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Il caso Fca e l’egemonia populista. Intervista a Bentivogli

“Nel decreto rilancio su 55 miliardi ci sono zero euro su automotive. Solo bonus su monopattini e biciclette”

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Le polemiche su Fca, le contraddizioni del Pd, i tic dei nemici del capitalismo e la necessaria salvaguardia di chi investe in Italia. Marco Bentivogli, segretario nazionale della Fim-Cisl, offre in questa chiacchierata con il Foglio alcuni spunti utili per ragionare intorno al dibattito per certi versi surreale maturato negli ultimi giorni intorno al tema dei prestiti dello stato a Fca. Stiamo rischiando una catastrofe sociale e a sinistra, gli facciamo notare, chi attacca Fca diventa una star. “Ne riparleremo in autunno”. In queste ore si è sollevato un polverone sulla decisione di Fca di chiedere soldi all’Italia. Perché? “Ho scritto qualche giorno fa sul Fatto quotidiano contro il governo olandese che fa il sovranista con i soldi delle tasse altrui, e chiedendo a Fca di istituire la sede della società frutto della fusione con Psa in un paese diverso dall’Olanda”.

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Le polemiche su Fca, le contraddizioni del Pd, i tic dei nemici del capitalismo e la necessaria salvaguardia di chi investe in Italia. Marco Bentivogli, segretario nazionale della Fim-Cisl, offre in questa chiacchierata con il Foglio alcuni spunti utili per ragionare intorno al dibattito per certi versi surreale maturato negli ultimi giorni intorno al tema dei prestiti dello stato a Fca. Stiamo rischiando una catastrofe sociale e a sinistra, gli facciamo notare, chi attacca Fca diventa una star. “Ne riparleremo in autunno”. In queste ore si è sollevato un polverone sulla decisione di Fca di chiedere soldi all’Italia. Perché? “Ho scritto qualche giorno fa sul Fatto quotidiano contro il governo olandese che fa il sovranista con i soldi delle tasse altrui, e chiedendo a Fca di istituire la sede della società frutto della fusione con Psa in un paese diverso dall’Olanda”.

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“Il premier olandese Mark Rutte che raccoglie voti gridando ai lavoratori olandesi 'non darò soldi agli italiani' vi ricorda qualcuno? Ma la verità è che in questa storia il prestito Fca non c’entra nulla. Ci mancava in Italia solo che la retorica antindustriale populista sfondasse a sinistra. Per questo non accettano che un sindacalista difenda un’azienda, da Pomigliano in poi si sono rifugiati nei talk e hanno perso i lavoratori che sanno di aver diritti se la loro azienda è in buona salute. Giornali e social purtroppo servono per far salire in cattedra chiunque, anche chi dovrebbe documentarsi o vagliare le proprie coerenze prima di censurare quelle altrui. Stiamo andando verso una catastrofe, ma ha ragione Cacciari, anche in caso di desertificazione industriale, all’Italietta della rendita non cambia nulla. Ai lavoratori si e questo mi fa rabbia”. Con chi ce l’ha? “Che il vicesegretario del Pd e altri parlino di ‘ingenti finanziamenti pubblici’, dopo che il suo governo e non il sindacato ha discusso in queste settimane di “condizioni” per un prestito a tre anni, fa capire che per qualche like vale tutto. Ormai nel nostro paese lavoro e industria non riescono a uscire dalle banalizzazioni dei talk. Poi arriva il ministro Provenzano che ce l’ha con chi utilizza un decreto fatto dal suo governo e implementato da un negoziato fatto con un suo collega ministro. Guardi, lo dice uno che crede che in questo momento la polemica col governo vada assolutamente evitata. La Fiat prima di Marchionne viveva di denaro pubblico e aveva relazioni industriali autoritarie, ma alla sinistra piaceva tanto. Quell’antagonismo collusivo che creava un’immagine di falsa contrapposizione e polarizzazione che ha imbrogliato tanti. Marchionne fece a meno del denaro pubblico e il giochino è saltato. Mi piacerebbe che Andrea Orlando parlasse con le aziende e i lavoratori dell’indotto che non ricevono la liquidità promessa. Sbaglia anche Carlo Calenda su questo punto ma ha l’attenuante di essere all’opposizione; Orlando invece non può essere all’oscuro dell’azione di governo. Questo paese ha comunque bisogno di dialettica vivace e discutere di queste cose fa solo che bene”.

