Un ragazzo dello staff di Didi Kuaidi spiega come ususfruire del servizio (foto LaPresse)

Che cos'è Didi, l'Uber cinese su cui Apple investirà 1 miliardo

Giancarlo Salemi

E' la società che vuole fare concorrenza agli autisti-con-app. In America, ma con lo yuan. Perché Cupertino ha deciso di puntare sulla società cinese di prenotazione di taxi numero uno nel paese.

Apple investirà 1 miliardo di dollari nella società cinese di prenotazione di taxi Didi Chuxing, numero uno nel paese, e grande concorrente di Uber. La società offre servizi alternativi ai taxi tradizionali in tutto simili a quelli del pioniere statunitense.  Questo finanziamento, ottenuto in occasione di una grande raccolta di fondi, è "l'investimento singolo più grande" mai ricevuto da Didi, e ha reso il gruppo californiano uno dei suoi investitori "strategici", ha spiegato il gruppo cinese in una nota. Sul Foglio del 21 aprile avevamo raccontato che cos'è Didi. Ecco l'articolo di Giancarlo Salemi.


Roma. I cinesi all’assalto di Uber. Didi Kuaidi, società di Pechino da 25 miliardi di dollari di fatturato che fornisce un servizio di trasporto automobilistico privato attraverso una propria applicazione con smartphone in circa 400 città del Celeste impero, ha deciso di lanciare una guerra commerciale al colosso statunitense di car sharing. E lo fa proprio nella tana del lupo, negli Stati Uniti, alleandosi con un driver locale, Lyft di San Francisco che attualmente è attiva a Boston, Washington, New York, Los Angeles, Miami, Chicago, Atlanta e, grazie alla liquidità cinese, è pronta a offrire il servizio anche a San Diego, Philadelphia, Denver, San Jose, Seattle e Newark. L’idea di Cheng Wei, giovane amministratore delegato di Didi, è semplice: replicare il modello di business di Uber e offrirlo ai cinesi in vacanza o in affari in America. Con il vantaggio però di usare la piattaforma cinese e, quindi, utilizzare la stessa applicazione che un abitante di Pechino consulta già nella sua terra.

 

Niente download, niente nuovi account, password e registrazioni o problemi legati al pagamento. Il cinese in viaggio a New York appena uscito dall’aeroporto potrà servirsi di Didi pagando direttamente in yuan e usufruendo dei servizi di Lyft che hanno un prezzo più contenuto rispetto a quelli offerti da Uber. Uno scacco al Re che metterà a dura prova la compagnia statunitense che nel settore detiene una sorta di monopolio. L’attacco dei cinesi non è casuale ma è stato pensato in grande. Cheng Wei, per la rivista Forbes uno dei magnati più influenti della nuova Cina, ha infatti deciso di creare una “santa alleanza” del trasporto anche in India coinvolgendo nei suoi piani la compagnia Ola Cabs e a Singapore con Grab Taxi. “Vogliamo raggiungere i venti milioni di passeggeri e possiamo farlo se uniamo le forze. Siamo l’anti-Uber, offriamo più servizi e a prezzi più contenuti”, ha detto il numero uno di Didi. Per questo ha messo sul piatto un investimento iniziale di oltre 1 miliardo e mezzo di dollari con un break even anche piuttosto rapido: entro due anni avranno tolto a Uber almeno il 20 per cento del mercato negli Stati Uniti e, se il modello delle alleanze commerciali funzionasse a pieno regime, come quello che avviene nei cieli con i vari Sky Team, Uber potrebbe perdere fino a un terzo del mercato che ha conquistato in questi anni con la sua forte politica di invasione in settori asfittici come quello dei taxi.

 


Didi Kuaidi, ovvero l'anti-Uber (foto LaPresse)


 

“Per internazionalizzarsi ci sono due modelli di sviluppo”, ha spiegato il manager con un passato decennale nell’e-commerce di Alibaba il più grande portate di commercio elettronico asiatico “o portare il proprio brand fuori dai confini nazionali o allearsi con chi già opera nei paesi superando così anche i problemi legati ad autorizzazioni locali e piani regolatori”. E i cinesi hanno scelto il modello di business delle alleanze. Perché se per un cinese Didi è un brand conosciuto e amato in patria, difficilmente un americano potrebbe sceglierlo, non essendo un marchio familiare. Alla base ci sono anche i dati del traffico dei turisti cinesi. Erano 109 milioni quelli considerati ricchi nel 2014 e sono destinati a raddoppiare nell’arco del prossimo quinquennio anche a fronte del rallentamento economico di Pechino. E non è un caso che gli Stati Uniti sono una delle mete preferite: Hollywood e i parchi a tema, come Disneyland e gli Universal Studios ma anche shopping mall e outlet attirano milioni di turisti cinesi che spendono in media oltre 5 mila euro pro capite.

 

Da Uber, che ha raggiunto un fatturato lordo lo scorso anno di oltre 10 miliardi di dollari e ha appena lanciato il proprio servizio in Uruguay e Argentina, per ora nessuna risposta. Bisognerà vedere se i cinesi fanno davvero sul serio. “Saremo come la goccia cinese – dicono da Didi – Piano piano romperemo il guscio di Uber”. Sarà. Di certo più player potrebbero far comodo sia sulla qualità che sull’offerta dei servizi. Quella concorrenza che dai noi purtroppo è solo un miraggio. Ma questa è tutta un’altra storia.

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