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Salvare la rete unica dal modello Rai

Redazione

Il governo accelera, Cdp cerca l’intesa con Tim. I paletti che mancano

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Il processo verso una rete in banda larga unica, separata e a trazione pubblica ha fatto ieri il passo decisivo. Il governo – al termine di una riunione a cui hanno partecipato il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, i ministri Gualtieri, Patuanelli, Pisano, Bonafede, Franceschini e Speranza, con Andrea Orlando e Luigi Marattin, oltre che l’ad di Cdp Fabrizio Palermo – ha dato la benedizione a FiberCorp, la società che dovrebbe essere varata lunedì prossimo dal cda di Tim in partnership col fondo Kkr. Oltre agli asset dell’ex monopolista, vi confluiranno quelli di Tiscali e, in prospettiva, Open Fiber. Il controllo resterà formalmente privato, ma un ruolo decisivo l’avrà la Cassa depositi e prestiti.

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Il processo verso una rete in banda larga unica, separata e a trazione pubblica ha fatto ieri il passo decisivo. Il governo – al termine di una riunione a cui hanno partecipato il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, i ministri Gualtieri, Patuanelli, Pisano, Bonafede, Franceschini e Speranza, con Andrea Orlando e Luigi Marattin, oltre che l’ad di Cdp Fabrizio Palermo – ha dato la benedizione a FiberCorp, la società che dovrebbe essere varata lunedì prossimo dal cda di Tim in partnership col fondo Kkr. Oltre agli asset dell’ex monopolista, vi confluiranno quelli di Tiscali e, in prospettiva, Open Fiber. Il controllo resterà formalmente privato, ma un ruolo decisivo l’avrà la Cassa depositi e prestiti.

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L’operazione deve ancora superare diversi scogli, relativi non solo ai necessari compromessi – operativi e di governance – tra i vari soggetti coinvolti, ma anche ai paletti che potrebbero giungere dalle autorità antitrust italiana ed europea. La buona notizia è che finalmente si sblocca una situazione che si stava avvitando, vuoi per la guerra di interessi contrapposti, vuoi per la confusione sugli obiettivi di breve e di lungo termine. Se dunque il disegno generale finalmente prende forma, e supera il modello di concorrenza infrastrutturale che il nostro paese si era dato, restano da mettere molti puntini sulle i.

 

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Un ruolo centrale sarà quello del Garante per le comunicazioni, il quale dovrà sovrintendere alle trasformazioni in atto, contribuendo a far materializzare gli investimenti necessari a cablare il paese. La stessa regolazione dovrà evolvere: finora si è mossa nel paradigma dell’integrazione verticale, per garantire parità di condizioni. Adesso cammineremo invece su un territorio in parte incognito, perché ci sono pochi precedenti internazionali di una rete pienamente separata dal principale operatore (ancorché da esso finanziariamente partecipata).

  

Anche la politica dovrà essere responsabile e frenare gli appetiti. Ciò presuppone una gestione efficiente della nuova società della rete, che non può e non deve essere vista come terra di conquista dei partiti. Sapranno questi ultimi tenersene alla larga? Solo il tempo dirà se stiamo costruendo la nuova infrastruttura tecnologica del paese, cosa che ovviamente ci auguriamo, oppure se stiamo ponendo la prima pietra per un’altra Rai.

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