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Come dall’operazione Intesa-Ubi può nascere il terzo polo bancario

Mariarosaria Marchesano

La fusione potrebbe innescare un movimento centripeto al nord con Bper aggregatore di Bpm e Sondrio. Le incognite di Mps

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Milano. “Siena è lontana e la logistica ha un suo peso nelle concentrazioni bancarie anche oggi che siamo nell’epoca digitale. Resto convinto dell’idea che se nascerà un terzo polo bancario sarà tutto nel nord Italia”. Fabrizio Bernardi, analista del gruppo di investimenti Fidentiis crede poco alla possibilità che Montepaschi – che ha appena nominato Mediobanca come advisor per studiare le prossime scelte strategiche – possa entrare a far parte di un’aggregazione bancaria con soggetti geograficamente distanti e che saranno due i criteri a guidare la stagione di fusioni ora che si è sbloccata l’operazione Intesa-Ubi: i multipli di mercato, parametro nel quale si riflette il valore della banca rispetto ai suoi competitor e che per questo definisce i rapporti di forza tra gli operatori quando si mettono insieme, e la contiguità territoriale. “In prospettiva è Bper a diventare un potenziale soggetto aggregatore – dice al Foglio Bernardi –. E a metterlo in evidenza è stata l’Antitrust nella relazione con cui ha dato il via libera condizionato a Intesa-Ubi”. In effetti, l’autorità presieduta da Roberto Rustichelli ha spiegato che “la prospettata cessione degli sportelli potrebbe consentire all’acquirente (cioè a Bper) di raggiungere a livello nazionale una quota di mercato paragonabile a quella attualmente detenuta da Ubi, rafforzando il proprio posizionamento competitivo”. In pratica, proprio in seguito alle misure correttive che sono state chieste a Intesa Sanpaolo per portare a termine la sua offerta su Ubi – e cioè la cessione di oltre 500 sportelli – la crescita dimensionale di Bper potrebbe essere tale da farne la protagonista di quel terzo polo auspicato dall’Antitrust. 

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Milano. “Siena è lontana e la logistica ha un suo peso nelle concentrazioni bancarie anche oggi che siamo nell’epoca digitale. Resto convinto dell’idea che se nascerà un terzo polo bancario sarà tutto nel nord Italia”. Fabrizio Bernardi, analista del gruppo di investimenti Fidentiis crede poco alla possibilità che Montepaschi – che ha appena nominato Mediobanca come advisor per studiare le prossime scelte strategiche – possa entrare a far parte di un’aggregazione bancaria con soggetti geograficamente distanti e che saranno due i criteri a guidare la stagione di fusioni ora che si è sbloccata l’operazione Intesa-Ubi: i multipli di mercato, parametro nel quale si riflette il valore della banca rispetto ai suoi competitor e che per questo definisce i rapporti di forza tra gli operatori quando si mettono insieme, e la contiguità territoriale. “In prospettiva è Bper a diventare un potenziale soggetto aggregatore – dice al Foglio Bernardi –. E a metterlo in evidenza è stata l’Antitrust nella relazione con cui ha dato il via libera condizionato a Intesa-Ubi”. In effetti, l’autorità presieduta da Roberto Rustichelli ha spiegato che “la prospettata cessione degli sportelli potrebbe consentire all’acquirente (cioè a Bper) di raggiungere a livello nazionale una quota di mercato paragonabile a quella attualmente detenuta da Ubi, rafforzando il proprio posizionamento competitivo”. In pratica, proprio in seguito alle misure correttive che sono state chieste a Intesa Sanpaolo per portare a termine la sua offerta su Ubi – e cioè la cessione di oltre 500 sportelli – la crescita dimensionale di Bper potrebbe essere tale da farne la protagonista di quel terzo polo auspicato dall’Antitrust. 

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D’altra parte, a fare da contrappeso a questa visione più incline a favorire la concorrenza c’è l’indirizzo espresso dalla Bce verso una maggiore concentrazione bancaria finalizzata al rafforzamento patrimoniale che si renderà necessario per ammortizzare gli effetti della pandemia sulla solvibilità delle imprese-clienti. In Borsa, intanto, i venti del risiko bancario che si erano fermati a causa del Covid hanno ricominciato a soffiare, con piogge di acquisti su Ubi dopo il ritocco del prezzo da parte di Intesa, ma anche su Montepaschi e Banco Bpm, mentre si registra calma piatta su Unicredit che, secondo indiscrezioni di stampa, si starebbe muovendo per rafforzare la posizione di leader del secondo polo. “Dopo l’operazione Intesa-Ubi, lo scenario di fusioni e acquisizioni è certamente in forte espansione e qualsiasi accordo sembra possibile – prosegue Bernardi – Ma il ceo di Unicredit, Jean Pierre Mustier, ha sempre ribadito la sua riluttanza a finalizzare qualsiasi accordo di fusione e acquisizione, nazionale o transfrontaliero e onestamente non vedo segnali concreti che abbia cambiato idea. Mentre un accordo tra Banco Bpm e Bper avrebbe molto più senso strategico anche in funzione del coinvolgimento di un terzo soggetto che è la Popolare di Sondrio”. Se ne è parlato poco, ma il 16 luglio la Corte di Giustizia europea ha bocciato il ricorso proposto da alcuni soci della banca contro la trasformazione in spa. Per l’istituto era l’ultima speranza per conservare lo status di cooperativa pur avendo una massa di attivi superiore a 8 miliardi e in tempi stretti dovrà allinearsi alla riforma delle popolari che ha sempre contestato. “Le numerose partnership industriali con Bper suggeriscono che qualcosa potrebbe accadere se la Sondrio non vuole restare relegata in una posizione marginale dopo essersi trasformata in spa”. E Mps? La partita è apertissima e molto dipenderà da quale ipotesi risulterà più convincente per l’advisor Mediobanca che dovrà poi proporla al Mef, dove il ministro Roberto Gualtieri sembra il più convinto a rispettare l’impegno ad uscire dal capitale nel 2021, cosa che nello schieramento 5 stelle potrebbe incontrare delle resistenze.

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