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I sindacati sul Fis devono fare chiarezza. Parla Ichino

Valeria Manieri

Fa discutere e interroga questo strumento, altra faccia della cassa integrazione, sempre più utilizzato dalle sigle sindacali. Per l'economista, intervistato da il Foglio, serve trasparenza

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Abbiamo aperto questa settimana su Il Foglio una inchiesta-verita' sull'utilizzo da parte dei sindacati del FIS, il Fondo di integrazione salariale, l'altra faccia della Cassa integrazione, con causale COVID. Solo i numeri potranno davvero chiarire la legittimita' e opportunita' dell' utilizzo del FIS, numeri che ancora non ci sono. In un momento in cui si fanno i conti con cali di fatturati nelle aziende e cali di iscritti nei corpi intermedi, occorre capire come mai i sindacati abbiano deciso di comportarsi come una azienda qualunque, con le stesse logiche spesso contestate ad altre aziende. Per approfondire ulteriormente abbiamo deciso di coinvolgere il professore Pietro Ichino, che negli anni e' stato un attento osservatore del mondo del lavoro e ha spesso insistito sulla necessaria trasparenza e riforma del sindacato in Italia.

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Abbiamo aperto questa settimana su Il Foglio una inchiesta-verita' sull'utilizzo da parte dei sindacati del FIS, il Fondo di integrazione salariale, l'altra faccia della Cassa integrazione, con causale COVID. Solo i numeri potranno davvero chiarire la legittimita' e opportunita' dell' utilizzo del FIS, numeri che ancora non ci sono. In un momento in cui si fanno i conti con cali di fatturati nelle aziende e cali di iscritti nei corpi intermedi, occorre capire come mai i sindacati abbiano deciso di comportarsi come una azienda qualunque, con le stesse logiche spesso contestate ad altre aziende. Per approfondire ulteriormente abbiamo deciso di coinvolgere il professore Pietro Ichino, che negli anni e' stato un attento osservatore del mondo del lavoro e ha spesso insistito sulla necessaria trasparenza e riforma del sindacato in Italia.

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Abbiamo voluto chiarire con professor Ichino come funzioni il Fis e fino a che punto sia legittimo da parte della triplice l’utilizzo di una forma in deroga di cassa integrazione per Covid. "Il Fis-Fondo Integrazione Salariale - spiega Ichino - è previsto e disciplinato dal decreto legislativo n. 148 del 2015, uno degli otto decreti attuativi del Jobs Act, per coprire tutti i rapporti di lavoro non coperti dalla Cassa Integrazione, escluse le aziende con meno di 5 dipendenti, con una forma di assicurazione analoga anche se destinata a operare in un novero di “casi integrabili” più ridotto e con prestazioni meno estese nel tempo. Questo strumento è stato attivato a marzo dal primo decreto emergenziale del Presidente del Consiglio dei Ministri per tutti i settori non coperti dalla Cig: dunque anche per quelli di cui è titolare una qualsiasi associazione sindacale".

 

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E se Landini in tv ha nicchiato sul ricorso CGIL alla Cassa Integrazione (leggasi FIS) in questo ultimo periodo, per Ichino tecnicamente non ha mentito. "Sul piano tecnico specialistico, non ha mentito, perché la Cig è cosa diversa dal Fis. Ma dal punto di vista della doverosa trasparenza, è stato forse un po' reticente. Perché il FIS eroga pur sempre una forma di integrazione salariale".

Viene da chiedersi se sia giusto impuntarsi perche' i sindacati su questo siano più trasparenti, specificando anche i numeri del fenomeno. Il giuslavorista non ha dubbi: bisogna fare chiarezza. "Su questo, come su qualsiasi altro aspetto della loro organizzazione e gestione. Non mi spiego questo difetto di trasparenza, anche perché francamente non vedo niente di male nel fatto che anche i sindacati si siano avvalsi di questo strumento, previsto proprio per situazioni straordinarie come quella che ha colpito il mondo intero in questi mesi".

 

A pensar male si fa peccato, ma molto spesso ci si azzecca, diceva qualcuno. E' peccato pensare che in Italia attualmente vi siano aziende e sindacati che stiano utilizzando questi fondi per risparmiare e magari rimettere a posto qualche bilancio? Il Prof non si sbilancia, ma qualche dubbio lo ha anche lui.

"Di sindacati non so. So invece di alcune aziende che stanno abusando dell’integrazione salariale incondizionata – sia essa erogata dalla Cig o dal FIS -, fingendo la sospensione delle prestazioni di lavoro che invece hanno effettivamente ripreso, e pagando alle persone interessate la parte di retribuzione non coperta, ovviamente in nero. Ci sono, poi, anche forme di abuso meno gravi, ma persino più dannose per l’economia del Paese."

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Vogliamo capire pero' a cosa si riferisca in particolare. Risponde Ichino: "Si riferisce ai casi di piccoli esercizi che, finché dura l’integrazione salariale incondizionata, preferiscono restar chiusi aspettando che i consumi tornino a livelli normali, per non rischiare di riaprire in perdita. La realtà è che qualsiasi forma di sostegno del reddito non soggetto a controlli e condizioni ha in qualche misura un effetto di “addormentamento”, di allungamento dei periodi di non lavoro. Non mi stupirei se, parallelamente, anche molte strutture sindacali rimanessero “in letargo” per tutto il tempo in cui durerà l’integrazione salariale".

 

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Intanto le casse sono sempre piu' vuote per le aziende ma anche per lo Stato. E all'orizzonte, dopo le ultime previsioni estive sul Pil della Commissione europea per l'Italia, tira davvero una aria pessima. Come fare per salvare il salvabile senza incoraggiare i soliti furbi che svuotano salvadanai gia' scassatissimi? "Bisogna porre termine all’integrazione salariale incondizionata, e conseguentemente anche al blocco dei licenziamenti. Le risorse disponibili per il sostegno del reddito di chi perde il posto vengano semmai destinate a rafforzare i trattamenti di disoccupazione. E anche a rafforzare le politiche attive del lavoro, per le quali in questi mesi di emergenza non è stato stanziato un solo euro aggiuntivo".

Et voila': si torna sempre all'amara questione di sempre: salvare aziende anche se decotte, o provare a ricollocare il lavoratore altrimenti? Noi non abbiamo dubbi sul da farsi. Il Governo per ora pero' ha scelto la prima ipotesi.

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