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Popolari senza spa

Mariarosaria Marchesano

La mancata trasformazione può rivelarsi un boomerang. I casi di Bari e Sondrio. Parla Albano (Amber Cap.)

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Milano. Il salvataggio della Banca Popolare di Bari si sta complicando anche perché non è ancora diventata una società per azioni. La necessità di un’imminente trasformazione è emersa negli ultimi giorni come imprescindibile per procedere con qualsivoglia piano di salvataggio. E, in effetti, sono state anche la forma societaria e la governance a consentire il salvataggio di Carige, che, comunque, non era messa tanto meglio della Popolare di Bari quando è stata commissariata a gennaio 2019. Nel caso dell’istituto ligure, anche se con estrema fatica e dopo svariati tentativi, il “cavaliere bianco” è arrivato con le vesti del gruppo Ccb (le casse di risparmio trentine), che ha creduto nel piano di rilancio e ha acquisito una quota di minoranza con l’impegno a salire in futuro. In questo modo consentirà l’uscita graduale del Fondo interbancario per la tutela dei depositi (Fitd), ma getta anche le basi per assumere il controllo della banca.

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Milano. Il salvataggio della Banca Popolare di Bari si sta complicando anche perché non è ancora diventata una società per azioni. La necessità di un’imminente trasformazione è emersa negli ultimi giorni come imprescindibile per procedere con qualsivoglia piano di salvataggio. E, in effetti, sono state anche la forma societaria e la governance a consentire il salvataggio di Carige, che, comunque, non era messa tanto meglio della Popolare di Bari quando è stata commissariata a gennaio 2019. Nel caso dell’istituto ligure, anche se con estrema fatica e dopo svariati tentativi, il “cavaliere bianco” è arrivato con le vesti del gruppo Ccb (le casse di risparmio trentine), che ha creduto nel piano di rilancio e ha acquisito una quota di minoranza con l’impegno a salire in futuro. In questo modo consentirà l’uscita graduale del Fondo interbancario per la tutela dei depositi (Fitd), ma getta anche le basi per assumere il controllo della banca.

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Questo aspetto manca del tutto nella vicenda barese perché lo stato è intervenuto con il pretesto di saldare un debito con il Sud Italia, che non ha più una banca di riferimento da quando è scomparso il vecchio Banco di Napoli, e l’ambizione, se non la velleità, di farne una piccola banca d’investimento locale. La mancata trasformazione in spa della Popolare di Bari – atto di ribellione alla legge di riforma delle popolari introdotta dal governo Renzi nel 2015 – si è così rivelata una scelta deleteria perché anche il Fitd, attraverso il presidente Salvatore Maccarone, ha fatto sapere di non avere intenzione di impegnare 3-400 milioni di euro per poi contare poco o nulla nella governance (nel modello cooperativo vige il voto capitario, un socio-un voto a prescindere dal numero di azioni possedute). Il che è esattamente il ragionamento che farebbe qualsiasi investitore privato. “Ci deve essere una correlazione tra il capitale investito e la possibilità di incidere nella gestione della banca, altrimenti non ha senso”, dice al Foglio Arturo Albano, responsabile per l’Italia del fondo inglese Amber Capital, il cui investimento nella Pop Sondrio rappresenta un’esperienza a dir poco anomala . “Siamo entrati nella banca lombarda nel 2015 con un ingente impegno finanziario – che ai prezzi di mercato attuali vale circa 70 milioni per il 6 per cento del capitale – perché c’era la prospettiva che si sarebbe trasformata in società per azioni entro dicembre 2016, come prevede una legge dello stato italiano. Dopo quattro anni la banca è ancora una cooperativa e noi non abbiamo neanche acquisito lo status di socio. Così, quando si tengono le assemblee degli azionisti possiamo partecipare senza, però, poter intervenire. E’ una situazione paradossale, che mette a rischio il nostro investimento, e ci auguriamo si risolva non appena si sarà concluso il contenzioso sulla trasformazione presso gli organi competenti”.

 

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La Pop Sondrio e la Pop Bari sono le uniche due popolari a non avere ancora adempiuto agli obblighi della riforma. Ma sono storie molto diverse, perché nel caso dell’istituto valtellinese la mancata trasformazione è stata dettata dalla volontà di preservare – a torto a ragione – l’identità territoriale, e le rendite di posizione, di una banca ricca e ben gestita (per ammissione dello stesso fondo Amber), mentre nel caso della Pop Bari è sempre più evidente il sospetto che il cambio di status societario sia stato avversato perché avrebbe fatto emergere tutte le magagne che hanno poi portato alla crisi. Per entrambi gli istituti il termine per la trasformazione è stato prorogato varie volte in attesa dell’esito del contenzioso scaturito per effetto dei ricorsi di alcuni soci della Sondrio, in primis l’economista d’impresa Marco Vitale. Ma dopo che la Corte Costituzionale non ha rilevato profili di illegittimità nella riforma, la palla è passata alla Corte di Giustizia europea, che dovrà pronunciarsi l’11 febbraio e resta pendente davanti al Consiglio di stato la questione relativa alle modalità operative per realizzare la trasformazione, cioè la possibilità di poter costituire o meno una holding che controlli a valle la cooperativa. “Dal nostro punto di vista, ma è solo una riflessione poiché non siamo interessati direttamente, nel salvataggio della Popolare di Bari mancano le condizioni per l’ingresso di un socio privato – prosegue Albano – e in generale la mancata trasformazione in spa di due banche rappresenta un ulteriore elemento di incertezza per chi investe in Italia”.

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