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Paradigma Del Vecchio

Redazione

Le reazioni alla salita di Delfin in Mediobanca sono la spia dei nostri problemi

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Ma esattamente qual è il problema con Del Vecchio? Non si vuole che raddoppi le sue quote in Mediobanca, ma non si capisce perché. Ieri la Banca centrale europea ha dato il via libera (o meglio, non ha espresso alcuna obiezione) alla Delfin di Leonardo Del Vecchio a salire nell’azionariato di Mediobanca al 20 per cento (dall’attuale 9,9). Negli ultimi mesi si è manifestata negli ambienti finanziari e politici una grande preoccupazione per le scelte del secondo uomo più ricco d’Italia, con particolare riguardo alle sorti delle Generali. Perché Mediobanca con una quota del 13 per cento è il primo azionista del gruppo assicurativo, di cui Del Vecchio già possiede il 5 per cento. Su questa operazione si sono fatte le speculazioni più assurde. Ci si è chiesti perché mai il patron di Luxottica dovrebbe investire un miliardo a 85 anni, come se l’età sia diventato un impedimento legale o economico. Si è persino tirata fuori l’assurda tesi del “conflitto d’interessi” perché la Delfin sarebbe presente sia nella controllante Mediobanca che nella controllata Generali, una situazione preesistente e comune a chissà quante partecipazioni, che non si capisce perché mai sarebbero in conflitto. A un certo punto è stata addirittura diffusa la tesi della trama oscura: Del Vecchio vuole scalare Piazzetta Cuccia per impossessarsi del Leone di Trieste al fine di svenderlo ai francesi.

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Ma esattamente qual è il problema con Del Vecchio? Non si vuole che raddoppi le sue quote in Mediobanca, ma non si capisce perché. Ieri la Banca centrale europea ha dato il via libera (o meglio, non ha espresso alcuna obiezione) alla Delfin di Leonardo Del Vecchio a salire nell’azionariato di Mediobanca al 20 per cento (dall’attuale 9,9). Negli ultimi mesi si è manifestata negli ambienti finanziari e politici una grande preoccupazione per le scelte del secondo uomo più ricco d’Italia, con particolare riguardo alle sorti delle Generali. Perché Mediobanca con una quota del 13 per cento è il primo azionista del gruppo assicurativo, di cui Del Vecchio già possiede il 5 per cento. Su questa operazione si sono fatte le speculazioni più assurde. Ci si è chiesti perché mai il patron di Luxottica dovrebbe investire un miliardo a 85 anni, come se l’età sia diventato un impedimento legale o economico. Si è persino tirata fuori l’assurda tesi del “conflitto d’interessi” perché la Delfin sarebbe presente sia nella controllante Mediobanca che nella controllata Generali, una situazione preesistente e comune a chissà quante partecipazioni, che non si capisce perché mai sarebbero in conflitto. A un certo punto è stata addirittura diffusa la tesi della trama oscura: Del Vecchio vuole scalare Piazzetta Cuccia per impossessarsi del Leone di Trieste al fine di svenderlo ai francesi.

 

L’accusa, insomma, è quella di collaborazionismo: l’italiano Del Vecchio è in realtà un agente francese. Questo ragionamento paranoico-nazionalista è stato alla base di interventi politici e addirittura di una norma contra personam, inserita nella bozza del decreto Agosto e poi per fortuna espunta, che rafforzava il golden power al fine di ostacolare l’operazione di Del Vecchio, o quantomeno di sottoporla al giudizio discrezionale della politica. Questo modo di procedere, senza una logica e senza rispetto delle regole del mercato e dello stato di diritto, non è tanto un problema per Del Vecchio, che di soldi e successo ne ha già abbastanza, ma per la credibilità e per il suo futuro del paese. Quale straniero può investire in un posto come l’Italia dove persino i suoi ricchi e affermati cittadini vengono trattati in questa maniera?

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