PUBBLICITÁ

Perché il contributo a fondo perduto alle imprese avrà effetti modesti

Marco Pagano e Tommaso Oliviero

La misura prevista dal decreto "Rilancio" ridurrà la percentuale delle aziende a rischio insolvenza di appena lo 0,3 per cento

PUBBLICITÁ

Il decreto "Rilancio" (Dl 34/2020) ha previsto l’istituzione di un contributo a fondo perduto per le piccole e medie imprese colpite dalla crisi del Covid-19. Per capire la novità di questo provvedimento, va notato che finora lo stato italiano ha cercato di aiutare le imprese soprattutto con iniezioni di liquidità, volte a facilitare l’accesso al credito attraverso garanzie statali. Queste misure, anche se indispensabili per la sopravvivenza immediata delle aziende, non possono risolvere da sole il problema della loro solvibilità: poiché per ottenere liquidità le imprese si indebitano, rischiano di uscire dalla crisi con bilanci fragili, considerata anche l’erosione del loro capitale dovuta alle perdite subite. Ciò rischia di impedire la ripresa degli investimenti, e di generare un’ondata di fallimenti nel dopo-pandemia.

ABBONATI PER CONTINUARE A LEGGERE
Se hai già un abbonamento:

Altrimenti


Il decreto "Rilancio" (Dl 34/2020) ha previsto l’istituzione di un contributo a fondo perduto per le piccole e medie imprese colpite dalla crisi del Covid-19. Per capire la novità di questo provvedimento, va notato che finora lo stato italiano ha cercato di aiutare le imprese soprattutto con iniezioni di liquidità, volte a facilitare l’accesso al credito attraverso garanzie statali. Queste misure, anche se indispensabili per la sopravvivenza immediata delle aziende, non possono risolvere da sole il problema della loro solvibilità: poiché per ottenere liquidità le imprese si indebitano, rischiano di uscire dalla crisi con bilanci fragili, considerata anche l’erosione del loro capitale dovuta alle perdite subite. Ciò rischia di impedire la ripresa degli investimenti, e di generare un’ondata di fallimenti nel dopo-pandemia.

PUBBLICITÁ

 

In questo quadro, il finanziamento a fondo perduto è utile (così come lo sarebbe la sottoscrizione di nuove azioni da parte dello stato) perché permette alle imprese di ricostituire una parte del proprio capitale azionario invece di indebitarsi, così riducendo il rischio di fallimenti e licenziamenti a crisi epidemica terminata.

 

PUBBLICITÁ

L’efficacia di questo provvedimento dipenderà dal numero delle imprese che avranno accesso al finanziamento a fondo perduto, e da quanto esso potrà incidere sulle loro perdite attese a fine anno e sulla loro probabilità di insolvenza. Per dare una prima (approssimativa) risposta a queste domande, abbiamo analizzato i dati di bilancio di un campione di imprese nel 2018 (l’anno più recente con ampia copertura), usando la metodologia già da noi utilizzata insieme a Elena Carletti, Loriana Pelizzon e Marti G. Subrahmanyam nel lavoro (Csef Discussion Paper n. 566, maggio 2020). In tale lavoro, basato su un campione di 80.972 imprese, stimiamo che in 3 mesi di lockdown queste abbiano subìto perdite per  170 miliardi di euro e un’erosione del loro capitale pari a 117 miliardi di euro, nonostante i risparmi sul costo del personale ottenuti ricorrendo alla cassa integrazione. A seguito di queste perdite, circa il 16,7 per cento delle imprese - con circa 800 mila dipendenti - rischierebbero di divenire insolventi a fine anno.

  

In che misura il contributo a fondo perduto previsto dal decreto "Rilancio" modifica queste previsioni? Per rispondere, occorre notare che il legislatore ha riservato il contributo a fondo perduto alle imprese con ricavi minori di 5 milioni di euro nel 2019, e che ad aprile 2020 abbiano registrato un fatturato inferiore ai 2/3 rispetto a quello di aprile 2019. Il contributo previsto per queste imprese varia dal 20 per cento al 10 per cento dei loro ricavi di aprile 2019, con percentuali decrescenti al crescere della loro dimensione: anche qui, il decreto tende a favorire le imprese più piccole. Inoltre, essendo tarato sui ricavi pre-crisi e non sulle perdite effettive subite dalle imprese, il contributo tende a essere minore per le imprese con perdite maggiori.

