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editoriali

Recovery Confindustria

Redazione

Perché il vuoto di idee dell’opposizione può essere riempito da Bonomi

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La spallatina confindustriale, dopo il fallimento della spallata del centrodestra, come dicono a Milano, anche no. La gnagnera neppure. Ma non perché sarebbero puri passatempi per riempire tra una settimana la mattinata della prima assemblea di Confindustria con Carlo Bonomi presidente. Soprattutto sarebbero, gnagnera e spallatina, uno spreco di opportunità anche se non di energie, perché per far buttare giù dalla squadra di intellettuali radiofonici che affianca la presidenza il solito discorso con la tirata contro la politica ci vuole davvero il minimo sforzo, per il committente e per gli estensori. Allora meglio consumarle invece un po’ di energie e provare a cambiare spartito.

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La spallatina confindustriale, dopo il fallimento della spallata del centrodestra, come dicono a Milano, anche no. La gnagnera neppure. Ma non perché sarebbero puri passatempi per riempire tra una settimana la mattinata della prima assemblea di Confindustria con Carlo Bonomi presidente. Soprattutto sarebbero, gnagnera e spallatina, uno spreco di opportunità anche se non di energie, perché per far buttare giù dalla squadra di intellettuali radiofonici che affianca la presidenza il solito discorso con la tirata contro la politica ci vuole davvero il minimo sforzo, per il committente e per gli estensori. Allora meglio consumarle invece un po’ di energie e provare a cambiare spartito.

 

La Confindustria versione primavera-estate aveva picchiato duro giocandosi i margini di dialogo e di indignazione. Il governo era semplicemente incapace e inadeguato, soggetto a una sommaria rottamazione. Poi una prima crepa nell’inedita intransigenza confindustriale si era aperta con il confronto, il primo senza mediazioni, tra Bonomi e i segretari di Cgil, Cisl e Uil. E qualcosa dello spirito del patto per la fabbrica aveva improntato le azioni successive delle parti sociali. L’impressione, forse per il nostro abituale ottimismo, era che si fosse percepita da aziende e sindacati la necessità di mettere il paese al traino del sistema produttivo, unico motore rimasto sempre acceso, per alcuni settori al minimo dei giri, anche durante il fermo nazionale ed europeo. E questa impressione, se concretizzata, potrebbe tradursi in proposte anche nel rapporto con il governo e con la politica. Sarebbe imperdonabile non cogliere il momento magico in cui il governo, rafforzato e stabilizzato, pensa a ciò che si può fare, in una programmazione biennale, per vedere produzione, lavoro e ricchezza in recupero dopo le mazzate del primo semestre 2020. E’ il partito del pil che è stato chiamato a farsi avanti, con idee, comportamenti e azioni. Chiamato non da qualcuno ma dalla situazione storica. L’opposizione si è sfilata da questo compito e Confindustria può riempire parte del vuoto propositivo, perché spendere 200 e più miliardi certo non è un lavoro facile, ma sicuramente non è un’occasione che capita due volte.

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