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Di cosa parlare stasera a cena

La metamorfosi del M5s, che sembra trasformismo ma non lo è

Giuseppe De Filippi

Idee e spunti per sapere cosa succede in Italia e nel mondo selezionati per voi da Giuseppe De Filippi

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Proposta per le chiacchiere a cena: più che trasformismo (che è già un’arte politica e prevede, perciò, che si stia nel campo della politica) quello condotto dai 5 stelle è un lento ruminare, certamente opportunistico, di tesi e visioni altrui. Si parte dalla loro tabula rasa anti-politica e via via si impara qualcosa, si copia qualcos’altro, si imitano comportamenti e tecniche di trattativa. Piano piano qualcosa viene inglobato, oppure respinto. Perché quando hanno fatto il loro giro con Matteo Salvini si sono cimentati nell’imitazione del sovranismo e del più becero qualunquismo, che comunque erano lì a portata di mano, come soluzioni facili e come parenti stretti della loro obiezione originario all’idea stessa di confronto politico e di dibattito plurale. Poi le cose un po’ procedono da sole e un po’ ci ha messo Salvini, col suo tentativo di avere l’esclusiva di tutta quella robaccia (il sovranismo è mio, vado al Papeete, faccio le elezioni e caccio questi imitatori grillini). Progetto saltato e, cosa interessante, già lievemente incrinato proprio con il voto per Ursula von der Leyen, che è precedente, anche se di poco, all’agosto che sconvolse i gialloverdi. Lo sviluppo cronologico dei fatti potrebbe far pensare che qualche fremito di distacco dal sovranismo salviniano fosse già presente e comunque il voto al parlamento europeo è stato coraggioso e denso di conseguenze politiche. Da allora i grillini si sono iscritti a un altro corso, quello in “europeismo, nozioni base di socialdemocrazia, cenni di liberalismo” (alcuni ex Pci, non tutti, invece quel corso l’hanno rifiutato, pensando, con un po’ di prosopopea, di sapersela cavare da autodidatti). Tra i 5 stelle ci sono studenti seri e anche qualche asino. Ma non fa niente. Perché le cose un po’ si sono smosse. Non sono trasformisti, sono delle Sabrina, delle Eliza Doolittle, e cercano di imparare. Prendere voti, poi, dopo questa operazione di maieutica sarà un altro discorso e non è questione di oggi.

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Proposta per le chiacchiere a cena: più che trasformismo (che è già un’arte politica e prevede, perciò, che si stia nel campo della politica) quello condotto dai 5 stelle è un lento ruminare, certamente opportunistico, di tesi e visioni altrui. Si parte dalla loro tabula rasa anti-politica e via via si impara qualcosa, si copia qualcos’altro, si imitano comportamenti e tecniche di trattativa. Piano piano qualcosa viene inglobato, oppure respinto. Perché quando hanno fatto il loro giro con Matteo Salvini si sono cimentati nell’imitazione del sovranismo e del più becero qualunquismo, che comunque erano lì a portata di mano, come soluzioni facili e come parenti stretti della loro obiezione originario all’idea stessa di confronto politico e di dibattito plurale. Poi le cose un po’ procedono da sole e un po’ ci ha messo Salvini, col suo tentativo di avere l’esclusiva di tutta quella robaccia (il sovranismo è mio, vado al Papeete, faccio le elezioni e caccio questi imitatori grillini). Progetto saltato e, cosa interessante, già lievemente incrinato proprio con il voto per Ursula von der Leyen, che è precedente, anche se di poco, all’agosto che sconvolse i gialloverdi. Lo sviluppo cronologico dei fatti potrebbe far pensare che qualche fremito di distacco dal sovranismo salviniano fosse già presente e comunque il voto al parlamento europeo è stato coraggioso e denso di conseguenze politiche. Da allora i grillini si sono iscritti a un altro corso, quello in “europeismo, nozioni base di socialdemocrazia, cenni di liberalismo” (alcuni ex Pci, non tutti, invece quel corso l’hanno rifiutato, pensando, con un po’ di prosopopea, di sapersela cavare da autodidatti). Tra i 5 stelle ci sono studenti seri e anche qualche asino. Ma non fa niente. Perché le cose un po’ si sono smosse. Non sono trasformisti, sono delle Sabrina, delle Eliza Doolittle, e cercano di imparare. Prendere voti, poi, dopo questa operazione di maieutica sarà un altro discorso e non è questione di oggi.

