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il discorso al meeting di rimini

Giovani e debito pubblico. La ricetta di Draghi è un'agenda per il futuro del paese (e del governo)

Luciano Capone

“Nel lungo periodo saremo tutti morti”, diceva Keynes. E Draghi lo cita, ma ci ricorda che nel lungo periodo ci saranno anche dei vivi a cui bisogna pensare, dandogli un'istruzione e un ambiente migliori

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Al meeting di Rimini di Comunione e liberazione, nel discorso più atteso dopo la fine del suo mandato al vertice della Banca centrale europea, Mario Draghi mette al centro i giovani. Oltre che per motivi economici, lo fa per una “ragione morale”: “Il debito creato con la pandemia è senza precedenti e dovrà essere ripagato principalmente da coloro che sono oggi i giovani”. Per decenni i governi, guidati da una forma di “egoismo collettivo”, hanno indirizzato le risorse per acquistare consenso politico nell’immediato. Ma “ciò non è più accettabile oggi” perché “privare un giovane del futuro è una delle forme più gravi di diseguaglianza”.

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Al meeting di Rimini di Comunione e liberazione, nel discorso più atteso dopo la fine del suo mandato al vertice della Banca centrale europea, Mario Draghi mette al centro i giovani. Oltre che per motivi economici, lo fa per una “ragione morale”: “Il debito creato con la pandemia è senza precedenti e dovrà essere ripagato principalmente da coloro che sono oggi i giovani”. Per decenni i governi, guidati da una forma di “egoismo collettivo”, hanno indirizzato le risorse per acquistare consenso politico nell’immediato. Ma “ciò non è più accettabile oggi” perché “privare un giovane del futuro è una delle forme più gravi di diseguaglianza”.

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Draghi torna a Rimini dopo 11 anni, quando intervenne al Meeting in veste di governatore della Banca d’Italia negli anni della grande crisi finanziaria del 2008. Nel mezzo c’è stata la crisi dei debiti sovrani, la crisi dell’eurozona, il suo mandato da presidente della Bce che ha salvato la moneta unica e ora la pandemia Covid-19. Il mondo è cambiato inesorabilmente e cambierà ancora di più nei prossimi anni, ma nell’intervento di Draghi c’è un filo conduttore che è proprio l’attenzione ai giovani, che oggi diventa ancora più necessaria dopo che tre crisi e tre grandi recessioni hanno colpito una generazione e rischiano di compromettere il futuro della prossima. Anche nel 2009 Draghi si soffermò molto sull’importanza del capitale umano e sulla necessità di investire sui giovani e sull’istruzione, riformando un sistema per cui “essere istruiti paga meno in termini di carriera e di retribuzione di quanto non paghi in altri paesi”. Questo problema, rilevante già 11 anni fa, è diventato un’emergenza ora che la pandemia può produrre “una distruzione del capitale umano di proporzioni senza precedenti dagli anni del conflitto mondiale”. Da questo punto di vista l’incertezza sui tempi e sulle modalità della ripartenza dell’anno scolastico e accademico è sicuramente un tema che il governo dovrebbe affrontare in maniera più decisa.

 

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L’attenzione ai giovani non riguarda solo l’istruzione e la formazione, ma anche il lavoro e il ruolo che dovranno avere nella società. I governi hanno reagito nell’immediato al coronavirus con i sussidi, per aiutare chi è stato più colpito dalla crisi. “I sussidi servono a sopravvivere” ricorda Draghi, ma ai giovani bisogna dare di più perché “i sussidi finiranno e resterà la mancanza di una qualificazione professionale, che potrà sacrificare la loro libertà di scelta e il loro reddito futuri”. Questo è un altro concetto ricorrente nel pensiero di Draghi, che la profonda recessione attuale non ha indebolito ma rafforzato: “I giovani non vogliono vivere di sussidi, vogliono lavorare ed allargare le proprie opportunità”, disse nel 2017 in un discorso agli studenti del Trinity College di Dublino.

 

I governi, e anche quello italiano, hanno agito nell’immediato con deroghe importanti alle regole europee finora adottate per tamponare la crisi ed evitare che la recessione diventi una depressione prolungata. Ma mentre con un occhio si guarda all’oggi, con l’altro bisogna guardare al dopodomani perché la fase emergenziale dei bonus e dei sussidi non può durare per sempre: “Ora è il momento della saggezza nella scelta del futuro che vogliamo costruire”.

 

E qui Draghi lancia un altro ammonimento riguardo le politiche di bilancio, perché se da un lato è certo che questi livelli di debito pubblico rimarranno elevati a lungo non è detto che i tassi di interesse resteranno su livelli così bassi. Continuerà a esserci fiducia degli investitori se si farà “debito buono” ovvero “investimenti nel capitale umano, nelle infrastrutture cruciali per la produzione, nella ricerca”. Mentre la sostenibilità verrà meno se si farà “debito cattivo”, se cioè le risorse verranno usate per fini improduttivi. Bisogna sicuramente cambiare l’esistente, ma senza “dimenticare l’importanza dei principi che ci hanno sin qui accompagnato” altrimenti il rischio è di ripercorrere gli errori del passato, dice draghi, riferendosi agli anni 70 e alle politiche che hanno prodotto l’aumento dell’inflazione e della disoccupazione.

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L’altro tema affrontato dall’ex presidente della Bce è quello ambientale: “Il ritorno alla crescita, una crescita che rispetti l’ambiente e che non umili la persona, è divenuto un imperativo assoluto”. Nel suo discorso Draghi cita più volte come fonte di ispirazione John Maynard Keynes, definito “l’economista più influente del XX secolo”. Ma a differenza della classe politica che per troppo tempo ha speso pensato al breve termine prendendo troppo alla lettera il motto dell’economista di Cambridge secondo cui “nel lungo periodo saremo tutti morti”, Draghi ci ricorda che nel lungo periodo ci saranno anche dei vivi a cui bisogna pensare. Giovani, capitale umano, debito pubblico e ambiente sono temi cruciali per i prossimi anni che devono essere affrontati già ora. Perché la crisi è adesso, ma la vera emergenza è il nostro futuro.

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