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Il pubblico e la rivoluzione che non c’è

Redazione

Burocrazia e Pa. Due idee per andare oltre l’estetica dell’emergenza

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Secondo Pietro Salini, ad di Webuild, maggior gruppo italiano delle costruzioni che assieme a Fincantieri ha rifatto a tempo di record l’ex ponte Morandi, “manca al paese un progetto per il futuro, né il piano di grandi opere del governo è ancora sufficiente. Non dice di quali opere parliamo, a chi le facciamo fare, quali progetti abbiamo pronti, come cambiamo”. Salini – che guida con la maggioranza del 44 per cento un conglomerato che nell’ultimo anno ha consentito il salvataggio di Astaldi e l’ingresso di Cdp (oggi al 18 per cento) nonché delle tre maggiori banche nazionali Intesa, Unicredit e Banco Bpm (con l’11) – benché dunque un po’ partner dello stato, non ha remore nel denunciare “la mancanza di un pensiero forte nell’autorizzare e progettare le infrastrutture. Abbiamo avuto sei mesi per lanciare a tutta forza le macchine rotative della progettazione, ma io non penso che sia stato fatto. Pensate che esista un piano per la scuola, per l’edilizia carceraria o per la sanità? Io non lo credo” ha detto Salini ad una platea riunita a Genova dallo studio Ambrosetti, dove il governatore regionale Giovanni Toti ha parlato di “estetica dell’emergenza”, mentre un manager pubblico come l’ad di Fincantieri Giovanni Bono ha detto: “Prendiamo l’alta velocità Napoli-Bari. Il premier ci dice che così si può arrivare in Puglia in un’ora e 58. E poi? Ci buttiamo a mare?”.

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Secondo Pietro Salini, ad di Webuild, maggior gruppo italiano delle costruzioni che assieme a Fincantieri ha rifatto a tempo di record l’ex ponte Morandi, “manca al paese un progetto per il futuro, né il piano di grandi opere del governo è ancora sufficiente. Non dice di quali opere parliamo, a chi le facciamo fare, quali progetti abbiamo pronti, come cambiamo”. Salini – che guida con la maggioranza del 44 per cento un conglomerato che nell’ultimo anno ha consentito il salvataggio di Astaldi e l’ingresso di Cdp (oggi al 18 per cento) nonché delle tre maggiori banche nazionali Intesa, Unicredit e Banco Bpm (con l’11) – benché dunque un po’ partner dello stato, non ha remore nel denunciare “la mancanza di un pensiero forte nell’autorizzare e progettare le infrastrutture. Abbiamo avuto sei mesi per lanciare a tutta forza le macchine rotative della progettazione, ma io non penso che sia stato fatto. Pensate che esista un piano per la scuola, per l’edilizia carceraria o per la sanità? Io non lo credo” ha detto Salini ad una platea riunita a Genova dallo studio Ambrosetti, dove il governatore regionale Giovanni Toti ha parlato di “estetica dell’emergenza”, mentre un manager pubblico come l’ad di Fincantieri Giovanni Bono ha detto: “Prendiamo l’alta velocità Napoli-Bari. Il premier ci dice che così si può arrivare in Puglia in un’ora e 58. E poi? Ci buttiamo a mare?”.

 

Nelle stesse ore, in un’altra sede, l’ad di Enel Francesco Starace ha parlato di “tempi storici per i ritardi della pa nella transizione all’energia e all’economia green, che pure saremmo perfettamente in grado di compiere”. Anche Starace ha fatto esempi concreti: “Negli ultimi 5 anni il sistema amministrativo è stato in grado di approvare 200 megawatt l’anno di solare e 300 di eolico, quantitativi assolutamente irrilevanti”. Dunque il primo imprenditore privato delle infrastrutture, e i due maggiori pubblici della cantieristica e dell’energia, manifestano sfiducia, se non sconforto, verso quella che in questo momento viene chiesta all’Italia: la capacità di progettare. La chiedono l’economia, la società, l’Europa. Perché, i fatti lo dimostrano, la capacità di fare c’è. E non potere esprimere quelle potenzialità più che un peccato è un delitto.

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