PUBBLICITÁ

Quando fare debito non è solo una cosa buona, ma è anche necessaria

Giovanni Tria

E’ quello che i governanti non devono temere, senza il quale si creerebbe un ulteriore danno per i giovani

PUBBLICITÁ

Il governo italiano, come tutti i governi, si deve muovere oggi tenendo conto dei molti elementi di incertezza che costituiscono la realtà con la quale convivere. Non sappiamo quale sarà l’evoluzione della pandemia in Italia, in Europa e nel resto del mondo, al quale siamo strettamente interconnessi non solo sul piano economico. Non sappiamo ancora, nel mondo post-Covid, come cambieranno i comportamenti dei consumatori e degli investitori. Nuove forme di cooperazione multilaterale in grado di evitare l’acuirsi di guerre commerciali e l’esplodere di potenziali guerre valutarie devono essere trovate. Tuttavia, in una situazione di grande incertezza stare fermi, aspettare, rinviare non è una buona idea. Al contrario, è necessario scegliere una strada che consenta di far fronte all’imprevisto. Anche perché, accanto ai tanti elementi di incertezza, vi sono altri elementi costitutivi della realtà che non sono affatto incerti e che non si possono ignorare nella conduzione della politica economica. L’emergenza determinata nell’economia e nella società dalla pandemia ha richiesto un intervento pubblico che non poteva tener conto di regole di bilancio già contestabili in tempi normali. Ciò ha determinato l’aumento senza precedenti di deficit e debito pubblico e non vi è dubbio che questa scelta generale di tutti i paesi, non solo quindi dell’Italia, sia stata di per sé corretta. L’Italia ha potuto farlo grazie alla copertura della Bce e al segnale europeo dato ai mercati che sarebbe stata aiutata a riprendere la strada della crescita. Le regole europee di bilancio oggi sospese lo saranno forse per un periodo non breve, ma soprattutto non potranno ritornare a essere quelle di prima, semplicemente perché non funzionavano prima e difficilmente potranno funzionare nel prossimo futuro, anche, e non solo, per l’esplosione dei debiti pubblici e privati.

ABBONATI PER CONTINUARE A LEGGERE
Se hai già un abbonamento:

Altrimenti


Il governo italiano, come tutti i governi, si deve muovere oggi tenendo conto dei molti elementi di incertezza che costituiscono la realtà con la quale convivere. Non sappiamo quale sarà l’evoluzione della pandemia in Italia, in Europa e nel resto del mondo, al quale siamo strettamente interconnessi non solo sul piano economico. Non sappiamo ancora, nel mondo post-Covid, come cambieranno i comportamenti dei consumatori e degli investitori. Nuove forme di cooperazione multilaterale in grado di evitare l’acuirsi di guerre commerciali e l’esplodere di potenziali guerre valutarie devono essere trovate. Tuttavia, in una situazione di grande incertezza stare fermi, aspettare, rinviare non è una buona idea. Al contrario, è necessario scegliere una strada che consenta di far fronte all’imprevisto. Anche perché, accanto ai tanti elementi di incertezza, vi sono altri elementi costitutivi della realtà che non sono affatto incerti e che non si possono ignorare nella conduzione della politica economica. L’emergenza determinata nell’economia e nella società dalla pandemia ha richiesto un intervento pubblico che non poteva tener conto di regole di bilancio già contestabili in tempi normali. Ciò ha determinato l’aumento senza precedenti di deficit e debito pubblico e non vi è dubbio che questa scelta generale di tutti i paesi, non solo quindi dell’Italia, sia stata di per sé corretta. L’Italia ha potuto farlo grazie alla copertura della Bce e al segnale europeo dato ai mercati che sarebbe stata aiutata a riprendere la strada della crescita. Le regole europee di bilancio oggi sospese lo saranno forse per un periodo non breve, ma soprattutto non potranno ritornare a essere quelle di prima, semplicemente perché non funzionavano prima e difficilmente potranno funzionare nel prossimo futuro, anche, e non solo, per l’esplosione dei debiti pubblici e privati.

PUBBLICITÁ

 

Tuttavia, come ha sottolineato Mario Draghi al meeting di Rimini, l’Europa ha avuto bisogno di un faticoso negoziato per prendere la strada della solidarietà, che non è la benevolenza verso qualche paese ma la scelta di una politica comunitaria nell’interesse collettivo. In altri termini, l’Europa è ancora intergovernativa e l’Europa comunitaria delle politiche comuni è appena abbozzata. Anche se la svolta è importante, perché l’accettazione di un debito comune è la base per un bilancio europeo significativo.

 

PUBBLICITÁ

Ma rimane il fatto che lo stock del debito, anche se rimarrà inevitabilmente a lungo su livelli alti, dovrà essere sostenibile. Dovremo, in altri termini, essere in grado di onorare il servizio del debito, mantenuto relativamente contenuto dai bassi tassi di interesse, e soprattutto conservare la fiducia di coloro ai quali chiederemo di continuare a sottoscriverlo. Questo ci porta a un altro passaggio del già citato discorso di Mario Draghi, che fa riferimento alla contrapposizione tra debito buono e debito cattivo. Io credo che vi siano due significati, non alternativi, da dare all’espressione “debito buono”.

 

Il primo significato è quello che si riferisce a un debito che viene impiegato per investimenti che generano crescita e cioè il reddito necessario a ripagarlo, in contrapposizione quindi a un debito speso per scopi, nobili o meno nobili, ma non produttivi e che, quindi, qualcuno – le prossime generazioni o se va male anche le attuali – dovrà ripagare a prezzo di sacrifici distruttivi per gli individui e la società. Ma vi è un altro significato nell’espressione “debito buono”, ed è quello che fa riferimento a un debito che è necessario, perché è necessario quel che si deve fare grazie alla sua emissione. In un dibattito lo scorso anno con Olivier Blanchard al Festival di Trento sostenni, come in altre occasioni, la necessità di superare il tabù della monetizzazione di un programma vasto di investimenti europei, al fine di finanziare, appunto, quello che non appariva allora permesso dalle regole europee, cioè un debito buono. L’argomentazione era che ci si preoccupava spesso, e giustamente, di non trasferire alle generazioni future un debito finanziario contratto oggi, se non creando le condizioni perché tale debito potesse essere ripagato, ma non ci si preoccupava del fatto che l’alternativa alla creazione del debito, per un uso buono e corretto, rischiava di essere il progressivo depauperamento del capitale umano e sociale oltre che il degrado e la riduzione progressiva dello stock di infrastrutture essenziali per la produzione e per la società nel suo complesso. Il danno per le future generazioni, in generale per coloro che sono giovani oggi, non sarebbe minore di quello determinato dall’onere finanziario del debito. Oggi, è più che mai necessario, quindi, non aver paura di un debito buono. Gli effetti della pandemia e il mondo di incertezze che abbiamo di fronte impongono al governo, qualunque esso sia, una grande disciplina oltre che una grande determinazione. Non c’è spazio per improvvisazioni e per calcoli di sopravvivenza politica misurata sul breve termine. E questo a maggior ragione nella consapevolezza che l’Europa comunitaria, che alcuni di noi auspicano, non è l’Europa dei trasferimenti, che non serve e non ci sarà, come non c’è stata in passato.

Di più su questi argomenti:
PUBBLICITÁ