L'azienda che doveva salvare Taranto tiene in ostaggio Piombino
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Taranto. Entro il 28 gennaio Jindal, che ha acquisito l’acciaieria di Piombino nel 2018, avrebbe dovuto presentare allo scadere dei 18 mesi dall’accordo di programma firmato con il governo e gli enti locali, lo studio di fattibilità della cosiddetta fase due. E non lo ha fatto, chiedendo ulteriori 4 mesi di tempo. La fase due prevedeva, dopo il riavvio dei treni, gli investimenti per una produzione di acciaio basata su tecnologie sostenibili. In particolare era in ballo la realizzazione di un forno elettrico (come per il nuovo piano Ilva) necessario a Piombino per l’autonomia e l’equilibrio economico dell’acciaieria, che al momento lavora un semiprodotto acquistato a prezzi non competitivi da India e Oman. L’investimento è di circa 500 milioni, poco più della copertura del parco minerali Ilva, ma Jindal in 18 mesi non è riuscita a presentare neppure il progetto.
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