 

Per stimare l’effetto del contributo, usiamo lo stesso campione dello studio sopra citato, che comprende imprese con oltre 2 milioni di euro di attivo, cioè esclude le micro-imprese. Supponendo che il fatturato del mese di aprile sia pari alla media mensile dell’anno corrispondente, e che il calo di fatturato di ogni impresa durante il lockdown possa essere stimato sulla base della perdita di valore aggiunto nel settore primario in cui essa opera, nel nostro campione beneficierebbero del contributo 23.456 imprese, pari al 29 per cento del totale.

PUBBLICITÁ

 

PUBBLICITÁ

Secondo le nostre stime, nel periodo di lockdown queste imprese beneficiarie hanno subito un calo di fatturato medio mensile di circa il 62 per cento rispetto al mese corrispondente pre Covid, e una perdita media mensile di 106.292 euro a fronte di un profitto medio mensile di 6.335 euro nel periodo pre Covid. In media, il contributo attribuito alle imprese del nostro campione sarebbe di 25.195 euro, pari al 26,3 per cento delle loro perdite medie mensili. Tuttavia, visto che il lockdown è durato circa 3 mesi, il contributo a fondo perduto (se erogato una tantum) andrebbe a coprire solo l’8,8 per cento delle perdite subite dalle imprese beneficiarie. E si tratta molto probabilmente di una sovrastima, poiché molte imprese subiranno perdite anche dopo il lockdown.

 

PUBBLICITÁ

Non sorprende quindi che il contributo a fondo perduto ridurrebbe la percentuale stimata di imprese insolventi dal 14,6 per cento al 13,5 per cento del nostro campione, cioè di poco più di 1 punto percentuale, posto che le perdite delle imprese siano circoscritte ai 3 mesi di lockdown. Perché un effetto così modesto?  Primo, perché il contributo è molto inferiore rispetto alle perdite subite da queste imprese nel periodo di lockdown, come si è appena visto. Secondo, perché, per come è congegnato, il contributo è meno generoso proprio verso le imprese colpite più pesantemente dalla crisi, e quindi a maggior rischio di insolvenza, come detto più sopra.

 

Se poi allarghiamo lo sguardo dalle imprese beneficiarie all’intero campione, l’effetto del contributo sul rischio di insolvenza è ancora più modesto, essendo diretto a meno di 1/3 delle imprese: in aggregato, il finanziamento a fondo perduto ridurrà la percentuale di imprese a rischio di insolvenza dal 16,7 per cento al 16,4 per cento, cioè dello 0,3 per cento. Un impatto così modesto è anche in linea con la scala delle risorse impegnate: con riferimento alle imprese beneficiarie, stimiamo che l’ammontare complessivo del contributo sia di circa 0,6 miliardi di euro, oltre 10 volte inferiore all’erosione del capitale di queste imprese (6,6 miliardi di euro) e quasi 200 volte minore di quella subita da tutte le imprese del campione (117 miliardi di euro).

 

Dunque, una significativa ricapitalizzazione delle imprese italiane richiederebbe risorse molto superiori. Ma, al di là della sua scala molto modesta, il limite maggiore di questo intervento sta nel criterio di assegnazione del contributo, che è fortemente legato alla dimensione di impresa. Per essere pienamente funzionale alla ripresa economica, la ricapitalizzazione dovrebbe privilegiare le imprese con le maggiori prospettive di crescita e di redditività, e quelle più resilienti al rischio sanitario e ambientale, indipendentemente dalla loro dimensione.

 

Marco Pagano (Università di Napoli Federico II, Csef ed Eief)

Tommaso Oliviero (Università di Napoli Federico II e Csef)

Di più su questi argomenti:
PUBBLICITÁ