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Questo lo dice lei

Covid, stato e mercato

Pier Carlo Padoan

L’Europa ha accelerato la transizione verso il digitale e il green, l’Italia ha mostrato le sue debolezze

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Tra vent’anni, gli storici considereranno la crisi del Covid come un importante punto di rottura nella storia dell’Italia, dell’Europa e del sistema globale. Come lo descriveranno? Certamente in termini di estensione e profondità (la crisi più grave dopo la Grande depressione), ma sottolineando anche la sua natura particolare.

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Tra vent’anni, gli storici considereranno la crisi del Covid come un importante punto di rottura nella storia dell’Italia, dell’Europa e del sistema globale. Come lo descriveranno? Certamente in termini di estensione e profondità (la crisi più grave dopo la Grande depressione), ma sottolineando anche la sua natura particolare.

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Contrariamente alla grande crisi finanziaria del 2008-10, quella del Covid è una “doppia crisi” che ha un impatto sia sulla salute, sia sull’economia. L’interazione e i trade off sono stati tali che, per migliorare i parametri di salute, è stato necessario un deterioramento delle condizioni economiche.

 

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Ciò ha necessariamente portato a dare priorità alle misure di contenimento del virus e ad “accettare” gli inevitabili choc negativi sulla domanda e sull’offerta. Solo una volta che le condizioni sanitarie sono tornate “normali” – o quando stavano per diventare tali – la politica ha potuto orientare i suoi sforzi verso la ripresa economica.

 

Nel frattempo, tuttavia, l’economia è stata fortemente colpita, in tutte le sue componenti. In alcuni casi, la crisi ha generato cambiamenti permanenti nella struttura dell’economia e nel comportamento delle aziende, dei lavoratori, delle famiglie e dello stato. Gli storici saranno in una posizione molto migliore per valutare tali cambiamenti.

 

Dal nostro punto di vista, tuttavia, possiamo offrire qualche spunto. La crisi ha accelerato in Europa e altrove la transizione verso un’economia digitale, in termini di organizzazione del lavoro nonché dell’aumento della domanda di competenze digitali e di capitale digitale. Allo stesso tempo in Italia essa ha messo a nudo lacune infrastrutturali, inclusa la disponibilità di reti 5G, e lacune di competenze, e ha indicato un nuovo quadro di riferimento per gli investimenti privati e pubblici.

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Forse, diranno gli storici che la crisi ha anche accelerato la transizione verso un’economia più verde. Vedremo se la ripresa sarà stata una grande opportunità per perseguire un modello di crescita più sostenibile e per sfuggire alla path dependence rispetto ai modelli di crescita, produzione e consumo del passato. La crisi ha cambiato il rapporto tra lo stato e il mercato. L’intervento pubblico è stato orientato al sostegno della domanda aggregata, in modo da proteggere imprese e individui alle prese con un calo enorme e improvviso di produzione e occupazione. (segue a pagina tre)

 

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Esso è stato inoltre contrassegnato da misure di più lungo termine, compresi ingressi dello stato nella compagine azionaria di società colpite dalla crisi. Gli storici ci diranno se e con quali tempistiche lo stato si ritirerà.

 

L’Europa è cambiata adattando la sua strategia a lungo termine – il Green deal – alle sfide della crisi. Sono stati introdotti strumenti nuovi collegando l’emergenza con la ripresa e mobilizzando notevoli risorse finanziarie (Mes, Sure, garanzie della Bei e il piano Next Generation Eu).

 

Vedremo se l’Unione europea avrà vinto la sfida di conciliare il recupero quanto più rapido dell’attività economica con l’accelerazione della duplice transizione, digitale e verde. Tutto ciò dipenderà anche dall’efficacia delle politiche nazionali, in particolare sul fronte delle riforme strutturali. Forse l’uscita dalla crisi del Covid-19 sarà il principale motore per mettere mano alla modernizzazione del nostro paese.

 

Le catene globali del valore sono state perturbate da enormi choc ed è dunque possibile che emergano modelli regionali, anziché globali, di investimenti e commercio. Allo stesso tempo, modelli nazionali di specializzazione della produzione, sperimenteranno cambiamenti significativi, guidati da nuovi fattori di vantaggio comparato. Vedremo se i settori meno dipendenti dalla somministrazione di prossimità diretta (al contrario della ristorazione o del turismo) saranno premiati dalla crisi.

 

Nel 2008 i principali paesi risposero istituendo il G20 a livello di leader dandogli il ruolo di principale forum per la governance economica internazionale. La risposta al Covid-19 è stata simile in molti paesi, ma in gran parte non coordinata e, in alcuni casi, si è accompagnata a atteggiamenti egoistici. I governi non hanno riconosciuto la natura di bene pubblico della sicurezza, compresa quella sanitaria, e quindi i benefici di una risposta coordinata.

 

Le relazioni internazionali si sono notevolmente deteriorate, accelerando la transizione verso un modello conflittuale che era già attivo prima della pandemia. Il bilateralismo, piuttosto che il multilateralismo, ha contrassegnato le relazioni tra gli attori più importanti del sistema internazionale.

 

In definitiva la crisi Covid-19 ha prodotto un quadro di grandi cambiamenti. Vedremo se l’Italia sarà in grado di sfruttarla per accelerare le trasformazioni di cui ha tanto bisogno, mantenendo il suo tradizionale atteggiamento di apertura, di sostegno al multilateralismo e di visione europeista.

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