 

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E allora cosa è accaduto? “Non c’è liquidità e il prestito serve a sostenere l’indotto che sta saltando proprio perché con le pmi il dl ‘Liquidità’ non funziona. Fca ci ha formalizzato in call di avere richiesto l’accesso ai prestiti previsti dal decreto ‘Liquidità’ (dl 23/2020), che non fornisce finanziamenti pubblici, ma solo garanzie. Lo stato non eroga un finanziamento a Fca, ma solo una garanzia parziale che verserebbe alle banche qualora Fca fallisse o non restituisse il prestito alle banche. Quindi, le risorse pubbliche sarebbero necessarie solo se Fca non restituisse il prestito, cioè in caso di fallimento. Si tratta di un’eventualità remota se non impossibile e se dovesse risultare possibile significherebbe perdere il 7 per cento del pil e centinaia di migliaia di lavoratori resterebbero senza mangiare. In queste settimane Fca ha avviato un confronto col ministero dell’Economia e come ogni altra azienda in regola con i requisiti non riceverà finanziamenti dallo stato (cioè pubblici), bensì prestiti dal settore bancario (cioè privati), che tuttavia vengono garantiti (al 70 per cento, che arriva all’80 per cento come in questo caso quando si fa un accordo con il governo sulle condizioni) da Sace, la società del gruppo Cassa depositi e prestiti. Percentuale inversamente proporzionale al fatturato perché si suppone un maggiore merito creditizio (o meglio migliori rapporti con le banche) con la crescita di dimensione d’impresa. Si tratta di un prestito a tre anni. Oltretutto, il decreto liquidità giustamente vieta a chi beneficia delle garanzie di erogare dividendi nel 2020, i prossimi anni vogliono distribuire i 5,5 miliardi di dividendi per la fusione? Scriverlo nell’accordo e convincere anche i francesi. Tutto ciò conferma che è davvero una polemica sul nulla, condotta da persone che non solo non capiscono l’industria, ma evidentemente neppure conoscono le norme che hanno approvato”.

 

