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Confindustria si sveglia sui contratti

Redazione

Si possono legare welfare e produttività. Svolta pragmatica di Bonomi

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Si direbbe che in extremis la Confindustria ha cercato un linguaggio nuovo, al quale corrispondono sempre idee nuove, per parlare di rinnovo dei contratti di lavoro con i sindacati e, di sponda, con la politica. Accantonati i toni da battaglia campale e superata l’indicazione, ambiziosa tanto quanto generica, di mettere mano a una rivoluzione delle regole contrattuali, il presidente degli industriali è riuscito a dire nel piccolo spazio di un tweet più di quanto avesse detto nelle ultime settimane. Intanto ha riconosciuto di incontrare i sindacati con fiducia e poi, nel merito, ha elencato ciò che va affrontato. Partendo dai nuovi ammortizzatori sociali e passando alle politiche attive del lavoro e al ruolo delle agenzie, recuperando il patto per la fabbrica (le intese del 2018) e chiedendo ai sindacati uno sforzo per la nuova legge sulla rappresentanza, proponendo una doppietta fatta di trattamento economico minimo e di salario di produttività, e mettendo sul piatto della trattativa anche welfare e formazione. Insomma, non ancora una piattaforma ma la definizione del campo di gioco, sufficientemente ampio da poter compensare con concessioni in alcuni capitoli ciò che non si potrà ottenere altrove.

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Si direbbe che in extremis la Confindustria ha cercato un linguaggio nuovo, al quale corrispondono sempre idee nuove, per parlare di rinnovo dei contratti di lavoro con i sindacati e, di sponda, con la politica. Accantonati i toni da battaglia campale e superata l’indicazione, ambiziosa tanto quanto generica, di mettere mano a una rivoluzione delle regole contrattuali, il presidente degli industriali è riuscito a dire nel piccolo spazio di un tweet più di quanto avesse detto nelle ultime settimane. Intanto ha riconosciuto di incontrare i sindacati con fiducia e poi, nel merito, ha elencato ciò che va affrontato. Partendo dai nuovi ammortizzatori sociali e passando alle politiche attive del lavoro e al ruolo delle agenzie, recuperando il patto per la fabbrica (le intese del 2018) e chiedendo ai sindacati uno sforzo per la nuova legge sulla rappresentanza, proponendo una doppietta fatta di trattamento economico minimo e di salario di produttività, e mettendo sul piatto della trattativa anche welfare e formazione. Insomma, non ancora una piattaforma ma la definizione del campo di gioco, sufficientemente ampio da poter compensare con concessioni in alcuni capitoli ciò che non si potrà ottenere altrove.

 

I sindacati ora hanno davanti non più una Confindustria arroccata ma un interlocutore che apre a una trattativa. E forse dovranno anche loro scendere sul terreno pragmatico. Per entrambi valgono da monito le accelerazioni compiute o avviate da alcune categorie. Per l’alimentare c’è stato già l’accordo, giorni fa, con rilevanti aumenti salariali. E qualcosa di simile ha fatto il settore del vetro chiudendo il suo accordo. Si sa che i vertici di Confindustria non hanno gradito questi scatti in avanti, ma anche per i sindacati sono accordi che comportano modelli difficili da replicare. In altri settori, di fronte a resistenze non superabili sulla parte salariale, si potrà lavorare su variabili come la formazione, il welfare e la produttività, per stare al passo con i migliori contratti. Anche perché tra pochi giorni potrebbero esserci nuove sorprese, con altri settori che corrono a firmare. E allora le pressioni si faranno forti e servirà molta inventiva, anche spazzando via qualche dogma sindacale.

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