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La stabilità del governo può cambiare il futuro di Confindustria

Renzo Rosati

Il risiko di Carlo Bonomi e la sfida di Lucia Mattioli. Geografia dei nuovi assetti di potere in via dell’Astronomia (con alleanze)

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Roma. La sconfitta di Matteo Salvini in Emilia-Romagna può ripercuotersi sull’elezione del presidente di Confindustria, il 23 marzo, mentre Vincenzo Boccia terminerà il mandato con l’assemblea di fine maggio? La variabile è arrivata in piena corsa per viale dell’Astronomia ed è all’attenzione dei candidati.

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Roma. La sconfitta di Matteo Salvini in Emilia-Romagna può ripercuotersi sull’elezione del presidente di Confindustria, il 23 marzo, mentre Vincenzo Boccia terminerà il mandato con l’assemblea di fine maggio? La variabile è arrivata in piena corsa per viale dell’Astronomia ed è all’attenzione dei candidati.

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Mercoledì 29 si sono insediati i tre saggi (Maria Carmela Colaiacovo, Andrea Tomat e Andrea Bolla) che vaglieranno le candidature: il presidente di Assolombarda Carlo Bonomi; la vicepresidente di Confindustria e della Compagnia di San Paolo, Licia Mattioli, imprenditrice orafa, napoletana trapiantata a Torino dove è anche stata presidente dell’Unione industriali; Giuseppe Pasini, industriale siderurgico (Feralpi group) capo degli imprenditori bresciani; Emanuele Orsini, modenese, ad di Sistem Costruzioni e presidente di Federlegno. I saggi verificano che i candidati abbiano il supporto di almeno il 10 per cento dei delegati (requisito fin qui raggiunto da Bonomi e Mattioli) e poi sonderanno possibili convergenze.

 

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In che senso può esserci un fattore “Salvini sconfitto”, e di converso un fattore governo rafforzato? Il segretario della Lega si era proposto durante il governo gialloverde – mentre le assemblee imprenditoriali protestavano per il blocco della Tav e delle altre grandi opere – come garante del “partito del Pil”. E sullo stesso tasto ha spinto nei cinque mesi di opposizione, se la vittoria a Bologna lo avesse riportato a palazzo Chigi leader assoluto del centrodestra. La fascinazione sugli imprenditori, che nonostante le proteste del 2019 gli avevano concesso aperture di credito tipo il presidente di Confindustria Lombardia Marco Bonometti, si è però interrotta con i molti schiaffi presi recentemente dalla Lega. Dunque gli industriali cercano di capire chi conviene mandare a Roma a trattare con un governo non più potenzialmente di destra sovranista, ma di sinistra, seppur minoritaria.

 

Bonomi continua a esibire credenziali impeccabili: non accusabile di salvinismo anche se molti dei suoi lo sono, non sovranista ma europeista. Vanta la benedizione di big come Diana Bracco, Marco Trochetti Provera, Gianfelice Rocca. Insomma un supercandidato del Nord “che non può fallire”, se non fosse insidiato in casa da Pasini, forte oltretutto di un’azienda che fattura 1,3 miliardi. Mentre Orsini dimostra come anche l’imprenditoria emiliana, come nella politica, non desideri intrusioni lombarde. Così, anche in vista di una Confindustria un po’ più istituzionale e in continuità con il presente, che dovrà avere a che fare con un governo che guarda ai sindacati e all’Europa, salgono le quotazioni di Lucia Mattioli. Mattioli viene sì anche lei dal nord, ma da una regione, il Piemonte, e una città, Torino, dove la presa di Salvini non è così forte e dove ha appena indotto la sindaca 5s Chiara Appendino a nominare alla presidenza della Compagnia di San Paolo il recalcitrante ex ministro montiano Francesco Profumo, risolvendo un problema non da poco a Carlo Messina, ad di Intesa di cui la San Paolo è primo azionista. A parte questa occasione, Mattioli non ha grande feeling con Appendino: è stata pro-Tav, e a novembre 2019 si è fatta vedere alla presentazione torinese di Italia Viva. Tutto giusto, però i voti bisogna conquistarli. E la situazione attuale dà a Bonomi il sostegno di veneti come Maria Cristina Piovesana (Assindustria Padova e Treviso) e dei veneziani. Mentre Mattioli conta su veronesi e bellunesi. Inoltre Bonomi tratta con imprenditori romani come Filippo Tortoriello, presidente di Unindustria Lazio, Aurelio Regina, Luigi Abete. Mai come oggi, in questa partita, lL’asse tra piccole imprese (il 95 per cento dei 150.576 associati) e industria pubblica continuerà a pesare. Ma ancora più importante sarà, per i due front runner, l’accordo con Pasini e Orsini: un lombardo autonomo dal modello Milano e un emiliano autonomo dal modello lombardo.

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