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Adesso, lo sappiamo bene nelle nostre cene (e nei pranzi fuori nuovamente possibili nelle regioni gialle), si tratta di chiudere questo benedetto accordo per governare fino al 2023. Ma l’operazione Sabrina qualche effetto lo ha anche per trovare questa intesa. Perché accanto alle motivazioni becere (lo stipendio, la certezza di non rientrare) contro il voto, da parte 5 stelle ce ne sono anche di un po’ più interessanti e politicamente fondate. Per quelli tra loro che hanno seguito con un po’ di profitto il corso di cui sopra si tratta di provare a consolidare un po’ la nuova posizione politica, per farne poi qualcosa di utile quando, prima o poi, le elezioni arriveranno. La via europea potrebbe dare qualcosa in più anche alla prospettiva più probabile attualmente per i 5 stelle, che è quella del partitone assistenziale a vocazione centro-meridionale. Il recovery plan messo davvero in funzione dà la possibilità, stando al governo, di creare un consenso nuovo, di aprire spazi politici ed elettorali in un mondo che potremmo chiamare ex populista. Insomma, i grillini non stanno lì troppo a impuntarsi e fare i duri. E chissà se, assieme al Pd, reggeranno anche alle nuove richieste di Iv, portate al tavolo delle trattative con un tono aggressivo. Matteo Renzi vuole il programma di governo concordato e sottoscritto già in questa fase e una bicamerale per avviare (si potrebbe anche leggere: affondare) le riforme costituzionali, coinvolgendo tutte le forze politiche. È un modo, tra l’altro, per togliere forza al completamento delle riforme avviato con il referendum, al quale, però (e lo ha lamentato più volte anche il Pd) non si stava lavorando. E forse, con tutti i dubbi su una bicamerale avviata ora, l’idea potrebbe anche essere accolta, con l’effetto di lasciare Renzi senza più colpi a effetto a disposizione. Con l’accordo e con il Conte ter (per ora unico esisto possibile) potrebbero cambiare alcuni ministri, in un numero che sia non troppo piccolo, perché suonerebbe come una beffa dopo tutte queste fibrillazioni, né troppo grande, per mantenere un tratto di continuità.

 

Le tre "cose" principali

#1

Il colpo di stato non permanente ma immanente, ovvero la situazione dal 2008 (con la costituzione approvata e sostanzialmente scritta dai militari) del Myanmar, la ex Birmania, dove l’esercito può, in qualunque momento, intervenire per sospendere i diritti civili e politici e prendere il controllo del governo. Il trucchetto è stato banale: i militari hanno indicato nei brogli e in elezioni non corrette la ragione del loro intervento. Insomma, RIGGED ELECTIONS, I WON BY A LOT, RECOUNT, STOP THE STEAL, e tutta una serie di trumpismi, seguiti poi non da un assalto grave ma anche folkloristico, ma dai carrarmati e dalle camionette militari per strada e dagli arresti degli esponenti più in vista del partito che aveva democraticamente vinto le elezioni, a partire dal Aung San Soo Kyi. Ci sono prese di posizione, a partire dagli Usa, in difesa del governo che avrebbe dovuto insediarsi domani e del processo democratico, ma le possibilità di reali influenze dall’esterno in favore della democrazia sono molto ridotte

 

#2

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Squadre che si formano in velocità, tra big della produzione e specializzati nella ricerca vaccinale, succede da ultimo con l’annuncio di avvio produzione e distribuzione da parte di Bayer del vaccino Curevac per il covid. Per la Germania e per l’Europa è anche una questione politicamente molto rilevante. L’accordo di oggi ha tra i promotori, e firmatari, il presidente del NordRhein Westfalen, Armin laschet, da poco anche segretario nazionale della Cdu e pronto a guidare il partito in due importanti competizioni locali a brevissimo e soprattutto verso le prossime politiche in cui sarà candidato alla guida del governo in sostituzione di Angela Merkel. La spinta alla produzione di vaccini in territorio tedesco diventa la risposta alle lamentele che stanno montando da giorni in Germania. Bild picchia forte su ritardi e inefficienze e si parla di rimpallo delle colpe tra governo, laender e commissione europea (guidata dalla tedesca e democristiana Ursula von der Leyen e perciò inserita in pieno nel polemico dibattito nazionale). La presidente può invece ascrivere a suo merito il nuovo accordo con Pfizer grazie al quale arriveranno altri 75 milioni di dosi per l’Ue. Mentre la nostra autorità nazionale del farmaco dice che la copertura vaccinale non esime dal rispetto delle regole di prudenza e di protezione degli altri, anche a causa dei nuovi rischi portati dalle varianti

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#3

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Nel mercato del lavoro continua la distruzione di impieghi nel settore autonomo e nei servizi. È una ovvia e diretta conseguenza della pandemia. Due le questioni aperte. La prima riguarda i sussidi e la loro efficienza. Sono innovativi per chi non è dipendente, con qualche somiglianza con la cassa integrazione. La seconda ha a che fare col futuro. Perché diventa necessario trovare i metodi più veloci possibili per far rientrare in attività gli addetti al commercio e ai servizi che si sono trovati senza sbocco nei mesi dei lockdown. Già il passaggio al giallo di molte regioni più consentire una prima prova per capire con quale rapidità si possono recuperare le posizioni lavorative. Ma servono anche idee nuove, forme di incentivazione per i datori di lavoro e di sostegno per chi lavora in proprio e serve una concreta, rilevante, spinta fiscale per gli autonomi, almeno per il 2021 e il 2022, come forma di compensazione successiva alla crisi sanitaria e come stimolo per ripartire

 

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