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Gli agricoltori non si accontenteranno delle quote latte. Caso di studio

Alberto Brambilla

Così il decreto emergenze sconfessa la visione che il governo ha del settore agricolo

Roma. Che il vicepremier Matteo Salvini non avesse a cuore lo spread l’aveva dichiarato lui stesso. Ieri l’ha confermato quando dall’inaugurazione della nuova sede della Cassa depositi e prestiti a Verona ha dichiarato di volere “infrangere” i parametri di Maastricht, il 3 per cento del deficit/pil, per “dimezzare la disoccupazione” (che il governo ha contribuito a portare sopra il 10 per cento). Qualsiasi sia il nesso, il risultato immediato è stato mandare il differenziale tra i titoli di stato italiani e quelli tedeschi a 280 punti. Sembrava invece avesse a cuore lo sviluppo dell’agricoltura italiana, l’aveva dichiarato lui stesso in ottobre in occasione di una manifestazione della Coldiretti. Eppure è difficile dire che sia così.

   

   

   

Non sembra esserci una strategia lungimirante per lo sviluppo di un settore colpito non solo dalle calamità naturali ma anche dalle guerre commerciali tra Stati Uniti e Cina che comportano una riduzione dei prezzi delle materie prime agricole e la prospettiva di un aumento dell’Iva che potenzialmente riduce i consumi, compresi quelli alimentari.

    

Il settore agricolo non è stato considerato né nella legge di Bilancio né nel decreto Crescita, ma gli è stata riservata attenzione soltanto nel decreto emergenze che, dopo l’approvazione al Camera in aprile, arriverà oggi in Senato. Nel decreto sono previste norme che la dicono lunga sulla visione strategica offerta dal governo gialloverde per l’agricoltura, trattata in ottica emergenziale e non sviluppista.

   

Viene infatti concesso il rimborso attraverso il Fondo di solidarietà nazionale per gli agricoltori pugliesi colpiti dalle gelate di inizio anno in deroga alla norma che non prevede rimborsi per chi pur potendo assicurarsi non l’ha fatto. E’ un problema, quello della mancata assicurazione, diffuso in particolare modo al sud che non consente agli agricoltori colpiti di ricevere rimborsi congrui rispetto ai danni che invece si avrebbero con un’assicurazione contro le calamità. L’intervento avviene in ottica emergenziale per evitare che un comparto, come quello olivicolo, si avviti in una crisi senza ritorno.

   

Tuttavia una strategia appropriata sarebbe quella di convincere chi non è assicurato a farlo. Un’altra spia della carenza di lungimiranza rispetto al settore deriva dalla questione infinita delle quote latte, un’“emergenza” decennale. I produttori italiani, che dal 1995 al 2009 sono stati giudicati colpevoli dalla Corte di Giustizia europea di avere ecceduto la produzione nazionale consentita, vedranno sospese le procedure di riscossione delle multe fino al 15 luglio. Dopodiché le procedure saranno passate a un altro ente di riscossione.

   

Il decreto attribuisce infatti le competenze della riscossione non alla Agenzia per le erogazioni in agricoltura (Agea), che non era riuscita a recuperare le somme dovute, direttamente alla Agenzia delle entrate-Ricossione. A stabilire le modalità e le regole per il passaggio dei ruoli tra le due agenzie sarà però un decreto del ministero dell’Agricoltura, un mese dopo la conversione in legge del decreto emergenze, allungando i tempi, anche per fare in modo che avvenga l’effettivo trasferimento delle competenze e del flusso di dati necessari.

    

Come riportato dal Sole 24 Ore, che ha raccolto gli ultimi dati Agea, infatti, a fronte di 2.303 miliardi di euro versati a Bruxelles, l’Italia ha riscosso dai produttori 356 milioni più 414 milioni oggetto di rateizzazione. Quindi mancano circa 600 milioni di cui almeno 279 inesigibili (per fallimento o vittoria del contenzioso delle società interessate).

   

Il problema che potrebbe verificarsi a quel punto è che gli allevatori irriducibili a sanare la loro posizione facciano ricorso ai Tribunali amministrativi proprio in forza del cambio della norma, che prima sospende e poi recupera la procedura, cercando di allungare ulteriormente i tempi di recupero.

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  • Alberto Brambilla
  • Nato a Milano il 27 settembre 1985, ha iniziato a scrivere vent'anni dopo durante gli studi di Scienze politiche. Smettere è impensabile. Una parentesi di libri, arte e politica locale con i primi post online. Poi, la passione per l'economia e gli intrecci - non sempre scontati - con la società, al limite della "freak economy". Prima di diventare praticante al Foglio nell'autunno 2012, dopo una collaborazione durata due anni, ha lavorato con Class Cnbc, Il Riformista, l'Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (ISPI) e il settimanale d'inchiesta L'Espresso. Ha vinto il premio giornalistico State Street Institutional Press Awards 2013 come giornalista dell'anno nella categoria "giovani talenti" con un'inchiesta sul Monte dei Paschi di Siena.