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L’industria rialza la testa: rimbalzo della produzione a maggio

Luciano Capone

Dato sopra le aspettative (+42 per cento). L’Italia si rimette in carreggiata, ma deve recuperare molto terreno dal 2011

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Roma. “È un risultato molto incoraggiante, in linea l’andamento produttivo prospettato nell’ultimo Def. Abbiamo ancora molta strada da fare, ma il rimbalzo è molto importante”, è il commento del ministro dell’Economia Roberto Gualtieri ai dati dell’Istat sulla produzione industriale di maggio: +42,1 per cento rispetto ad aprile. Un dato che dà la tanto agognata forma a “V” alla ripresa italiana, dopo il crollo vertiginoso dovuto al lockdown. C’è naturalmente molto da recuperare, visto che rispetto a maggio 2019 la produzione industriale segna -20,3 per cento, ma in ogni caso è una netta inversione di tendenza rispetto al -43 per cento di aprile sull’anno precedente.

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Roma. “È un risultato molto incoraggiante, in linea l’andamento produttivo prospettato nell’ultimo Def. Abbiamo ancora molta strada da fare, ma il rimbalzo è molto importante”, è il commento del ministro dell’Economia Roberto Gualtieri ai dati dell’Istat sulla produzione industriale di maggio: +42,1 per cento rispetto ad aprile. Un dato che dà la tanto agognata forma a “V” alla ripresa italiana, dopo il crollo vertiginoso dovuto al lockdown. C’è naturalmente molto da recuperare, visto che rispetto a maggio 2019 la produzione industriale segna -20,3 per cento, ma in ogni caso è una netta inversione di tendenza rispetto al -43 per cento di aprile sull’anno precedente.

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In Francia la crescita a maggio rispetto ad aprile è stata del 19,6 per cento e in Germania del 7,8 per cento. È vero che in questi paesi il calo era stato più contenuto, ma a prescindere dalle diverse strategie di lockdown la produzione industriale è ora allo stesso livello in tutti i paesi dell’eurozona, circa 20 punti in meno rispetto a febbraio, “a riprova di quanto le catene industriali del valore siano integrate”, dice Ofxord economics. 

 

La ripartenza dell’attività economica non è ovviamente omogenea in tutti i settori, è più intensa in quelli che più avevano risentito del lockdown, come l’industria tessile e quella dell’automobile, e che però sono ancora i settori che devono recuperare maggiormente. Rispetto all’anno scorso, la produzione di mezzi di trasporto fa registrare ancora un -37 per cento e il settore tessile e dell’abbigliamento -34 per cento, mentre fanno registrare cali molto più contenuti farmaceutica (-4 per cento), la fornitura di energia (-5 per cento) e l’alimentare (-8 per cento).

 

Segnali di ripresa sono visibili anche dal consumo di energia elettrica. I dati di Terna, la società che gestisce la rete elettrica, dicono che in termini congiunturali l’energia elettrica richiesta a maggio 2020 ha fatto registrare un aumento di circa il 10 per cento (9,9) rispetto ad aprile. Non tutto è recuperato, visto che in termini tendenziali la domanda di elettricità a maggio è stata inferiore del 10 per cento rispetto allo stesso mese del 2019. Ma ad aprile il dato era doppiamente negativo, -7,5 per cento rispetto a marzo e -17 per cento rispetto all’anno precedente, con una flessione più marcata al nord (-20 per cento) dove ci sono più consumi industriali.

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Altri dati positivi arrivano dal circuito Bancomat, che rappresenta circa 36 milioni di tessere elettroniche e 2 miliardi circa di euro di operazioni annue. Nel periodo peggiore del lockdown, i prelievi presso gli sportelli Atm e i pagamenti attraverso PagoBancomat, avevano fatto registrare variazioni negative rispettivamente del 50 e del 40 per cento rispetto al 2019. Da allora la curva si è invertita e ora i pagamenti con PagoBancomat sono in territorio positivo, migliori rispetto all’anno scorso, mentre i prelievi registrano ancora un calo del 15 per cento ma sono in netta risalita.

 

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Vuol dire che il peggio è passato (a meno di una seconda ondata dell’epidemia), ma non è detto che tutto andrà bene. Sempre ieri, la Banca d’Italia ha pubblicato il suo Bollettino economico che prevede una contrazione del pil pari al 9,5 per cento nel 2020, con un recupero più lento nel biennio successivo (+4,8 per cento nel 2021 e più 2,4 per cento nel 2022). Dopo un drastico calo del 15 per cento nel primo semestre del 2020, il pil “tornerebbe a espandersi nel secondo semestre, in larga parte per il venire meno degli effetti delle misure di contenimento”. Ma la ripresa sarà comunque lenta: “Alla fine del 2022 il pil rimarrebbe circa due punti percentuali al di sotto del livello del quarto trimestre del 2019”, quando ancora l’Italia non aveva raggiunto i livelli pre-crisi del 2011. In ogni caso, il -9,5 per cento stimato dalla Banca d’Italia è nettamente migliore delle previsioni dei mesi scorsi degli altri analisti internazionali pubblici e privati (si va dal -11,2 per cento della Commissione europea al -12,8 del Fmi).

 

Questi dati parzialmente incoraggianti ci suggeriscono che ci sono margini per rimettersi in carreggiata, anche perché l’Italia deve recuperare tantissimo terreno perduto a partire dal 2011. Ma la riduzione delle divergenze con gli altri paesi europei deve passare necessariamente da una ripartenza del settore privato, delle imprese e del lavoro. La fase dei bonus e dei sussidi a pioggia, necessari nella fase del lockdown ad anestetizzare l’attività economica, deve essere accantonata. Ora l’economia deve essere scongelata, le le aziende riorganizzate, persone riattivare e le risorse concentrate sugli investimenti e su ciò che può alzare il tasso di crescita nel medio termine. Qualche proposta concreta era presente nel piano Colao, che fine ha fatto?

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