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L’austerità di Tsipras è ostaggio degli irriducibili di Syriza

David Carretta
Convincere il “partito dei creditori” non basta. Sarà dura persuadere i compagni a tradire i piani elettorali.
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Bruxelles. Anche se riuscisse a convincere la cancelliera tedesca Angela Merkel e gli altri creditori europei che è abbastanza austero da meritare i 7,2 miliardi che restano nel programma di assistenza per la Grecia, prima di vedere arrivare gli aiuti necessari a evitare il default, il primo ministro Alexis Tsipras avrà davanti a sé un compito molto più difficile: persuadere Syriza a votare riforme e misure di bilancio che contraddicono il programma economico di Salonicco e il mandato elettorale ricevuto il 25 gennaio.

 

Ieri sono ripresi i colloqui tra Atene e il Brussels Group (com’è stata ribattezzata l’ex Troika) in un clima rasserenato dal rimpasto nella squadra di negoziatori greci, con l’esclusione della cerchia ristretta del ministro delle Finanze, Yanis Varoufakis. Il governo Tsipras ha messo sul tavolo un progetto di legge che include le misure presentate già due mesi fa, come la lotta all’evasione fiscale e una riforma della pubblica amministrazione. Altro dovrebbe arrivare da Atene nei prossimi giorni. Il governo Tsipras sarebbe pronto a privatizzare i porti del Pireo e di Salonicco e a compiere qualche aggiustamento sulle pensioni. L’obiettivo del premier greco è arrivare a un accordo tecnico entro domenica, nella speranza di ricevere almeno una tranche di qualche centinaio di milioni prima del 12 maggio, data entro la quale la Grecia deve rimborsare quasi un miliardo di euro al Fondo monetario internazionale (Fmi). Funzionari del Fmi ieri hanno spiegato di essere “incapaci” di quantificare la liquidità nelle casse di Atene confidando però che verranno rimborsate le prossime imminenti rate dei prestiti ricevuti, oltre ad escludere un’uscita della Grecia dall’Eurozona.

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“I negoziati si concluderanno con un successo”, ha detto Varoufakis. Ma il suo ottimismo appare prematuro. Il presidente dell’Eurogruppo, Jeroen Dijsselbloem, ha evocato un “piano B” in caso di fallimento. Fonti del governo hanno detto di volere “un accordo senza i crimini del passato”. Tsipras non intende “cedere sulle linee rosse”. E sono le stesse linee rosse che i creditori europei si sono fissati: riforma del mercato del lavoro, abolizione delle esenzioni Iva per le isole e aumento dell’età pensionabile. “Servono concessioni maggiori da parte dei greci sulla sostanza”, spiega una fonte europea. Lo scenario più ottimista che viene immaginato dentro l’Eurogruppo, inoltre, è di più lungo periodo rispetto all’urgenza dei greci. La prossima settimana Atene dovrebbe inviare un’altra lista, questa volta completa, che includa almeno due riforme maggiori (pensioni, lavoro o Iva). All’Eurogruppo dell’11 maggio, i ministri delle Finanze dovrebbero adottare una dichiarazione di principio su un accordo in vista per consentire alla Banca centrale europea di alzare il tetto di titoli pubblici che le banche greche possono comprare. Ma prima di sborsare i 7,2 miliardi – a rate o nella totalità – l’Eurogruppo vuole che la Grecia inizi a attuare le riforme promesse: entro il 30 maggio, il parlamento di Atene dovrebbe approvare le misure della lista definitiva concordata con i creditori. E l’esito è lungi dall’essere scontato.

 

Più che nella “trappola dell’austerità” (come la definisce Varoufakis), Tsipras è incastrato nella trappola di chiunque stia al governo in una condizione di sovranità limitata dall’assenza di autonomia finanziaria: i creditori e l’opinione pubblica gli chiede di essere pragmatico (i tassi di popolarità sono in calo a causa dello scontro con i creditori e le prospettive di un default), ma buona parte del suo partito vuole che sia radicale fino in fondo.

 

[**Video_box_2**]Il Parlamento mercoledì ha votato una legge per ricostituire la televisione pubblica Ert, che era stata chiusa dal precedente governo nel 2013, perché diventata simbolo di sprechi e clientelismo: 1.550 dipendenti saranno così riassunti, con un costo complessivo di 60 milioni. E’ sintomo del fatto che l’attuale maggioranza – Syriza e i populisti di destra dei Greci Indipendenti – non è pronta a compromettere le promesse elettorali con le esigenze poste dai creditori. “Syriza non accetterà un accordo che sia incompatibile con i suoi impegni radicali”, ha scritto il ministro dell’Energia, Panagiotis Lafazanis, in un articolo per il magazine Crash: “La Grecia sarà in grado di rimettersi” da un’uscita dall’euro. Lafazanis non rappresenta tutta Syriza, ma almeno un terzo del partito di Tsipras è dietro di lui. La sua appare un’ideologia rivoluzionaria, anti-liberale e anti-occidentale, con una dose di nazionalismo, incompatibile con i valori e le regole dell’Unione europea. “L’Europa germanica neoliberale e monetarista e una zona euro che ha un’architettura dogmatica costruita per le lobby del nord non hanno futuro”, spiega Lafazanis. Meglio uscire dall’euro, ma anche fuori dalla Nato. “La Grecia di Syriza smetterà di essere una pedina americano-atlantica, una colonia tedesca o uno stato satellite dell’asse americano-israeliano in medio oriente”, sostiene Lafazanis.

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Le relazioni con gli Stati Uniti potrebbero ulteriormente incrinarsi con la probabile liberazione di alcuni terroristi dell’Organizzazione “17 Novembre”, condannati per l’omicidio di civili e soldati americani, dopo che il Parlamento ha approvato una legge svuota carceri. In linea teorica la rottura con la zona euro potrebbe invece realizzarsi nei prossimi dieci giorni, se Tsipras non metterà a tacere – o neutralizzerà – i molti Lafazanis che occupano posti nel governo e in Parlamento. Il premier greco ha bisogno di “un game changer”, scriveva appunto il 30 marzo l’opinionista di Reuters Hugo Dixon. E tale svolta radicale per Tsipras “dovrebbe essere una rottura, ma con la sinistra di Syriza, non con i suoi creditori”.

 

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L’alternativa, altrimenti, è il default o il referendum che Tsipras evoca per sottoscrivere un accordo austero. “Non ho il mandato” per accettare una “soluzione che ricada fuori dal nostro mandato” elettorale, ha spiegato Tsipras lunedì: “Dovrà essere approvata dal popolo greco”.

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