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La soluzione di mercato per Alitalia è ciò che la politica non vuole

Andrea Giuricin

I commissari dovrebbero lasciare la compagnia al suo destino. Permettendo che gli asset siano comprati dai vettori interessati e che il personale venga in parte reintegrato

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Alitalia è arrivata a un punto morto. Di fronte ad un buco di oltre 500 milioni di euro l’anno che il vettore continua ad addebitare ai contribuenti, il premier Giuseppe Conte ha affermato che non ci sono soluzioni di mercato per Alitalia. In realtà, le soluzioni prospettate dagli ultimi governi non sono mai state di mercato: la cordata con Ferrovie dello stato e ministero dell’Economia e delle Finanze come soci di maggioranza non era una soluzione di mercato, ma solo un calcio alla lattina per cercare di non prendere decisioni difficili da accettare politicamente.

 

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La cordata prevedeva un taglio degli aerei a lungo raggio e di fronte a un mercato sempre più competitivo come quello aereo, prospettava anche un aumento medio dei ricavi per passeggero di quasi il 10 per cento. E invece Alitalia sul mercato proprio non ci riesce a stare. Con un mercato aereo che vede grandi colossi aggregarsi, la compagnia sarebbe rimasta tutta sola. Infatti, avere Delta al 10 per cento della cordata non avrebbe risolto alcuno dei problemi della compagnia italiana che ha circa l’1,9 per cento della quota di mercato europea. Tutti i grandi player continuano ad avere grandi margini, Alitalia ha registrato nel primo semestre una perdita di due milioni di euro al giorno.

 

 

La soluzione “non di mercato” prevedeva oltre a una posizione di stand alone anche una ricapitalizzazione nell’ordine dei 700-800 milioni. Nel mondo aereonautico questi soldi sono briciole: un singolo aereo a lungo raggio, come il performante Dreamliner della Boeing, costa a prezzo pieno circa 300 milioni di dollari. In sintesi, Alitalia è una piccola compagnia in perdita che non avrebbe avuto i soldi per fare investimenti, in concorrenza con colossi che macinano grandi utili.

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Il mercato aereo italiano, invece, va alla grande. In soli 20 anni, dal 1997, anno della liberalizzazione a oggi, il numero di passeggeri è praticamente triplicato da 53 milioni a oltre 150 milioni di passeggeri l’anno.

 

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Esiste dunque una soluzione di mercato per Alitalia? Sì, ma la politica fa finta di non vederla. Se non sta sul mercato, è normale che Alitalia possa uscire. La compagnia si trova commissariata e dopo aver bruciato il prestito ponte – 900 milioni di euro più 200 milioni di euro di interessi – evidentemente ha problemi a sopravvivere. Questa soluzione di mercato si chiama, dunque, chiusura della compagnia con il contemporaneo rimborso dei creditori. Ci vuole una soluzione coraggiosa come ha sottolineato il viceministro del Mise Stefano Buffagni. Quindi è bene andare per una liquidazione di Alitalia, perché al contrario dell’ex Ilva, il mercato aereo è dinamico e fortemente in crescita.

 

Una soluzione di mercato non prevede un ulteriore prestito ponte di 400 milioni di euro da parte dei contribuenti e non vedrebbe la creazione di una bad company con i tre miliardi di euro di debiti accollati a questa compagnia. Nessuna Invitalia o simil Iri sono necessarie per questa soluzione.

 

Semplicemente, i commissari dovrebbero lasciare la compagnia al suo destino e gli asset sarebbero comprati dai vettori interessati. Lo stesso personale verrebbe in buona parte reimpiegato, dato che il costo del personale di Alitalia è ormai più basso di quello di Lufthansa. Alitalia ha ormai solo l’8 per cento del mercato internazionale da e per l’Italia, ed è il quinto operatore in questo segmento e non sarebbe impossibile pensare che nel medio periodo tutto il mercato possa essere ricoperto.

 

La soluzione di mercato esiste, dunque, ed è meno difficile da applicare di quanto la politica pensi.

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