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Quota 41. La strana alleanza tra Salvini e i sindacati sulle pensioni

Nunzia Penelope

Quota 100 si è rivelata per quello che era: un capriccio estremamente costoso e sostanzialmente inutile. Il problema è che non se ne può uscire semplicemente aprendo e richiudendo una porta

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Roma. Il grande flop di quota 100 è sempre più evidente, anche dal punto di vista dei sindacati che martedì prossimo torneranno a incontrarsi con il governo per riprendere il confronto sulle pensioni. Iniziata a febbraio e poi interrotta causa Covid, la trattativa sulla previdenza dell’inverno scorso era incentrata proprio sul “dopo quota 100”: cioè su come sostituire, a patire dal 2022, la misura bandiera di Matteo Salvini varata dal governo gialloverde e conservata da quello attuale.

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Roma. Il grande flop di quota 100 è sempre più evidente, anche dal punto di vista dei sindacati che martedì prossimo torneranno a incontrarsi con il governo per riprendere il confronto sulle pensioni. Iniziata a febbraio e poi interrotta causa Covid, la trattativa sulla previdenza dell’inverno scorso era incentrata proprio sul “dopo quota 100”: cioè su come sostituire, a patire dal 2022, la misura bandiera di Matteo Salvini varata dal governo gialloverde e conservata da quello attuale.

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Nel frattempo, però, quota 100 si è rivelata per quello che era: un capriccio estremamente costoso e sostanzialmente inutile. I dati più recenti parlano chiaro: al 30 giugno 2020, secondo una elaborazione della Cgil, le domande presentate per accedere all’anticipo sono 276.763, di cui accolte solo 202.859. Circa 35 mila sono state respinte e poco più sono in attesa di giudizio. Spalmando questi dati in prospettiva, la confederazione afferma che al termine di quota 100 (dicembre 2021) ne avrà usufruito poco più di un terzo della platea prevista, cioè 356 mila persone anziché il quasi milione ipotizzato da Salvini. Con un “risparmio” (ovvero una minore spesa) di quasi 7 miliardi rispetto allo stanziamento preventivato dal governo. Risparmi a parte, che sono sempre una bella cosa, resta che la bandiera della Lega si è miseramente afflosciata su se stessa.

 

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Ma allora, se non ha appeal, per quale motivo tenere ancora in vita quota 100, rendendoci oltretutto bersaglio per i “frugali” d’Europa?

  

Il problema è che la trappola, diciamo, è stata costruita in modo talmente perfido da non poterne uscire semplicemente aprendo e richiudendo una porta. Il risultato sarebbe quello di creare uno “scalone” tra chi è nato il 31 dicembre 2021 e chi, invece, ha avuto la sfortuna di nascere il 1 gennaio 2022: salvati i primi, sommersi i secondi. “Noi non siamo innamorati di quota 100 – giura Roberto Ghiselli, segretario Cgil responsabile della previdenza – e sicuramente non avremmo mai proposto una cosa così costosa e mal costruita. Ma resta il fatto che si sono create aspettative che adesso non possono essere tradite. Dunque, occorre una soluzione per il futuro”.

   

La soluzione immaginata da Cgil, Cisl e Uil – secondo la proposta unitaria di febbraio – prevede una flessibilità in uscita a partire dai 62 anni, oppure con 41 anni di contributi a prescindere dall’età. Più vari altri aggiustamenti, dalla pensione di garanzia per i giovani alla revisione dei lavori usuranti, del lavoro di cura. Ovviamente c’è il rischio che il tutto, alla fine, costi ben più di quota 100. Ma per i sindacati questo rischio semplicemente non esiste: la platea sta cambiando velocemente, spiegano, e la maggior parte di chi potrebbe usufruire del nuovo meccanismo 62/41 andrebbe in pensione con il contributivo pieno o al 65 per cento, mentre i costosi “retributivi” sarebbero poco più che residuali e potrebbero comunque essere arginati con dei correttivi. Qualche dubbio però rimane, se si considera che la stessa proposta è oggi anche la nuova bandiera di Salvini: un compagno di strada quanto meno ingombrante per Cgil, Cisl e Uil. Ma la cosa sembra non imbarazzare nessuno.

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In ogni caso, l’incontro col governo del 28 luglio non affronterà se non di striscio questo argomento: non si può far finta che in questi mesi non sia successo niente, e prima di pensare al post quota 100, c’è da affrontare il post pandemia. Dunque le proposte sul tavolo riguarderanno soprattutto le misure per arginare l’ecatombe sul mercato del lavoro che si prevede arriverà, facilitando scivoli di varia natura verso il pensionamento, usando le leve già disponibili, a partire dai 63 anni, almeno per le figure più fragili o più esposte al rischio contagio. La grande riforma per ora può attendere.

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