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Alitalia, ex “gioiello di famiglia”

Redazione

Quando c’era mercato, la politica non la voleva “svendere”. Ora nessuno la vuole

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Lufthansa è pronta a un importante investimento come socio di maggioranza assieme ad Atlantia”. Il 31 ottobre 2019 il direttore commerciale di Lufthansa, Harry Hohmesteir, firmò questa lettera a Fs, azienda pubblica allora designata dal governo italiano quale aeroporto sicuro per la compagnia. La missiva sancì i colloqui tra i vertici di Fs e Carsten Spohr, presidente di Lufthansa. Il governo giallorosso, con Stefano Patuanelli al posto di Luigi Di Maio allo Sviluppo economico, non cambiò linea rispetto ai gialloverdi, che nel programma inserirono il rilancio di Alitalia anche come compagnia di bandiera mentre Di Maio vedeva “una fila di pretendenti”. Così cinque mesi fa la risposta di Roma fu picche, nonostante le pressioni a dire sì di Fs, poi uscita di scena come Atlantia. Per Lufthansa i dipendenti da tagliare erano 4 mila, gli aerei e le rotte da ridurre una decina. Meno persone di quanta Alitalia abbia ora in cassa integrazione, e meno aerei e rotte dismesse causa crisi da coronavirus: in realtà per la perdita operativa del 2019 salita da 340 a 443 miliardi. Ad aprile 2018 Lufthansa si era già fatta avanti alle stesse condizioni, che il sindacato bocciò come “tentativo di relegare l’Alitalia a manovalanza dei tedeschi come già Eurowings, Austrian e Swiss”. Ora che Giuseppe Leogrande, ennesimo commissario governativo, lancia una nuova asta, anche per parti – il tanto vituperato spezzatino – e con termine ottimistico al 31 maggio, le probabilità di successo sono vicine allo zero. Certo sul settore si è intanto abbattuta l’epidemia: Lufthansa ha fermato 150 aerei su 752; Ryanair, ex altro potenziale partner, ha ridotto di un quarto le rotte. La britannica Flybe ha dichiarato fallimento, come Air Italy. Le stime Iata dicono che il coronavirus costerà 5 miliardi al traffico aereo italiano, poco meno a Francia e Germania. Ma le altre maggiori compagnie grazie a fusioni e consolidamenti potranno riprendersi come dopo l’11 settembre; mentre Alitalia dovrà far conto sempre sullo stato. Quello che i politici hanno descritto come “un gioiello di famiglia” sarà in realtà una zitella da mantenere a vita.

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Lufthansa è pronta a un importante investimento come socio di maggioranza assieme ad Atlantia”. Il 31 ottobre 2019 il direttore commerciale di Lufthansa, Harry Hohmesteir, firmò questa lettera a Fs, azienda pubblica allora designata dal governo italiano quale aeroporto sicuro per la compagnia. La missiva sancì i colloqui tra i vertici di Fs e Carsten Spohr, presidente di Lufthansa. Il governo giallorosso, con Stefano Patuanelli al posto di Luigi Di Maio allo Sviluppo economico, non cambiò linea rispetto ai gialloverdi, che nel programma inserirono il rilancio di Alitalia anche come compagnia di bandiera mentre Di Maio vedeva “una fila di pretendenti”. Così cinque mesi fa la risposta di Roma fu picche, nonostante le pressioni a dire sì di Fs, poi uscita di scena come Atlantia. Per Lufthansa i dipendenti da tagliare erano 4 mila, gli aerei e le rotte da ridurre una decina. Meno persone di quanta Alitalia abbia ora in cassa integrazione, e meno aerei e rotte dismesse causa crisi da coronavirus: in realtà per la perdita operativa del 2019 salita da 340 a 443 miliardi. Ad aprile 2018 Lufthansa si era già fatta avanti alle stesse condizioni, che il sindacato bocciò come “tentativo di relegare l’Alitalia a manovalanza dei tedeschi come già Eurowings, Austrian e Swiss”. Ora che Giuseppe Leogrande, ennesimo commissario governativo, lancia una nuova asta, anche per parti – il tanto vituperato spezzatino – e con termine ottimistico al 31 maggio, le probabilità di successo sono vicine allo zero. Certo sul settore si è intanto abbattuta l’epidemia: Lufthansa ha fermato 150 aerei su 752; Ryanair, ex altro potenziale partner, ha ridotto di un quarto le rotte. La britannica Flybe ha dichiarato fallimento, come Air Italy. Le stime Iata dicono che il coronavirus costerà 5 miliardi al traffico aereo italiano, poco meno a Francia e Germania. Ma le altre maggiori compagnie grazie a fusioni e consolidamenti potranno riprendersi come dopo l’11 settembre; mentre Alitalia dovrà far conto sempre sullo stato. Quello che i politici hanno descritto come “un gioiello di famiglia” sarà in realtà una zitella da mantenere a vita.

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