Una delle sedi della Commissione Ue a Bruxelles, quella di Berlaymont (foto Imagoeconomica)

Bruxelles può accelerare le sanzioni per la manovra gialloverde

Alberto Brambilla

Sarà difficile per l’Italia sovranista (e senza alleati) sfuggire alla dura reazione dell'Ue. Ecco cosa potrebbe succedere

Roma. Come previsto, il governo italiano ha sfidato la Commissione europea decidendo di non modificare il suo obiettivo di disavanzo del 2,4 in rapporto al pil e una previsione di crescita dell’1,5 per cento per il 2019, contro le previsioni delle maggiori organizzazioni economiche internazionali. Non riducendo il disavanzo l’Italia aumenterà il debito e non sarà ancora una volta conforme al Patto di stabilità e crescita, motivando la Commissione europea ad avviare una procedura sanzionatoria che potrà avere effetti già a cavallo tra questo e il prossimo anno. In passato Roma venne risparmiata dalla procedura per deficit eccessivo perché prometteva di rientrare col tempo. Invece il governo Lega-M5s ha programmato aumento del disavanzo per il 2019, mentre il precedente governo Gentiloni aveva preventivato un calo dello 0,8 per cento: uno scostamento che per la Commissione denota la volontà di non ridurre il debito che supererà il 130 per cento del pil nel prossimo triennio, oltre il doppio del limite del 60 per cento fissato dal Patto di stabilità e crescita. La deviazione dalle regole è considerata dalla Commissione “senza precedenti” e altrettanto inedita sarebbe la risposta di Bruxelles. La procedura per deviazione eccessiva e per violazione della regola del debito può avvenire solo sulla base di dati reali (non previsioni) e plausibilmente quelli a consuntivo del 2018 uscirebbero nell’estate 2019, dopo le elezioni europee.

 

I ricercatori del think tank Bruegel, gli economisti Gregory Claeys e Antoine Collin, hanno spiegato che questa volta la Commissione potrebbe scegliere un escamotage per accelerare il processo. Una recente lettera (18 ottobre) della Commissione europea al governo italiano suggerisce che la procedura potrebbe essere lanciata già quest’anno sulla base di una revisione della sua valutazione in merito al rispetto della regola del debito per il 2017 in cui aveva trovato il paese, all’epoca governato dall’esecutivo Gentiloni, non compliant, cioè non in linea, ma giustificato grazie ad “alcuni progressi nell’adottare e implementare riforme strutturali pro crescita”. Siccome il piano di finanza pubblica presentato nel 2018 non merita una simile giustificazione la procedura potrebbe essere quindi attivata retroattivamente con effetti rapidi se non quasi immediati.

 

Il processo sanzionatorio potrebbe partire da quando la Commissione darà la sua opinione sui documenti programmatici di bilancio dei paesi membri, il 21 novembre prossimo, invitando l’Italia a fornire un piano di azioni correttive, con le relative scadenze, per adempiere agli impegni assunti nell’ambito del Patto di stabilità e crescita. Si tratta di una procedura che potrebbe portare a una multa iniziale dello 0,2 per cento del pil che salirà allo 0,7 per cento se l’Italia rifiuterà di conformarsi, ovvero da circa 3,5 miliardi di euro fino a 9 miliardi. Alcuni osservatori hanno anche ipotizzato il congelamento dei fondi strutturali europei per il 2014-2020 (per la coesione, per lo sviluppo regionale, per l’agricoltura e per la pesca) pari a 73,6 miliardi di euro nel periodo. L’Italia è uno dei maggiori beneficiari.

 

Essere messi ai margini della comunità europea avrebbe presumibilmente effetti diretti sull’aumento del rischio paese, sulla Borsa e sul costo di rifinanziamento del debito pubblico, così come sul settore bancario nazionale che si avvia verso una probabile stretta creditizia in un contesto di decelerazione dell’economia (e della produzione industriale) che potrebbe sfociare in una recessione, come avverte il Fmi.

