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Alla ricerca della liquidità perduta: una Pmi su due non ha ancora ricevuto un euro

Valerio Valentini

Solo un prestito su 4 erogato oltre i 25.000 euro. Le banche raccontano i loro ritardi, e quelli del governo

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Roma. Una su due di quelle sotto i 25 mila euro; una su quattro per le quelle al di sopra dei 25 mila euro. E’ questo il tasso di domande di prestiti che, finora, sono stati erogati dalle banche. Dati non proprio confortanti, specie se li si analizza ribaltati: un piccolo imprenditore su due, e tre pmi su quattro, almeno fino a metà maggio non hanno ancora ricevuto neppure un euro.

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Roma. Una su due di quelle sotto i 25 mila euro; una su quattro per le quelle al di sopra dei 25 mila euro. E’ questo il tasso di domande di prestiti che, finora, sono stati erogati dalle banche. Dati non proprio confortanti, specie se li si analizza ribaltati: un piccolo imprenditore su due, e tre pmi su quattro, almeno fino a metà maggio non hanno ancora ricevuto neppure un euro.

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A rivelarlo sono gli stessi istituti di credito, che il 12 maggio scorso si sono visti recapitare, dalla commissione parlamentare d’inchiesta sulle Banche, un questionario che si prefiggeva di indagare se le misure promosse dal governo per garantire liquidità alle imprese stessero funzionando. E il responso non è stato incoraggiante. Mettendo insieme le risposte pervenute alla presidente della commissione, guidata dalla grillina Carla Ruocco, da “148 tra gruppi bancari, banche singole e filiali italiane di banche estere”, emerge una realtà che, a un mese e mezzo dall’entrata in vigore del Dl “Liquidità” e a più di due mesi dal “Cura Italia”, rivela ritardi e lentezze notevoli. Specie per quanto riguarda le richieste di prestito superiori ai 25 mila euro (garantito dallo stato e da Confidi al 100 per cento fino a un massimo di 800 mila euro), quelli per cui è previsto l’intervento del Fondo centrale di garanzia subordinato esclusivamente ad una valutazione del profilo economico-finanziario dell’azienda, analizzando dunque i dati dei bilanci chiusi. Ebbene, su 48.252 domande pervenute alle banche, al 20 di maggio risultano erogati 11.663 prestiti: il 24,1 per cento del totale. In particolare, Monte dei Paschi ne ha erogate appena 39 sulle 12.885 ricevute; delle 8331 pervenute a Unicredit, ne sono state erogate 533; Intesa ne ha erogate 1.540 su 5.099, Ubi Banca 20 su 1.235, Banco BPM 2.734 su 6.000. Il tempo medio per l’erogazione, nelle domande accolte, varia non poco: si dai 7,8 giorni di media per Unicredit, agli 11 di Intesa passando per gli 8,5 di BPM; Ubi impiega dai 10 ai 25 giorni, a seconda della complessità della pratica.

 

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Poi ci sono i prestiti più contenuti, quelli fino a 25 mila euro e garantiti interamente dal Mise attraverso il Medio credito centrale. In questo caso le domande erogate, al 20 maggio, sono state 290.114 a fronte di 559.139 presentate: poco più della metà (51,8 per cento). Mps ne ha erogate 5.061 su 29.754, Unicredit 30.037 su 57.070, Intesa 44.492 su 149.858; poi c’è Ubi, che ha dato seguito a 26.928 sulle 45.868 ricevute, e BPM, che ha evaso 22.121 richieste di prestito su 41.432. Anche in questo caso, le tempistiche non sono state brevi come il governo auspicava. “Le norme contenute nel decreto Liquidità – ha detto la settimana scorsa, rivolgendosi con con l’aria fiera all’Aula di Montecitorio, Giuseppe Conte – consentono, soprattutto nel caso di richieste inferiori a 25 mila euro, di erogare prestiti garantiti nel giro di 24 ore”. In verità, anche per questo tipo di prestiti, l’attesa per le imprese è assai maggiore. E così Mps, pur accelerando rispetto alla media di 5 giorni per l’erogazione di ciascuna pratica che si registrava fino all’11 maggio, è scesa a una media di 3,5 giorni; Unicredit, partita con 11 giorni di attesa media, è ora scesa “dai due ai quattro giorni”; Intesa ne impiega sette, UBI un tempo “inferiore ai 5 giorni lavorativi”. BPM è passata dagli 8,4 giorni di attesa media in aprile, ai 5,8 registrati in maggio.

 

L’analisi che la commissione parlamentare d’inchiesta trae è abbastanza impietosa: “Dal rapporto tra domande presentate, accolte ed erogate si evince - sta scritto nel report - che anche nel caso di una procedura che il legislatore ha inteso come particolarmente agevolata, al fine di favorire l’erogazione della liquidità alle imprese, i vari passaggi procedurali (presentazione della domanda, accoglimento, erogazione) hanno richiesto un certo tempo di lavorazione”. I motivi segnalati sono vari, e dicono di un travaglio per certi versi fisiologico benché comunque grave. Da un lato c’è stata infatti “la concentrazione delle domande in un breve arco temporale, dopo l’entrata in vigore delle norme”. Centinaia di migliaia di pratiche da analizzare, vagliare, smaltire, e procedure conseguenti da attivare. Inevitabile, dunque, un certo intasamento degli uffici. Poi però ci sono stati anche dei ritardi che forse potevano essere evitati, e che le banche imputano al governo. E in particolare al portale del Fondo di garanzia per le pmi, di pertinenza del Ministero dello sviluppo. “In un primo periodo, infatti, non era prevista la possibilità di un caricamento delle pratiche in maniera massiva, ma queste erano oggetto di caricamento singolarmente”. Quando le procedure sul portale sono state semplificate, i tempi si sono accorciati. Anche se, certo, siamo ancora lontani dalle 24 ore indicate dal premier Conte.

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