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Andare oltre il Mes

Domenico Lombardi

Bene Btp e Bce, ma fino a quando le agenzie di rating saranno clementi con l’Italia? Paletti per orientarsi

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La contrapposizione politica intorno al ruolo che il Mes potrà svolgere in Italia con il prestito di emergenza che il Paese si appresterebbe a richiedere rischia di distogliere l’attenzione dalla variabile che, Mes o non Mes, si sta muovendo lungo una dorsale sempre più stretta, nonostante l’esito positivo dell’asta dei Btp conclusasi ieri (22 miliardi raccolti). In assenza di azioni correttive, il pur ristretto margine di autonomia dell’Italia nelle scelte di politica economica tenderà a ridursi ulteriormente.

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La contrapposizione politica intorno al ruolo che il Mes potrà svolgere in Italia con il prestito di emergenza che il Paese si appresterebbe a richiedere rischia di distogliere l’attenzione dalla variabile che, Mes o non Mes, si sta muovendo lungo una dorsale sempre più stretta, nonostante l’esito positivo dell’asta dei Btp conclusasi ieri (22 miliardi raccolti). In assenza di azioni correttive, il pur ristretto margine di autonomia dell’Italia nelle scelte di politica economica tenderà a ridursi ulteriormente.

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La variabile in parola è il rapporto debito pil, il cui sentiero di evoluzione è di continuo monitorato da autorità italiane e internazionali, da investitori e anche da società di rating che ne orientano le scelte. Alla fine dell’anno in corso, il rapporto toccherà il picco 160 per cento. Tenute le debite differenze in conto, giova ricordare che la Grecia entrò nel programma della Troika nel 2010 con un rapporto pari a circa il 146 per cento, attestatosi intorno al 180 negli anni seguenti. 

 

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Nel medio-lungo periodo, la sostenibilità del debito riflette la qualità delle politiche economiche e strutturali che agiscono sia sul numeratore che sul denominatore del rapporto: da quelle del contenimento del fabbisogno finanziario con la ristrutturazione e l’efficientamento del sistema impositivo e della spesa pubblica a quelle, ancor più importanti, della crescita. Nel breve, tuttavia, è utile concentrarsi su due attori che hanno sinora sospinto una valutazione relativamente positiva da parte dei mercati: la Bce e le agenzie di rating. Cerchiamo di capirne i possibili condizionamenti rispetto al sostegno che ne è promanato sino ad oggi.

 

Con le sue politiche monetarie non convenzionali, la Bce ha offerto una trazione significativa al classamento del debito. Acquisti nell’ordine dei 400 miliardi di euro sul mercato secondario dei titoli di stato italiani – quelli, appunto, effettuati nell’ambito del programma non convenzionale Public Sector Purchase Program (PSPP) sino alla fine di aprile – forniscono un segnale importante agli investitori, oltre a garantir loro un fornitore di liquidità di ultima istanza.

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Eppure la recente decisione della Corte Costituzionale tedesca, a prescindere dalla legittimità ed efficacia legale che potrà avere, potrebbe circoscrivere il perimetro di intervento della Bce, imponendole una valutazione più cauta nei suoi interventi attraverso una circospetta ponderazione dei costi e benefici affinché siano “proporzionati” così da mitigare gli effetti distorsivi e distributivi sia tra settori dell’economia che tra Paesi dell’Eurozona. In un afflato didascalico che lascia perplessi, la Corte specifica pure i criteri di proporzionalità, chiarendo che i titoli di stato, per poter esser acquistati dalle autorità monetarie dell’Eurozona, debbano avere un rating da investimento. Al di là del merito legale che giuristi e corti europee valuteranno, la Bce dovrà internalizzare questo paletto, pena una continua frizione con le autorità tedesche e la loro opinione pubblica che finirebbe con l’indebolire l’impatto segnaletico dei suoi interventi in ogni caso.

 

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In realtà, con una decisione legale del febbraio scorso la Bce aveva già delimitato un perimetro legale perfettamente compatibile con il requisito di proporzionalità sopra definito: a cercar bene, ma proprio bene, nei meandri del sito web emerge che, nell’ambito del programma non convenzionale PSPP, la Bce può acquistare titoli di stato finché gli stessi godano di un rating da investimento da parte di almeno una delle quattro società di riferimento. In caso contrario, può solo farlo a condizione che il Paese emittente aderisca a un programma di assistenza finanziaria (presumibilmente con il Mes?) e che le periodiche review abbiano esito positivo. La decisione legale, inoltre, rompe la simmetria sino a quel momento in essere, per cui un titolo eleggibile a garanzia per operazioni di rifinanziamento presso la banca centrale fosse, pertanto, anche eleggibile per acquisti nelle operazioni di mercato aperto da parte della medesima banca centrale. Ne consegue, pertanto, che l’allentamento introdotto di recente sui requisiti di eleggibilità per il primo tipo di operazioni non vale (più) per le seconde.

 

Ecco perché le decisioni di rating vanno monitorate con estrema attenzione, a maggior ragione dopo il recente declassamento di Fitch, rilasciato in modo inaspettato al di fuori del calendario cadenzato con cui tipicamente queste società segnalano di comunicare al mercato. Nella recente decisione, la società nota come, nel breve, il sostegno fornito dalla Bce a favore del rifinanziamento del debito italiano sia un elemento importante per stabilizzarne il rating e, al contempo, ammonisce il Governo a mettere in atto politiche fiscali e di crescita credibili per scongiurare un ulteriore intervento al ribasso. Nei giorni scorsi era attesa la decisione di Moody’s che, in modo del tutto irrituale, ha informato all’ultimo momento di aver rinviato a data futura la comunicazione della sua decisione. Le altre, Standard & Poor’s e la canadese DBRS, stanno mantenendo invariato il rating ma con il caveat delle prospettive negative che generalmente indicano un probabile riaggiustamento verso il basso.

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