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“Il nazionalismo monetario? Un inganno misto a ignoranza”. Parla Patuelli, capo dell’Abi

Renzo Rosati

“Le politiche peroniste sono una disgrazia. Usiamo gli strumenti europei, a cominciare dal Mes” 

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Roma. In un’inchiesta sulle banche europee il Financial Times osserva che Barclays, Deutsche Bank e Unicredit capitalizzano assieme quanto Zoom, la piattaforma di videoconferenze nata appena nel 2011. Fatte tutte le differenze in particolare con le startup rese popolari dalla pandemia, vuol dire che le banche non sono ancora guarite dalla crisi del 2007?

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Roma. In un’inchiesta sulle banche europee il Financial Times osserva che Barclays, Deutsche Bank e Unicredit capitalizzano assieme quanto Zoom, la piattaforma di videoconferenze nata appena nel 2011. Fatte tutte le differenze in particolare con le startup rese popolari dalla pandemia, vuol dire che le banche non sono ancora guarite dalla crisi del 2007?

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Il Foglio ne parla con Antonio Patuelli, che dal 2013 è presidente dell’Associazione bancaria, con il quarto mandato appena rinnovato il 10 luglio. “La realtà è che già prima del Covid le banche non erano tornate ai livelli borsistici pre Lehman Brothers. Ora si sta recuperando, con fatica. Ma la capitalizzazione non è il termometro unico né perfetto. Le regole sono state via via inasprite dal Comitato di Basilea, ma la solidità e la qualità di una banca non si identifica principalmente con la capitalizzazione di borsa”. Con il coronavirus anche la vigilanza della Bce ha annunciato una moratoria negli stress test mentre la Bce stessa spiana un nuovo bazooka, la Commissione europea ha temporaneamente sospeso la sorveglianza sui bilanci pubblici e i governi, Germania in testa, si sono fatti più flessibili, frugali a parte. Un pronto soccorso o l’inizio di una diversa stagione? “Sulle banche i sei mesi di Covid sono stati l’occasione, più che di un rilassamento, di una revisione critica delle misure per combattere la crisi finanziaria di ben 13 anni fa. Posso rivendicare come la Repubblica italiana, la Banca d’Italia, l’Abi e la federazione bancaria europea lo avessero chiesto da tempo. Imporre soglie sempre più elevate di capitale in epoca di interessi zero è già una contraddizione in termini. Ancora di più se si chiede di trasmettere denaro per la ripresa”. Solo contraddizioni o interessi contrapposti? “L’unione bancaria compirà 6 anni il 4 novembre. E’ come una bambina che va a scuola per la prima volta. La sua formazione è tutta da compiere, ma diventerà un’adolescente e un’adulta. E’ importante non darle l’educazione sbagliata”. A cominciare da cosa? “Intanto dal fatto che in occidente, in quello che mi ostino a definire il mondo atlantico che ancora vorrei che accomunasse Europa e Stati Uniti, le regole dovrebbero essere omogenee. E dunque non restrittive da noi ed elastiche in America. Ma non voglio fare la difesa d’ufficio del mondo bancario. Ci sono i bilanci degli stati, e lì la storia è ben diversa”. Cioè l’Italia ha poco da recriminare. “L’Italia, pur sconfitta e con la ricostruzione, ha tenuto orgogliosamente i bilanci in pareggio fino a tutti gli anni Sessanta. Poi il debito pubblico è esploso, e chi ha qualche anno ricorda l’èra dei tassi d’interesse al 19 per cento, adottati per generare l’ illusione che l’inflazione non fosse un problema, anzi ci si potesse arricchire. E’ da allora che lo stato è divenuto un socio problematico. E come tutto questo si è generato andrebbe studiato a maggior ragione oggi, anziché rimuoverlo dalla memoria”.

   

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Ai continui sfondamenti di deficit e debito si risponde con i vent’anni di avanzi primari. “Guardare solo al rapporto del debito rispetto al pil è una distorsione. Non si parla mai dello stock totale, oggi sopra i 2.500 miliardi: quello genera la continua richiesta di interessi all’Italia, quello preoccupa le autorità internazionali e quello ha anche condizionato il governo nelle misure post pandemia”. L’istituto Bruegel nota che Italia e Germania, pur mettendo in campo la stessa percentuale di pil, l’hanno fatto in due modi diversi: con capitali freschi la Germania, con garanzie pubbliche l’Italia. “Infatti non potevamo fare altro. Aggiungo: benedetto l’euro e benedetta la Bce, perché con la lira non avremmo retto. Nella mia relazione del 2018 citai il rischio Argentina: poche ore fa Buenos Aires ha dichiarato il suo nono default, suggello di una politica monetaria nazional-peronista che ha travolto quello che era uno dei paesi più ricchi del mondo. Come mai qui non se ne parla?” Forse perché una parte della politica non vuole l’Europa, ma emissioni di debito tricolore e patriottico. “Un inganno misto all’ignoranza. Le banche hanno in portafoglio 442 miliardi di Btp e ogni giorno guardano con attenzione allo spread. Ci sono ricette ingegnose, come il prestito irredimibile, senza restituzione di capitale: ho grande rispetto per Paolo Savona e i suoi ragionamenti. Ma chiunque lavori in una banca sa che ciò che conta sono il capitale e la duration, la durata. Quei 442 miliardi non sono tutti uguali, hanno tassi diversi e quando si avvicinano alla scadenza il loro valore si avvicina a 100”.

   

Il Recovery fund è una buona cosa? “Certo. Oltretutto poiché è ancora proibito chiamarli Eurobond, si parla di nuove emissioni sovrannazionali comuni, per le quali le banche sono ovviamente incuriosite e interessate. Ma dobbiamo leggere fino in fondo il testo del Consiglio europeo. Cito due articoli finali. L’A32: ‘Il Consiglio è invitato ad avviare negoziati con il Parlamento europeo’. Benissimo, mi rassicura. L’A33: ‘Non appena sarà stata adottata la decisione sulle risorse proprie, gli stati membri procederanno alla sua approvazione nel più breve tempo possibile, conformemente alle rispettive norme costituzionali’. Attenzione: ricordiamo che nel 2004, a Roma in Campidoglio, venne solennemente firmata da tutti la bozza di nuova costituzione europea a cura della commissione di Valéry Giscard d’Estaing. Poi accadde che Francia e Paesi Bassi, per motivi politici, la sottoposero a referendum, perso. E tutto fu abbandonato. In Olanda e altrove il percorso del Recovery si intreccia con quello politico. Basterebbe il Parlamento delle Fiandre. Dunque ci rendiamo conto della posta in gioco, della responsabilità di tutti noi europei? Anche per questo dico: prendiamo intanto gli strumenti a disposizione, a cominciare dal Mes, che naturalmente va anch’esso esaminato con attenzione”. E’ preoccupato? “Dovrei ma poi prevale la grande fiducia nello spirito d’impresa degli italiani. Anche le banche, nei giorni più difficili del coronavirus, sono sempre state aperte. E personalmente in pieno lockdown ho visto con emozione un’intervista a una anziana bagnina di Cesenatico, le mie parti. ‘Lei riaprirà?’ le chiedeva il telecronista. Risposta: ‘Ma che domanda, noi che siamo sempre stati aperti sotto le bombe, attraversati in pieno dalla Linea Gotica!’”.

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