PUBBLICITÁ

Cari italiani, il Recovery fund assomiglia sempre più al Mes

David Carretta

La svolta impressa dalla Merkel: sul Recovery deciderà il Consiglio, e non la Commissione. Significa controlli e condizionalità sui prestiti. Nessun regalo a Conte 

PUBBLICITÁ

Il prezzo da pagare per l'Italia e gli altri paesi del sud per ottenere un rapido accordo sul Recovery Fund potrebbe essere di trasformarlo in un piccolo Mes, che impone ai governi beneficiari degli aiuti piani di riforma immediati e il risanamento dei conti pubblici una volta che sarà tornata la crescita. I negoziati sul Recovery Fund e sul bilancio 2021-27 stanno entrando nel vivo in vista del Vertice europeo del 17 e 18 luglio. Domani il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, dovrebbe presentare la sua proposta di compromesso. Per superare le resistenze dei quattro “frugali” (Paesi Bassi, Austria, Danimarca e Svezia) e rassicurare altri scettici, Michel e la presidenza tedesca dell'Ue hanno individuato la “condizionalità” come chiave di volta del “gran bargain” sul Recovery Fund. La bozza compromesso che Michel intende mettere sul tavolo prevede di mantenere i 750 miliardi del Recovery Fund e la ripartizione tra trasferimenti a fondo perduto (500 miliardi) e prestiti (250 miliardi). Ma le condizioni su riforme e risanamento dei conti pubblici saranno “rafforzate” rispetto alla proposta della Commissione, spiega al Foglio una fonte Ue. Gli ambasciatori dei 27 sono già al lavoro. Ieri la presidenza tedesca dell'Ue ha messo sul tavolo un testo che prevede di togliere alla Commissione e attribuire al Consiglio (cioè ai governi) la decisione sui Piani nazionali di ripresa. Per sbloccare gli aiuti del Recovery Fund servirà un voto a maggioranza qualificata, consentendo a un ristretto gruppo di paesi di formare una minoranza in grado di bloccare tutto.

ABBONATI PER CONTINUARE A LEGGERE
Se hai già un abbonamento:

Altrimenti


Il prezzo da pagare per l'Italia e gli altri paesi del sud per ottenere un rapido accordo sul Recovery Fund potrebbe essere di trasformarlo in un piccolo Mes, che impone ai governi beneficiari degli aiuti piani di riforma immediati e il risanamento dei conti pubblici una volta che sarà tornata la crescita. I negoziati sul Recovery Fund e sul bilancio 2021-27 stanno entrando nel vivo in vista del Vertice europeo del 17 e 18 luglio. Domani il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, dovrebbe presentare la sua proposta di compromesso. Per superare le resistenze dei quattro “frugali” (Paesi Bassi, Austria, Danimarca e Svezia) e rassicurare altri scettici, Michel e la presidenza tedesca dell'Ue hanno individuato la “condizionalità” come chiave di volta del “gran bargain” sul Recovery Fund. La bozza compromesso che Michel intende mettere sul tavolo prevede di mantenere i 750 miliardi del Recovery Fund e la ripartizione tra trasferimenti a fondo perduto (500 miliardi) e prestiti (250 miliardi). Ma le condizioni su riforme e risanamento dei conti pubblici saranno “rafforzate” rispetto alla proposta della Commissione, spiega al Foglio una fonte Ue. Gli ambasciatori dei 27 sono già al lavoro. Ieri la presidenza tedesca dell'Ue ha messo sul tavolo un testo che prevede di togliere alla Commissione e attribuire al Consiglio (cioè ai governi) la decisione sui Piani nazionali di ripresa. Per sbloccare gli aiuti del Recovery Fund servirà un voto a maggioranza qualificata, consentendo a un ristretto gruppo di paesi di formare una minoranza in grado di bloccare tutto.

PUBBLICITÁ

 

Nel suo intervento al Parlamento europeo ieri Angela Merkel vi ha fatto un accenno. "E' giusto e importante che le regioni particolarmente colpite dalla crisi e soprattutto le persone che vivono lì possano contare sulla nostra solidarietà. È nel nostro stesso interesse”, ha detto la cancelliera. “Ma allo stesso tempo, lo sforzo che è ora necessario per il bene di tutti non deve sovraccaricare unilateralmente gli Stati membri economicamente forti. Ciascuno di noi è tenuto a mettersi nella posizione dell’altro". Secondo Merkel, è importante anche “ciò che i singoli Stati membri possono fare economicamente, socialmente e politicamente”. Un segnale ieri è arrivato anche dalla presidente della Commissione, Ursula von der Leyen. Nel Recovery Fund “gli investimenti sono legati alle riforme basate sulle raccomandazioni specifiche per paese esistenti. Tutti gli Stati membri hanno del lavoro da fare. Se vogliamo uscire più forti dalla crisi, dobbiamo cambiare per il meglio”, ha detto von der Leyen. Il Partito Popolare Europeo ha la stessa linea: “sì” alla solidarietà, ma il Recovery Fund “non è un bancomat”, ha detto il suo capogruppo Manfred Weber. Fonti del Ppe spiegano che “non può essere usato per tagliare le tasse in Italia o istituire il reddito universale in Spagna”.

 

PUBBLICITÁ

La proposta della Germania sulla “governance” del Recovery Fund discussa ieri dagli ambasciatori serve a dare agli altri Stati membri un maggiore potere di controllo sui Piani nazionali di ripresa. La Commissione aveva previsto di consultare gli Stati membri attraverso la procedura di “comitologia”. Il via libera della Commissione poteva essere fermato solo con un voto a “maggioranza qualificata inversa” (di fatto non accade mai). Secondo il testo fatto circolare dalla Germania, invece, servirà la maggioranza qualificata per approvare la proposta della Commissione. Tradotto: ci sarà la possibilità di formare una minoranza di blocco. Quattro paesi che rappresentano il 35 per cento della popolazione potranno dire di “no” al Piani nazionali di ripresa di Italia o Spagna. Ma per i Paesi Bassi, che guidano il fronte dei “frugali”, non è sufficiente.

 

Ieri l'ambasciatore olandese – secondo quanto appreso dal Foglio – ha chiesto che le decisioni sui Piani nazionali di ripresa siano adottate all'unanimità, attribuendo a ciascun paese il diritto di veto su come gli altri Stati membri spenderanno le risorse del Recovery Fund. Per i Paesi Bassi, il meccanismo deve essere analogo a quello del Mes. Inoltre, l'Aia e altre capitali insistono affinché i governi rispettino le raccomandazioni specifiche per paese non solo del 2020 (incentrate sugli stimoli contro la recessione e le spese per la sanità), ma anche degli anni precedenti (piene di richieste su mercato del lavoro, pensioni, giustizia, liberalizzazioni e fisco). Il premier olandese, Mark Rutte, lo sta dicendo a tutti i suoi interlocutori. Probabilmente lo ribadirà al presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, domani: il prezzo della solidarietà finanziaria è un maggior coinvolgimento dell'Ue negli affari economici interni. Rutte pretende la possibilità di sospendere i fondi per chi non rispetta gli impegni sulle riforme. Il Financial Times ha raccontato un episodio gustoso. A fine giugno, durante una cena con il premier olandese, il presidente francese Emmanuel Macron è stato colto di sorpresa quando Rutte ha iniziato a interrogarlo sulle sue intenzioni di continuare le riforme del mercato del lavoro e delle pensioni in Francia.

PUBBLICITÁ