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Ok allo scostamento di bilancio. Ora torniamo a parlare di debito

Veronica De Romanis

Mai un governo aveva avuto a disposizione tante risorse da investire e da distribuire, ma non si può dare tutto a tutti. Gli aiuti devono essere selettivi 

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Il Senato ha dato il via libera al terzo scostamento di bilancio pari a 25 miliardi. Servirà per finanziare più cassa integrazione, meno tasse, più sussidi alle imprese e più risorse per Comuni e Regioni. Il nuovo scostamento va a aggiungersi ai 20 miliardi del Cura Italia e ai 55 del Decreto Rilancio. E, così, a fine anno, il deficit è previsto attestarsi poco sotto il 12 per cento del Pil, il debito pubblico al 160 per cento. Quest’ultimo non arresta la sua corsa. Nel solo mese di maggio, come comunicato dalla Banca d’Italia, ha raggiunto quota 2.507,6 miliardi, circa 40 miliardi in più rispetto a aprile.

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Il Senato ha dato il via libera al terzo scostamento di bilancio pari a 25 miliardi. Servirà per finanziare più cassa integrazione, meno tasse, più sussidi alle imprese e più risorse per Comuni e Regioni. Il nuovo scostamento va a aggiungersi ai 20 miliardi del Cura Italia e ai 55 del Decreto Rilancio. E, così, a fine anno, il deficit è previsto attestarsi poco sotto il 12 per cento del Pil, il debito pubblico al 160 per cento. Quest’ultimo non arresta la sua corsa. Nel solo mese di maggio, come comunicato dalla Banca d’Italia, ha raggiunto quota 2.507,6 miliardi, circa 40 miliardi in più rispetto a aprile.

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Il governo spende e si indebita. In questa fase di emergenza, del resto, la Banca centrale europea (Bce) acquista una parte dei titoli emessi dagli Stati membri dell’Unione e Bruxelles ha sospeso il Patto di stabilità e crescita. La sospensione delle regole non è per sempre, e, neanche l’azione della Bce (che ha come obiettivo il rispetto del suo mandato che è quello della stabilità dei prezzi). Eppure, nessuno al governo sembra preoccuparsi. In realtà, anche gli esecutivi che si sono succeduti negli ultimi anni se ne sono preoccupati poco. Nella maggior parte dei casi, hanno cercato di circoscrivere il problema ricorrendo a metodi creativi. Ognuno in maniera diversa.

  

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Il governo Berlusconi cercò di nasconderlo quado il suo Ministro dell’economia Tremonti si inventò le clausole di salvaguardia, un trucchetto contabile che consente di rimandare a domani le coperture di spese effettuate oggi. Queste coperture si sono successivamente “trasformate” in maggiore passivo per lo Stato. Il governo Renzi al debito ha addirittura cambiato nome, chiamandolo “flessibilità”. Grazie all’impostazione voluta dall’allora Commissione Juncker che consentì di finanziare riforme e investimenti con disavanzo senza nel contempo violare le regole, Renzi ottenne oltre 30 miliardi di flessibilità. Poi, è arrivato il governo di Giuseppe Conte, che il debito lo ha tagliato ma solo a parole. Lo scorso anno promise ben diciotto miliardi di entrate da privatizzazioni mai realizzate.

  

A conti fatti, il tema debito non è stato mai affrontato in maniera strutturale perché è stato via via nascosto, camuffato o artificialmente ridotto. Sotto questo aspetto, l’attuale governo ha fatto qualcosa in più, che agli altri non era riuscito, grazie anche alle opposizioni populiste: lo ha fatto scomparire dal dibattito pubblico. Del debito, non si parla più. Si parla solo delle risorse da spendere. In effetti, mai un governo aveva avuto a disposizione tante risorse da investire e da distribuire. “Ci sono soldi per tutto e per tutti” questo è il messaggio che prevale. E, così, vengono elargiti aiuti, anche a chi non ne ha bisogno. Solo per fare un esempio recente, dai dati Inps emerge che quasi un’impresa su tre ha chiesto la Cassa integrazione senza avere registrato cali di ricavi. I dati sono stati confermati dal ministro dell’Economia e delle Finanze Roberto Gualtieri che ha annunciato di voler correre ai ripari e procedere a una “selezione” delle aziende beneficiare. Una simile selezione dovrebbe essere estesa anche a altri aiuti finanziari, se non si vuole che del debito si torni a parlare quando sarà troppo tardi.

   

Forse è il caso che il governo cambi metodo e narrativa. Cominciando con lo spiegare che non è possibile dare “tutto a tutti”. E, soprattutto, che il debito non può crescere all’infinito. Prima o poi, dovrà essere riportato su una traiettoria decrescente.

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