Ma perché Fca ha chiesto il prestito? “L’automotive è in ginocchio. Negli ultimi due mesi ha fatturato zero, la Francia sta finanziando Renault con 5 miliardi, farà qualcosa di meno con Psa. Rischiamo di arrivare all’altare moribondi, sentire poi i nostri nazionalisti da bar lamentarsi di contare poco nell’alleanza. La Germania ne sta discutendo ma la sua attività produttiva non si è mai fermata del tutto. L’11 maggio con tutto il sindacato italiano insieme ad Anfia (associazione dei costruttori di auto) avevamo chiesto politiche di sostegno del rinnovo del parco auto. Abbiamo l’1 per cento di colonnine di ricarica installate; togliere di mezzo intanto i veicoli fino all’euro 4 sarebbe stato forse qualcosa di serio e concreto. Parliamo di un prestito condizionato, richiesto da Fca Italia (come prevede il decreto “Liquidità”) per investimenti italiani, per le 5.500 società di fornitori e concessionari che non riescono ad accedere alla mitica liquidità, che dovrebbe essere disponibile a fiumi secondo la propaganda. La holding presta la garanzia per le società e conferma gli impegni che queste si assumono. Sa quale è il guaio? E’ che molti fornitori e concessionari ci stanno dicendo che comunque è troppo tardi, non riapriranno! Ricordo che quelle società rappresentano 300.000 lavoratori. E nelle condizioni, condivise con il governo e con noi, c’è la conferma del piano industriale di 5 miliardi per l’Italia. E, oltre Sevel ripartita sulla domanda estera, i primi 1.500 lavoratori rientrati sono proprio quelli di ricerca e sviluppo sui nuovi modelli in fase di lancio. I primi risultati sono la localizzazione in Italia della produzione per l’area Emea a Melfi della Jeep Compass (che era prodotta in Messico) e della 500 elettrica (che nelle versioni precedenti era prodotta solo in Polonia). Il risultato? Nel decreto rilancio su 55 miliardi ci sono zero euro su automotive. Solo bonus su monopattini e biciclette, che ovviamente finiranno ad aziende tutte italiane (…). Il guaio è che la politica italiana di industria e lavoro è a digiuno da anni. Non sanno nulla di quante persone lavorino attorno all’automotive, di quanto conta nel nostro pil. Da ricordare inoltre che Fca Italia ha (in Italia) 55.000 dipendenti in 16 stabilimenti produttivi e 26 poli dedicati alla ricerca e sviluppo, e circa 300.000 altri posti di lavoro nell’indotto. L’automotive complessivamente mobilita circa 1,6 milioni di italiani. Fca Italia ha la sede in Italia, e paga tasse in Italia. Altrimenti non avrebbe potuto chiedere la garanzia statale sui prestiti, visto che il dl ‘Liquidità’ specifica che lo possono fare solo aziende con sede in Italia”. Però ha la sede all’estero. “La sede della corporate (azienda madre) è all’estero, ha domicilio fiscale a Londra (ed è quotata sulla Borsa di New York oltre che a Milano). Come è noto, la localizzazione della sede in Olanda ha più motivazioni di governance relative al diritto societario, e cioè la possibilità di voto multiplo per soci stabili. Cosa che ci si appresta, tardivamente, a fare anche in Italia proprio nel decreto “Rilancio”. Spesso però la ragione è ancora più semplice. Molte aziende localizzano la loro sede dove le regole di diritto societario sono più semplici, il sistema giudiziario più efficiente e veloce, e comunque si pagano meno tasse. Temi da affrontare con forza a livello europeo e nazionale”.

 

Si solleva un tema serio quando si parla di paradisi fiscali? “Il tema dell’evasione fiscale è serio perché in Italia gli evasori sono corteggiati da buona parte della politica. Quello dell’elusione fiscale delle multinazionali è serissimo e su cui serve il massimo di rigore. Ma servono anche politici più seri e capaci. Ho letto dell’intento dell’emendamento di Leu di non consentire prestiti a aziende con sedi nei paradisi fiscali. Giustissimo. Evitiamo però di andare a cercare i pinguini all’equatore. Peccato che l’Ocse non riconosce Olanda e Uk come tali. Mi chiedo se si sia a conoscenza che molte società a controllo pubblico italiano hanno sede in Olanda. E chi ha oggi o ha avuto in passato responsabilità di governo non mi pare che ne abbia ordinato il rientro. Nella filter bubble dei politici italiani si è costruita un’idea sul lavoro fatta di bufale gridate nei talk da incompetenti. Il Pci aveva le sezioni nelle fabbriche più grandi, creando tanti problemi soprattutto alla Cgil ma almeno era un modo per parlare con i lavoratori. Oggi si confondono i circoli operai con il ‘collettivo ztl’. E i giornalisti che considerano ‘cool’ attaccare la Fca sono la faccia di una stessa medaglia. Non vedo nessun ‘sovietismo’ in quelle posizioni, ma solo trionfo trasversale dell’ignoranza populista antindustriale. La verità ormai è qualcosa di troppo faticoso. E’ singolare un paese in cui se si criticano i soldi (delle tasse di lavoratori e pensionati) a fondo perduto si diventa neoliberisti. Se si criticano i prestiti condizionati a impegni su occupazione e investimenti, si è di sinistra. Forse abbiamo a che fare solo con dei pericolosi ignoranti che scomodano le categorie della politica per nascondere la loro inconsistenza. Avremo bisogno di gruppi dirigenti più credibili e competenti ma soprattutto collegati con la vita delle persone (quello che loro chiamano il paese reale) perché ci aspetta uno dei periodi più duri per il nostro paese”. 

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