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Politiche per reagire allo smart working

Redazione

Il lavoro agile resterà, ma cambierà le città. I sindaci usciranno dalle grotte?

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Ispirata da sindacati come la Cgil, e da ministri come la 5 stelle Fabiana Dadone, che per la Pubblica amministrazione chiede, passata la pandemia, “il 30-40 per cento dei dipendenti in smart working”, si profila per l’autunno un’altra crisi, in aggiunta alle incertezze sulla seconda ondata di contagi e a quella economica. Parliamo di chi non intende tornare al lavoro “in presenza”, in ufficio o a scuola (e a proposito: che ne è di quei docenti che quando venne offerta dal governo Renzi l’assunzione in ruolo distante da casa, denunciavano di non poter interrompere il “rapporto cognitivo” con gli alunni?): per mesi in Italia lo smart working è stata una scelta obbligata e saggia per aziende private e pubbliche, poi la maggioranza delle prime ha richiamato i dipendenti, con orari più o meno alternati; le seconde li hanno lasciati al pc di casa.

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Ispirata da sindacati come la Cgil, e da ministri come la 5 stelle Fabiana Dadone, che per la Pubblica amministrazione chiede, passata la pandemia, “il 30-40 per cento dei dipendenti in smart working”, si profila per l’autunno un’altra crisi, in aggiunta alle incertezze sulla seconda ondata di contagi e a quella economica. Parliamo di chi non intende tornare al lavoro “in presenza”, in ufficio o a scuola (e a proposito: che ne è di quei docenti che quando venne offerta dal governo Renzi l’assunzione in ruolo distante da casa, denunciavano di non poter interrompere il “rapporto cognitivo” con gli alunni?): per mesi in Italia lo smart working è stata una scelta obbligata e saggia per aziende private e pubbliche, poi la maggioranza delle prime ha richiamato i dipendenti, con orari più o meno alternati; le seconde li hanno lasciati al pc di casa.

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I sindacati cercano di recuperare potere assecondando la pigrizia a uscire da casa: un’indagine del Forum per la pubblica amministrazione rivela che all’88 per cento degli statali va bene così e il 61 vorrebbe restarci. Sfidando le polemiche il sindaco di Milano Beppe Sala, ha detto “è ora di tornare al lavoro, alla normalità e alla socialità, basta con l’effetto-grotta”. Al contrario Virginia Raggi nella grotta domestica vuole lasciare circa la metà dei suoi 48 mila dipendenti capitolini: forse, oltre a un improbabile recupero nei sondaggi, pensa di avere meno rogne con i trasporti pubblici; presto potrà anche dire che non servono. Non c’è bisogno di ripetere l’ovvio, cioè che il digitale e l’e-commerce fanno bene all’economia, ma non si può ignorare l’altra faccia dello smart working. Il centro di Roma, normalmente popolato di ministeriali e turisti, è deserto con gli incassi di negozi e ristoranti in calo dell’80 per cento. Deserti quartieri come l’Eur, nati per gli uffici. A Milano rischiano la stessa sorte Porta Nuova e Citylife. Il mercato immobiliare vede ora il sorpasso in retromarcia di Roma su Milano proprio per il crollo degli uffici. Non è così che batte il cuore del mondo, le metropoli non prosperano portando a spasso il cane in strade deserte e compiacendosi di visitare monumenti e musei in splendida ma innaturale solitudine.

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