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Ecco le misure forti che servono all’Italia per combattere il virus

Guido Tabellini

Siamo entrati in recessione, l’incognita è quanto sarà lunga e profonda. Occorre agire subito, su due fronti

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Quali saranno le conseguenze economiche del Covid-19 nel nostro paese? E cosa può fare la politica economica per arginare i danni? Quanto alla prima domanda, c’è ancora troppa incertezza per dare risposte affidabili. All’inizio, quando il virus era confinato in Cina, si trattava prevalentemente di un’interruzione della catena globale di produzione, cioè di uno choc all’offerta. L’arrivo del virus in Italia ha aggiunto anche una componente importante di caduta della domanda, che si aggraverà man mano che il contagio si estenderà al resto d’Europa, come ormai appare inevitabile, e probabilmente anche agli Stati Uniti. Tuttavia, le conseguenze economiche del contagio dipenderanno soprattutto dalla sua durata, e questa è ancora molto incerta. 

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Quali saranno le conseguenze economiche del Covid-19 nel nostro paese? E cosa può fare la politica economica per arginare i danni? Quanto alla prima domanda, c’è ancora troppa incertezza per dare risposte affidabili. All’inizio, quando il virus era confinato in Cina, si trattava prevalentemente di un’interruzione della catena globale di produzione, cioè di uno choc all’offerta. L’arrivo del virus in Italia ha aggiunto anche una componente importante di caduta della domanda, che si aggraverà man mano che il contagio si estenderà al resto d’Europa, come ormai appare inevitabile, e probabilmente anche agli Stati Uniti. Tuttavia, le conseguenze economiche del contagio dipenderanno soprattutto dalla sua durata, e questa è ancora molto incerta. 

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Se durerà a lungo, alla caduta della domanda reale si aggiungerebbero anche problemi di liquidità per le imprese più esposte, come era accaduto nel 2008-2009. L’agenzia di rating italiana Cerved stima che il rischio di bancarotta delle imprese italiane potrebbe raddoppiare da una media annuale del 4,9 per cento a oltre il 10 per cento se la diffusione del virus in Italia dovesse durare tutto l’anno.

 

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In mezzo all’incertezza, ci sono anche alcune importanti buone notizie. Probabilmente in Cina il picco del contagio è stato superato, e i nuovi contagi stanno rallentando significativamente: gli ultimi dati indicano che i nuovi casi giornalieri confermati in Cina sono scesi sotto i 600, meno che nel resto del mondo, e soprattutto sono concentrati nell’area di Wuhan. E’ plausibile che entro fine marzo la Cina sia riuscita a mettere il virus sotto controllo. In questo caso, gli effetti economici sull’economia cinese rimarrebbero prevalentemente circoscritti alla prima parte dell’anno. Tuttavia, non sappiamo ancora quanto grave e protratta sarà l’estensione del contagio nel resto del mondo, e soprattutto in Europa e negli Stati Uniti. Le previsioni di crescita sono estremamente incerte. Per quanto riguarda l’Italia, ormai siamo entrati in recessione, anche perché il quarto trimestre del 2019 era già stato in contrazione. L’incognita è quanto lunga e profonda sarà. Il centro studi Ref Ricerche stima una minor crescita cumulata in un intervallo tra -1 e -3 per cento nei primi sei mesi del 2020; nella seconda metà dell’anno dovrebbe esserci un rimbalzo, ma è difficile prevederne l’entità.

 

L’Italia è particolarmente esposta, non solo perché è al centro del contagio, ma anche perché ha pochissimi margini di manovra. La politica monetaria europea ha già i tassi sotto zero e non pare intenzionata a cercare nuovi strumenti di intervento: il nuovo presidente della Banca centrale europea ha detto che per ora non c’è nulla da fare. E’ un atteggiamento ben diverso da quello delle altre banche centrali. In Giappone e in Inghilterra, le banche centrali hanno annunciato che sono pronte a intervenire anche coordinandosi con la politica fiscale. La Federal Reserve americana ha segnalato che taglierà i tassi di interesse ed è pronta a fare altro, e un membro del Board della Fed, Lael Brainard, ha detto che anche gli Stati Uniti dovrebbero attuare un’espansione coordinata di politica monetaria e fiscale se le cose dovessero peggiorare significativamente. Il rischio che la Bce a guida francese sia di nuovo in ritardo, come già era successo con la crisi del debito sovrano, non è affatto un rischio remoto. Quanto alla politica fiscale, prima ancora dei vincoli europei, siamo condizionati dall’alto debito pubblico. Lo spread ha ripreso a salire, e come ben sappiamo questo si traduce rapidamente in una stretta creditizia sulle imprese.

