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Per rifondare la finanza bisogna farla sostenibile. Parola di Macron

Mariarosaria Marchesano

La nuova sfida “verde” del presidente della Repubblica francese nella prefazione al libro di Bertrand Badré

Milano. Le migliaia di studenti, anche giovanissimi, che stanno scendendo in piazza a Londra, Bruxelles, Berlino, Sydney per la “climate revolution” non sanno che la loro protesta sta contribuendo a far nascere un nuovo modello globale di investimenti basato sul principio che “governare il capitale è possibile”, come sostiene Bertrand Badré nel libro “E se la finanza salvasse il mondo?”, che uscirà il 21 febbraio in Italia, edito da Solferino, con le prefazioni di Emmanuel Macron e di Gordon Brown. Se il presidente della Repubblica francese e l’ex primo ministro britannico hanno sentito il bisogno di condividere le loro riflessioni su come ripensare la finanza mondiale è perché è in atto un cambiamento a cui non ha senso sottrarsi considerato che è spinto dalle nuove generazioni che rappresentano gli stakeholder di domani.

 

Lo sanno bene i leader di 50 istituzioni di finanza sostenibile che si riuniscono a Vancouver, in Canada, il 19 e 20 febbraio (Banca Etica è l’unico operatore italiano presente al summit) godendosi la soddisfazione di aver intercettato per primi una nuova domanda di investimenti in linea con obiettivi come ridurre le emissioni di anidride carbonica, combattere la povertà e promuovere l’inclusione di genere. Ma la nuova tendenza è stata compresa, ormai, dalla generalità degli operatori finanziari, che sta adattando, con diverse misure, le strategie di investimento. E lo hanno capito anche i governi come quello francese, che non vogliono farsi cogliere alla sprovvista da questo cambiamento ma preferiscono dominarlo.

 

  

Così, nella sua prefazione al libro di Badré, che è stato direttore finanziario della Banca mondiale dopo aver ricoperto lo stesso incarico in due grandi banche private come Sociétè générale e Crédit Agricole, Macron afferma che l’ambiente dev’essere in cima alle priorità di un nuovo modo di concepire la finanza, come strumento al servizio degli scopi umani. “Se vorremo riuscire nell’intento dovremo, tra le altre cose, impiegare su larga scala i risparmi mondiali, per trasformare il nostro modello produttivo e creare le condizioni per un’innovazione ambientale – scrive Macron – Infine, è importante riorganizzare il nostro sistema finanziario in modo che possa integrare meglio l’imperativo ecologico. La finanza è l’arena dove è possibile realizzare i progressi”.

  


“E se la finanza salvasse il mondo?”. Si può, ma è il momento di cambiare il modello che ha portato alla crisi del 2008. Governare il capitale è possibile e un futuro migliore dipende da una partnership tra pubblico e privato per promuovere progetti sostenibili che attraggano gli investitori. Si parte dall’ambiente


 

E ancora: “In quest’ambito, la Francia è consapevole del suo ruolo ed è in prima linea. Il centro finanziario di Parigi sta adottando una strategia e una serie di regole del gioco per diventare leader della finanza verde a livello internazionale. Io incoraggerò questo movimento in favore di una finanza utile”. Ma in che modo la finanza potrebbe cambiare il mondo? Su che cosa si basa la “nuova architettura” auspicata da Badré? Prima di arrivare alle soluzioni, l’ex direttore della World Bank mette sotto esame il ruolo distruttivo rivestito dalla finanza nella crisi economica globale del 2007-2008. Ricorda il sentimento di speranza che nel 2000 accompagnò il più grande raduno dei capi di stato e di governo che il mondo abbia mai visto. A New York, nella sede centrale delle Nazioni Unite.

 

Il Vertice del Millennio, dove l’umanità si diede obiettivi entusiasmanti per accelerare il ritmo dello sviluppo. Ma non tutto è andato come previsto. Chi avrebbe pensato, allora, che un sistema finanziario considerato sinonimo di pace, prosperità e progresso avrebbe condotto il mondo sull’orlo del disastro? Chi avrebbe pensato che l’Europa potesse rischiare la disintegrazione, il fallimento, al termine di un dramma umanitario serio? Chi avrebbe pensato che la Kodak potesse finire in bancarotta e le Torri Gemelle sprofondare? Chi avrebbe immaginato che la Cina, nell’arco di una generazione, potesse superare gli Stati Uniti come prima potenza economica mondiale? Chi avrebbe detto che queste stesse potenze, e altre, potessero un giorno sottoscrivere insieme l’accordo sul clima a Parigi? Chi, infine, avrebbe mai pensato che il 52 per cento della popolazione britannica avrebbe scelto di tirarsi fuori dalla costruzione dell’Europa?

 

Tutte cose che sono poi accadute ed è per questo, dice Bedré, che bisogna ripensare il modello che ci ha guidati finora.“Se lasceremo che la finanza prosegua sulla strada che ci ha condotti alla crisi, servendo l’élite e nutrendo gli speculatori che ricavano profitti imbrigliando il potere di questa forza, allora possiamo essere certi che la discordia aumenterà – scrive Badré – La gente continuerà a sentirsi sempre più spogliata dei propri diritti. La recente ricomparsa del nazionalismo e del protezionismo subirà un’accelerazione e la disarmonia politica sarà inevitabile. Questa è una storia che non andrà a finire bene”.

 

Ma la sua è tutt’altro che una condanna senza appello. La finanza non è il nemico, per la semplice ragione che non è né buona né cattiva di per sé. E' una cieca forza meccanica che, quando imbocca la strada sbagliata (come nel caso della crisi dei mutui subprime), produce esiti rovinosi mentre, se controllata e gestita con responsabilità può avvantaggiare tutti, indirizzando l’umanità verso uno sviluppo sostenibile. Badré, con la sua esperienza poliedrica di funzionario pubblico, banchiere d’affari, direttore e regolatore della più importante banca per lo sviluppo multilaterale suggerisce di prendere in considerazione le nuove istituzioni che stanno nascendo, come la nuova Banca per lo sviluppo, la Banca asiatica d’investimento per le infrastrutture e il Fondo della Via della Seta per avviare forme di collaborazione pubblico-privato e costruire insieme una “riserva di progetti fattibili e che siano attraenti per gli investitori”.

 

Un intento che Macron sottoscrive in pieno quando dice che oltre all’ambiente, anche le sfide dell’innovazione e dello sviluppo possono essere affrontate grazie a un nuovo modello di cooperazione internazionale, “che incoraggi le istituzioni private a prendersi rischi in nome dell’interesse generale, a investire più massicciamente laddove le esigenze sono maggiori”. Per raggiungere questo obiettivo ci vogliono progetti innovativi e Badré ne propone alcuni, per contrastare i cambiamenti climatici per la sicurezza stradale, per la salute mondiale, per l’istruzione, per i profughi e le pandemie, partendo dagli obiettivi approvati dalle Nazioni unite nel settembre 2015, dove l’ex direttore della banca mondiale ha giocato un ruolo importante. E come riflette Gordon Brown nella sua prefazione, è forse giunto il momento di tornare a perorare la causa del multilateralismo. 

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