 

“A Bruxelles continuano a mandare letterine, ma se proveranno a mettere sanzioni contro il popolo italiano hanno capito male”, ha detto il vicepremier Matteo Salvini. In effetti sono in molti ad avere capito male. E’ diffusa la percezione che l’imposizione di sanzioni possa arrivare più in là nel 2019, anche se la procedura di infrazione per violazione della regola del debito dovesse essere lanciata a novembre. In realtà la Commissione può comminare una sanzione immediata se ritiene ci siano non conformità particolarmente gravi nel rispetto del Patto di stabilità e crescita. La decisione può essere adottata automaticamente dalla Commissione con una raccomandazione a meno che il Consiglio europeo non consideri di respingerla entro dieci giorni con un voto a maggioranza qualificata. L’Italia sovranista è però riuscita nella inedita impresa di inimicarsi praticamente tutti gli altri stati europei ed è improbabile che arrivi un soccorso da parte dei capi di stato e di governo.

 

“L’Italia rischia di diventare un successore del modello greco”, ha detto Hartwig Löger, ministro delle finanze austriaco, aggiungendo che se l’Italia “non rinvierà la propria manovra, Vienna è pronta a sostenere la procedura di infrazione della Commissione”. L’Austria di Sebastian Kurz, leader dei popolari dell’Oevp e cancelliere del governo di coalizione con la destra estrema, ha la presidenza di turno dell’Unione europea. Kurz in passato aveva già avvertito che “l’Italia dovrebbe essere chiara sul fatto che è un membro dell’Unione europea e noi abbiamo regole comuni: a ognuno di noi viene richiesto di rispettare le regole”. Vienna può dirlo perché punta ad azzerare il deficit nel 2019. Mentre Spagna, Francia, Portogallo puntano a ridurlo all’unisono. L’Olanda potrebbe seguire la linea austriaca e votare a favore di una procedura d’infrazione contro l’Italia. Il ministro delle Finanze olandese, Wopke Hoekstra, ha detto ieri all’emittente Rtl Z: “Non siamo ancora a quel punto, ma è un’opzione. Spero che l’Italia decida di ascoltare cosa chiede la Commissione. Ma potrebbe anche non accadere. Il bilancio va aggiustato”. E’ difficile trovare una scappatoia per l’Italia deviante rispetto agli altri paesi membri e soprattutto completamente isolata.

 

E’ perciò possibile che la Commissione decida di lanciare una procedura di infrazione verso l’Italia sulla base dei dati dell’anno scorso con il risultato di segregare finanze pubbliche, tramite multe, e di impedire l’erogazione di finanziamenti europei. Sarebbe la prima volta nella storia della comunità europea in cui un paese membro viene messo con le spalle al muro. Se la Commissione decida o meno di andare fino in fondo, e su come decida di comunicare queste decisioni, è una questione aperta. Resta poi da vedere se, mentre si avvicinano le elezioni europee a maggio dell’anno prossimo, anziché limitare i danni prodotti dal primo governo populista d’Europa Bruxelles non fornisca ulteriore carburante alla propaganda sovranista e anti europea finendo per aumentare il consenso della Lega in particolare.

  • Alberto Brambilla
  • Nato a Milano il 27 settembre 1985, ha iniziato a scrivere vent'anni dopo durante gli studi di Scienze politiche. Smettere è impensabile. Una parentesi di libri, arte e politica locale con i primi post online. Poi, la passione per l'economia e gli intrecci - non sempre scontati - con la società, al limite della "freak economy". Prima di diventare praticante al Foglio nell'autunno 2012, dopo una collaborazione durata due anni, ha lavorato con Class Cnbc, Il Riformista, l'Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (ISPI) e il settimanale d'inchiesta L'Espresso. Ha vinto il premio giornalistico State Street Institutional Press Awards 2013 come giornalista dell'anno nella categoria "giovani talenti" con un'inchiesta sul Monte dei Paschi di Siena.