 

Le giuste misure del governo

In questo quadro, il governo ha fatto bene a predisporre misure a sostegno di famiglie e imprese per 3,6 miliardi di euro. Ma si può fare di più. Questo choc economico è chiaramente temporaneo, e probabilmente tra sei mesi saremo tornati verso la normalità. Ciò consente di sostenere la domanda e attenuare i problemi di liquidità di chi è più colpito, senza pregiudicare le tendenze di lungo periodo della finanza pubblica. Per evitare di far salire lo spread, però, i provvedimenti di sostegno alla domanda nel breve periodo devono essere accompagnati da misure di stabilizzazione del debito e rilancio della crescita, per ristabilire fiducia e credibilità.

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E’ sempre più evidente che il paese è troppo fragile. Dobbiamo affrontare l’emergenza e sostenere la domanda interna. Ma non possiamo permetterci di continuare a ignorare l’insostenibilità crescente del nostro debito pubblico, l’allocazione sbagliata della spesa pubblica, il progressivo declino economico


 

Occorre agire subito su due fronti. Da un lato, possono essere utili altre misure celeri di sostegno alla domanda interna e che possano dare sollievo a chi avrà presto problemi di liquidità. Per accorciare i tempi di attuazione, è meglio agire sul lato delle imposte perché gli investimenti pubblici arriverebbero troppo tardi. E’ inutile chiedere aumenti faraonici di investimenti pubblici se poi questi arrivano a emergenza finita. Invece, un credito d’imposta consistente ma temporaneo sugli investimenti privati potrebbe indurre le imprese ad anticipare gli investimenti, e contrastare l’effetto dell’incertezza che invece spingerebbe a rimandarli. Anche un abbattimento temporaneo dell’Iva potrebbe indurre i consumatori ad anticipare alcune spese di consumo. Per ridurre la stretta sulla liquidità delle imprese, la Pubblica amministrazione dovrebbe fare il possibile per anticipare i versamenti ai suoi creditori e dilazionare la raccolta di gettito.

 

E’ però altrettanto importante dare subito un segnale che siamo davvero intenzionati ad arrestare la crescita del debito pubblico e a rilanciare la crescita di lungo periodo. Sul fronte della finanza pubblica, la priorità sono le pensioni: occorre sostituire l’infausta quota 100 con una riforma che, pur preservando margini di flessibilità sull’età di pensionamento, consenta di abbassare la spesa. Anche alcuni aspetti del reddito di cittadinanza andrebbero rivisti, alla luce dell’esperienza fatta finora. La giungla dei crediti d’imposta andrebbe riordinata, nell’ambito di una riforma complessiva dell’imposta sui redditi. Nessuna di queste cose può essere fatta dall’oggi al domani. Ma il governo dovrebbe annunciare che intende mettere mano a queste riforme al più presto, e sulle questioni più tecniche come la riforma fiscale e il reddito di cittadinanza, nominare delle commissioni di esperti che istruiscano le decisioni politiche.

 

E’ altrettanto importante avviare nuove iniziative per rilanciare la crescita di lungo periodo. Molte di queste riforme avrebbero costo zero, perché riguardano aspetti di regolamentazione: dal mercato del lavoro, dove bisognerebbe spostare la contrattazione più vicino al livello aziendale, all’attuazione di misure per favorire la concorrenza e agevolare la nascita di nuove imprese, alla sburocratizzazione dell’economia. Anche qui i tempi di realizzazione sono lunghi, ma alcuni segnali possono essere dati subito, e non solo per via legislativa ma anche nelle nomine che il governo si accinge a fare. Ad esempio, sull’Autorità garante della privacy, attualmente in scadenza. Nella nuova economia digitale, l’innovazione riguarderà soprattutto l’analisi e l’uso di grande banche dati. Noi finora ci siamo preoccupati di questi aspetti per tutelare la privacy, con inutili procedure il cui costo ricade sui consumatori. Un segnale che invece d’ora in avanti si vuole facilitare l’analisi di grandi banche dati, da parte della Pubblica amministrazione (per combattere assenteismo e evasione fiscale), dei ricercatori e delle imprese, sarebbe un piccolo passo avanti verso la modernizzazione del paese

 

Ormai sta diventando sempre più evidente che il paese è troppo fragile, e che la sua fragilità dipende dal cumularsi di problemi da tempo irrisolti. Dobbiamo affrontare l’emergenza e sostenere la domanda interna. Ma non possiamo permetterci di continuare a ignorare l’insostenibilità crescente del nostro debito pubblico, l’allocazione sbagliata della spesa pubblica, il progressivo declino economico. Qualunque azione di breve periodo deve essere accompagnata anche da provvedimenti e annunci che segnalino una svolta rispetto alla miopia del passato.

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