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La Germania apre alla riduzione delle condizionalità del Mes

Luciano Capone

Niente Eurobond, ma forse l'Italia ha margini di manovra per alzare la posta e ottenere l'aiuto che cerca

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Che ci piaccia o no, è dal Meccanismo europeo di stabilità (Mes) che bisogna partire. A torto o a ragione, gli stati del nord con la Germania come capofila, dopo la sospensione del Patto di stabilità e dopo il potenziamento dell’azione della Bce, non sono disposti ad andare oltre, verso gli Eurobond e la mutualizzazione del debito. “Noi preferiamo il Mes”, ha detto chiaramente la cancelliera Angela Merkel, rigettando la proposta dei “Coronabond” avanzata da un gruppo di nove paesi (tra cui l’Italia). Il commissario europeo agli Affari economici Paolo Gentiloni ha invitato il paese a prendere atto di questo dato della realtà: “L’emissione di bond genericamente per mutualizzare il debito non verrà mai accettata”, consigliando all’Italia di trovare altre soluzioni politicamente percorribili. E l’Europa si sta muovendo in questa direzione: la Commissione Ue sta mettendo a punto un fondo anti-disoccupazione da 80-100 miliardi, una proposta che dovrebbe arrivare tra pochi giorni sul tavolo dell’Eurogruppo.

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Che ci piaccia o no, è dal Meccanismo europeo di stabilità (Mes) che bisogna partire. A torto o a ragione, gli stati del nord con la Germania come capofila, dopo la sospensione del Patto di stabilità e dopo il potenziamento dell’azione della Bce, non sono disposti ad andare oltre, verso gli Eurobond e la mutualizzazione del debito. “Noi preferiamo il Mes”, ha detto chiaramente la cancelliera Angela Merkel, rigettando la proposta dei “Coronabond” avanzata da un gruppo di nove paesi (tra cui l’Italia). Il commissario europeo agli Affari economici Paolo Gentiloni ha invitato il paese a prendere atto di questo dato della realtà: “L’emissione di bond genericamente per mutualizzare il debito non verrà mai accettata”, consigliando all’Italia di trovare altre soluzioni politicamente percorribili. E l’Europa si sta muovendo in questa direzione: la Commissione Ue sta mettendo a punto un fondo anti-disoccupazione da 80-100 miliardi, una proposta che dovrebbe arrivare tra pochi giorni sul tavolo dell’Eurogruppo.

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Dalla Germania il no agli Eurobond è stato ribadito prima dal portavoce del ministero delle Finanze: “Abbiamo già preso misure notevoli. Ora la questione è come sostenere il credito e per questo c’è il Mes” e poi dal portavoce del governo, secondo cui il Mes “ha gli strumenti con cui possiamo lavorare”. Anche il Consiglio di esperti economici della Germania, che supporta il Parlamento e l’esecutivo, in un rapporto sull’emergenza coronavirus appena pubblicato, scrive che la Bce “ha già fatto la sua parte” per ridurre il premio di rischio sui titoli di stato e che il Fondo salva stati dovrebbe essere sufficiente, anche se nel caso della crisi dovuta alla pandemia “le condizioni di un programma del Mes andrebbero ridotte al minimo nell’ottica della successiva riduzione del rapporto col debito”.

 

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Perché in questo caso, scrivono i saggi della Merkel, ci troviamo di fronte a uno “choc esogeno” che non è dipeso dalle politiche di un governo. Questo vuol dire che, pur accettando come punto di partenza che lo strumento sul tavolo europeo sia il Mes, l’Italia e gli altri paesi europei hanno ampi margini per adeguare la risposta del Fondo salva stati alla crisi attuale. Un’importante e ragionevole apertura arriva da Klaus Regling, direttore generale del Mes. In un’intervista al Financial Times, Regling ricorda che se, come ha scritto Mario Draghi, la rapidità della risposta è di fondamentale importanza quanto l’entità, allora “l’unico modo sia utilizzare le istituzioni esistenti con gli strumenti esistenti”. Al di là delle difficoltà politiche, c’è un problema tecnico nella costruzione di una nuova istituzione o di un nuovo strumento come gli Eurobond: ci vorranno da uno a tre anni per per emettere il primo bond (l’Efsf, progenitore del Mes, nel mezzo della crisi dei debiti sovrani impiegò sette mesi per la prima emissione – un tempo troppo lungo).

 

Inoltre il falco Regling dice che le condizioni necessarie per l’apertura di una linea di credito del Mes “sarebbero completamente differenti da 10 anni fa” perché questa è “una crisi simmetrica che non è stata causata da errori politici di singoli paesi”. C’è quindi un ampio margine, per ottenere un allentamento sostanziale delle condizioni del Mes, un po’ come è avvenuto nel corso degli anni con le politiche adottate della Bce, inizialmente non previste e inimmaginabili per la Bundesbank. Probabilmente bisognerà lavorare anche sull’entità, perché la linea di credito a condizioni rafforzate attualmente ha un tetto del 2 per cento del pil (circa 35 miliardi per l’Italia), una quota molto bassa che non vale lo “stigma” della richiesta di aiuto al Mes, soprattutto se c’è già la Bce a mantenere basso lo spread. E’ su questi aspetti che l’Italia può ottenere risultati positivi. Ed era la via imboccata dal premier Giuseppe Conte quando, inizialmente, ha proposto un ruolo più ampio e incondizionato del Mes nella crisi, prima che il M5s gli sbarrasse la strada – schierandosi sulle stesse posizioni di Salvini e della Meloni – con prese di posizioni folli come la richiesta di abolizione del Mes.

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