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Investire sul futuro

Mariarosaria Marchesano

Bene usare il risparmio come volano per la crescita. Ma bisogna anche educare gli italiani. Parla l’economista Annamaria Lusardi

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Da qualche giorno, nella sua casa di Washington, dove si trova in lockdown, l’economista Annamaria Lusardi ha cominciato a scrivere lettere sulla “resilienza” finanziaria dedicate agli italiani, una rubrica per approfondire i temi del risparmio e delle scelte finanziarie con parole semplici e immediate. “Sono stata ispirata dal Covid-19 – dice in un colloquio con il Foglio il direttore del Comitato nazionale per l’educazione finanziaria, organismo interministeriale che, nato sotto i governi Renzi-Gentiloni, ha compiuto da poco tre anni durante i quali l’Italia si è data finalmente una strategia nazionale per insegnare ai cittadini a risparmiare e a investire, come fanno da decenni in tutti i paesi dell’Ocse. “L’emergenza globale ci ricorda che la conoscenza finanziaria diventa più importante nei momenti di crisi, quando è essenziale gestire bene risorse limitate e proteggersi dai rischi”, afferma l’economista, che insegna alla George Washington University. “In fondo, non è pensabile che in quest’emergenza gli stati si facciano carico di ogni singolo cittadino, trovo che ciascuno si debba prendere anche un po’ la sua parte di responsabilità: diventare resilienti dal punto d vista finanziario vuol dire avere la capacità di ammortizzare i colpi di una crisi e di rialzarsi”.

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Da qualche giorno, nella sua casa di Washington, dove si trova in lockdown, l’economista Annamaria Lusardi ha cominciato a scrivere lettere sulla “resilienza” finanziaria dedicate agli italiani, una rubrica per approfondire i temi del risparmio e delle scelte finanziarie con parole semplici e immediate. “Sono stata ispirata dal Covid-19 – dice in un colloquio con il Foglio il direttore del Comitato nazionale per l’educazione finanziaria, organismo interministeriale che, nato sotto i governi Renzi-Gentiloni, ha compiuto da poco tre anni durante i quali l’Italia si è data finalmente una strategia nazionale per insegnare ai cittadini a risparmiare e a investire, come fanno da decenni in tutti i paesi dell’Ocse. “L’emergenza globale ci ricorda che la conoscenza finanziaria diventa più importante nei momenti di crisi, quando è essenziale gestire bene risorse limitate e proteggersi dai rischi”, afferma l’economista, che insegna alla George Washington University. “In fondo, non è pensabile che in quest’emergenza gli stati si facciano carico di ogni singolo cittadino, trovo che ciascuno si debba prendere anche un po’ la sua parte di responsabilità: diventare resilienti dal punto d vista finanziario vuol dire avere la capacità di ammortizzare i colpi di una crisi e di rialzarsi”.

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D’altronde, è vero che la responsabilità di questa crisi non è dei cittadini e, però, non lo è neanche degli stati che si stanno indebitando oltre misura per affrontare l’emergenza e reagire alla recessione provocata dal blocco produttivo. Come se ne esce? “Non è solo il Pil che ci fa stare bene, dobbiamo immaginare un mondo diverso. In fondo, l’economia Keynesiana è nata quando la grande depressione negli Stati Uniti fece emergere una nuova visione di spesa pubblica e consumi. Noi oggi ci troviamo in un momento simile a quello e dovremmo interrogarci su come trovare una nuova sintesi tra stato e mercato”.

  

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In Italia, per esempio, si sta ragionando su come utilizzare l’enorme ammontare di risparmio privato per attivare nuovi investimenti per la rinascita del paese, il che, però, implica che il governo indirizzi la ricchezza degli italiani verso un capitale di rischio. Un’esperienza già fatta con i Pir, piani individuali di risparmio, di cui è attesa una nuova e più sofisticata versione nel Dl Rilancio (sono stati battezzati “Pir alternativi”). Ma è corretto, dal punto di vista dell’educazione finanziaria, utilizzare il risparmio come uno strumento di politica economica? “Non è una cosa anomala, ma strumenti simili andrebbero accompagnati da una massiccia azione di informazione che faccia capire agli italiani esattamente che cosa stanno comprando e con quale livello di rischio. Purtroppo il livello di alfabetizzazione finanziaria in Italia è ancora basso e c’è il rischio di deviare il risparmio in direzioni non coerenti con gli obiettivi delle famiglie. E tutto questo non farebbe altro che alimentare la diffidenza verso istituzioni e intermediari finanziari”.

 

Tanto per fare un esempio, se sul mercato vengono venduti prodotti finanziari che investono sulle imprese italiane, bisognerebbe spiegare che c’è una concentrazione del rischio in un’unica area geografica, mentre buona regola sarebbe la diversificazione. Non è così? “Esatto, gli italiani dovrebbero investire in questi strumenti perché questo risponde alle loro aspettative in una corretta attività di pianificazione delle risorse. Io, francamente, non conosco nessuno che è diventato ricco per caso, mentre conosco persone che lo sono diventate perché hanno gestito bene i loro soldi”. Nell’ultimo anno, l’ammontare di liquidità sui conti correnti del nostro paese è aumentata da 1300 a 1500 miliardi, segno che si sta consolidando un atteggiamento di cautela. “I tassi d’interesse a zero non aiutano nelle decisioni di investimento e con l’emergenza che stiamo vivendo è ancora più difficile orientarsi, per questo sul nostro portale, Quellocheconta.gov.it, abbiamo appena pubblicato 10 consigli utili su come gestire le finanze personali durante la crisi sanitaria, il principio di fondo è che bisogna aumentare la nostra capacità di resistere agli urti e alle difficoltà inaspettate”.

 

Il fatto è che questa pandemia sta facendo riemergere un vecchio nervo scoperto. “Gli ultimi Ocse-Pisa sui nostri giovani ci dicono che l’Italia si posiziona al dodicesimo posto in una classifica di 20 paesi in cui figurano Lituania, Estonia, Indonesia. E l’aspetto peggiore è che esiste un problema di genere: le ragazze italiane risultano al di sotto della media dei paesi Ocse. E poi c’è un dato che mi ha colpito particolarmente. Il sondaggio include una domanda come “Do you enjoy talking about money matters”? La risposta dei giovani nella media dei paesi Ocse è affermativa per il 51 per cento dei casi. In Italia ha risposto sì solo il 36 per cento. Esiste una visione dei soldi come di una cosa di cui non è piacevole occuparsi”.

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