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I paradossi della rete unica

Redazione

La giostra di alleanze complica la vita agli statalizzatori. Cortocircuiti no grazie

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Nella guerra telefonica, azionaria e politica, sulla rete in fibra ottica, l’ultima mossa l’ha fatta Iliad, azienda francese specializzata finora nella telefonia mobile, inizialmente trattata da outsider dai concorrenti per le sue tariffe low cost. Iliad ha stretto un accordo con Open Fiber, la controllata pubblica del Tesoro, con ciò manifestando l’intenzione di entrare nella telefonia fissa almeno in Italia. Pochi giorni prima Fastweb, la prima a tentare un ventennio fa di cablare l’Italia per poi passare dopo varie vicissitudini sotto il controllo di Swisscom, ha annunciato un’offerta vincolante ai vecchi avversari di Tim per una quota di minoranza di Fiberco, neonata società nella quale l’ex monopolista ha conferito la rete secondaria (in rame dalla cabina di strada a casa) in partnership con il fondo infrastrutturale americano Kkr, che dovrebbe rilevarne il 40 per cento. Non solo: Sky, che sta trasferendo la propria offerta dalla parabola satellitare allo streaming (quindi alla fibra), studia da operatore telefonico in collaborazione con Open Fiber, rompendo lo storico sodalizio commerciale proprio con Fastweb. Gli altri due operatori maggiori, Vodafone e Wind Tre, si tengono per ora le mani libere, il primo alleato di Tim nel mobile e di Open Fiber nella fibra, il secondo di Open Fiber.

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Nella guerra telefonica, azionaria e politica, sulla rete in fibra ottica, l’ultima mossa l’ha fatta Iliad, azienda francese specializzata finora nella telefonia mobile, inizialmente trattata da outsider dai concorrenti per le sue tariffe low cost. Iliad ha stretto un accordo con Open Fiber, la controllata pubblica del Tesoro, con ciò manifestando l’intenzione di entrare nella telefonia fissa almeno in Italia. Pochi giorni prima Fastweb, la prima a tentare un ventennio fa di cablare l’Italia per poi passare dopo varie vicissitudini sotto il controllo di Swisscom, ha annunciato un’offerta vincolante ai vecchi avversari di Tim per una quota di minoranza di Fiberco, neonata società nella quale l’ex monopolista ha conferito la rete secondaria (in rame dalla cabina di strada a casa) in partnership con il fondo infrastrutturale americano Kkr, che dovrebbe rilevarne il 40 per cento. Non solo: Sky, che sta trasferendo la propria offerta dalla parabola satellitare allo streaming (quindi alla fibra), studia da operatore telefonico in collaborazione con Open Fiber, rompendo lo storico sodalizio commerciale proprio con Fastweb. Gli altri due operatori maggiori, Vodafone e Wind Tre, si tengono per ora le mani libere, il primo alleato di Tim nel mobile e di Open Fiber nella fibra, il secondo di Open Fiber.

 

Un recente report di Ubs giudica negativamente l’operazione Fiberco, consigliando di vendere le azioni Tim. Il risultato di tutto questo è evidente: mentre il governo studia a tavolino una mega-statalizzazione della infrastruttura in fibra ottica (attraverso Cdp, che oltre a essere co-azionista di Open Fiber è anche in Tim), le aziende di servizi che vendono gli abbonamenti, si ribellano e attraverso il gioco di alleanze dettano le condizioni e forse lo scenario futuro. Ovvio, meglio trattare con due reti in concorrenza che con un monopolio pubblico. Open Fiber, voluta dal governo di Renzi per coprire il gap di copertura ottica della ex Telecom, ma poi scelta dai due governi Conte come grimaldello per far fuori Tim, si sta affermando come un vero player. Tim, alle prese con guerre azionarie, problemi di italianità tali solo per i politici e vere questioni di indebitamento, pare svegliarsi dal torpore. E’ il mercato, bellezza.

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