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La vera manovra è l’affidabilità in più

Redazione

Come non sprecare un tesoretto da 900 milioni guadagnati con l’europeismo

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I conti pubblici dell’Italia hanno cominciato a beneficiare della riduzione dello spread sovrano già nel terzo trimestre del 2019 quando c’è stata la staffetta tra il Conte uno e il Bisconte. Infatti, secondo gli ultimi dati dell’Istat, il rapporto tra deficit e prodotto interno lordo registrato nel periodo che va da luglio a settembre dello scorso anno è stato pari all’1,8 per cento, livello invariato rispetto allo stesso periodo del 2018. L’incidenza del deficit, spiega l’Istat, è rimasta stabile poiché la riduzione dell’avanzo primario – e cioè la differenza tra spesa pubblica ed entrate al netto del debito – è stata quasi completamente controbilanciata dalla riduzione della spesa per interessi pagati dallo stato sul debito pubblico. Questo vuol dire anche che la maggior fiducia accordata dai mercati alla compagine giallo-rossa rispetto al precedente esecutivo dell’Italia – e la conseguente riduzione del differenziale tra Btp e Bund tedeschi – si è riflessa in modo più che positivo nel trimestre a cavallo dell’estate che ha visto il cambio di governo e ha poi contribuito a ridurre il rapporto deficit-pil relativo ai primi nove mesi del 2019, che è passato al 3,2 per cento rispetto al 3,4 per cento dei primi nove mesi del 2018.

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I conti pubblici dell’Italia hanno cominciato a beneficiare della riduzione dello spread sovrano già nel terzo trimestre del 2019 quando c’è stata la staffetta tra il Conte uno e il Bisconte. Infatti, secondo gli ultimi dati dell’Istat, il rapporto tra deficit e prodotto interno lordo registrato nel periodo che va da luglio a settembre dello scorso anno è stato pari all’1,8 per cento, livello invariato rispetto allo stesso periodo del 2018. L’incidenza del deficit, spiega l’Istat, è rimasta stabile poiché la riduzione dell’avanzo primario – e cioè la differenza tra spesa pubblica ed entrate al netto del debito – è stata quasi completamente controbilanciata dalla riduzione della spesa per interessi pagati dallo stato sul debito pubblico. Questo vuol dire anche che la maggior fiducia accordata dai mercati alla compagine giallo-rossa rispetto al precedente esecutivo dell’Italia – e la conseguente riduzione del differenziale tra Btp e Bund tedeschi – si è riflessa in modo più che positivo nel trimestre a cavallo dell’estate che ha visto il cambio di governo e ha poi contribuito a ridurre il rapporto deficit-pil relativo ai primi nove mesi del 2019, che è passato al 3,2 per cento rispetto al 3,4 per cento dei primi nove mesi del 2018.

 

Nel terzo trimestre – si legge nella nota dell’Istat – la spesa per interessi si è ridotta a 15,199 miliardi dai 16,086 miliardi del terzo trimestre del 2018. In pratica, circa 900 milioni in meno che hanno compensato l’erosione del saldo primario dovuto alle politiche economiche del governo giallo-verde. I dati del quarto trimestre del 2019 diranno se e in quale misura c’è stato un ulteriore miglioramento nei conti pubblici e come questo patrimonio è stato utilizzato dal Bisconte per la manovra economica del 2020. Nell’ultimo numero della rivista di politica economica di Confindustria, un gruppo di economisti, tra i quali Lorenzo Codogno, Carlo Cottarelli e Stefano Caselli, hanno ribadito che il mantenimento della sostenibilità del debito è “essenziale e imprescindibile” e che la deviazione dalla disciplina di bilancio e da politiche economiche responsabili si paga a caro prezzo. Il tesoretto c’è. I prossimi mesi ci diranno se il governo riuscirà a sprecarlo o no.

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