Dall'archivio

Ferragosto agli arresti con Lino Jannuzzi

Camillo Langone

Diarietto cilentano di una due giorni col senatore più libero del mondo. Un ritratto

Questo articolo è stato pubblicato sul Foglio del 17 agosto 2004


   

Gli arresti domiciliari senatoriali cominciano alle 19 e alle 19 arrivo a villa Jannuzzi dopo avere attraversato l’intero Cilento, da Agropoli fin quasi a Sapri (con tappa a Vallo della Lucania, cittadina che ha partorito l’avvocato Lucibello di dipietresca memoria e la cui edilizia recente sembra ispirata agli stessi criteri estetici con cui Lucibello sceglieva le cravatte). Gli arresti domiciliari senatoriali cominciano alle 19 e alle 19 Lino Jannuzzi confeziona il primo gin tonic della serata, con tanto di agrume che lui chiama lime e io, patriotticamente, limetta. Non sto facendo la spia, il senatore ancorché agli arresti può bere quanto e quando gli pare, sia prima che dopo le 19. La notizia uscita sui giornali che un arrestato ancorché senatore non può bere alcolici è pertanto una notizia imprecisa. I cronisti non si sono presi la briga di venire fin qui a Scario, Cilento, e hanno basato i loro articoli sui moduli standard che disciplinano gli arresti domiciliari. Ma Jannuzzi è senatore, e un senatore specialissimo siccome esponente del Consiglio d’Europa oltre che unico membro del Senato della Repubblica ma anche del Regno a essere stato rieletto 33 anni dopo la prima volta: ha perciò meritato un’ordinanza cucita su misura che gli consente di bere e anche di fumare, naturalmente non cannabis ma tabacco, nella fattispecie Montecristo numero 5 (alle 19, perché alle 22 si passerà ai più voluminosi numero 2).

Villa Jannuzzi rigurgita di sigari cubani, c’è un bellissimo mobile bar strappato a un defunto transatlantico pieno zeppo di liquori e di avana. Scatole di sigari d’annata, ormai solo scenografiche, e scatole freschissime regalate dagli amici in occasione dei presenti arresti. I Montecristo numero 2, in particolare, tirano perfettamente, sembrano appena arrotolati fra le cosce di una sigaraia cubana. Dice Jannuzzi che è merito del mare, del caldo umido della costa cilentana. La villa è costruita sugli scogli: l’anno della grande libecciata, quando gli aliscafi si rovesciarono in porto a Mergellina, il mare entrò in casa. Oggi il golfo di Policastro è calmo, se non fosse per le scie delle barche che fanno la spola tra il porticciolo di Scario (“Porto Jannuzzi, lo feci costruire durante la mia prima legislatura”) e le spiaggie verso capo Palinuro che sono raggiungibili solo via mare. E’ stata la cattiva viabilità a salvare la costa cilentana, se avessero fatto la strada litoranea ecco che lo stile Lucibello si sarebbe spalmato da Agropoli a Sapri senza soluzione di continuità. Anche a Scario hanno costruito, però meno che a Vallo. C’è il grazioso rione sant’Anna, due case sul mare intorno a una chiesetta, e una piazza principale che in qualche modo ricorda Ischia Ponte, il paese che più di tutti somiglia a un presepe napoletano. Il problema come al solito sono i pastori. Non gli indigeni bensì i turisti, di livello non eccelso e perciò napoletani. Nell’albergo a quattro stelle che costa 190 euro 190 a notte ti avvisano subito che il frigobar c’è ma è vuoto.

“Se ha bisogno di qualcosa glielo mandiamo in camera”. Hanno una clientela di mariuoli, nel miglior albergo della zona, e allora il computer portatile sarà meglio che passi il ferragosto a villa Jannuzzi. Nel miglior albergo della zona il regolamento prevede che si paghi il conto il giorno precedente la partenza, che la colazione venga servita entro le 9 e 30 e che la camera venga lasciata entro le 10. Per domani ho prenotato a Maratea. Fra Scario e Maratea ci sono Policastro e Sapri: a Sapri è sbarcato Pisacane, a Policastro ha preso casa il senatore Contestabile. Policastro può sembrare bella solo a mamma sua ma offre un motivo di interesse erudito: qui, e non a Cosenza, sarebbe morto il re barbaro Alarico. L’errore è stato eternato da Giosuè Carducci che tradusse Buxentius con Busento (fiume calabrese) anziché con Bussento (fiume cilentano). Bisogna che storici e poeti meno superficiali facciano chiarezza e che al Cilento sia dato ciò che al Cilento spetta (alla Calabria non spetta niente, mai). Il senatore Contestabile stasera è a cena da Jannuzzi per festeggiare il compleanno e parla di questa come di altre questioni boccaccesco-legal-meridionali quali la morte di Isabella di Morra e della moglie di Gesualdo principe di Venosa, gran madrigalista e pure grande uxoricida.

Ho un piccolo brivido quando mi viene in mente che in una cena del 1904, a palazzo Filomarino o altrove, Benedetto Croce e i suoi ospiti avranno parlato degli stessissimi argomenti. Stasera ci si può illudere che un secolo sia passato invano, che i giovani e i vecchi, i vivi e i morti, possano ritrovarsi intorno agli stessi nomi, intorno agli stessi bicchieri, in un tempo sospeso e infinitamente disponibile. Si beve da una magnum di Dom Perignon millesimato, riserva Villa Jannuzzi, perché il senatore arrestato accusa il senatore a piede libero di essersi presentato con uno champagne di marca esecrabile, comprato in qualche discount forse perfino di Sapri. Poi si passa all’Aglianico del Vulture azienda D’Angelo, più compatibile con le splendide braciole ripiene di pinoli, quindi al calvados che accompagna l’accensione dei grandi Montecristo. Sotto la terrazza lo sciabordìo dell’onda. Davanti alla terrazza il grande golfo: sulla sinistra le luci di Policastro, al centro quelle di Maratea, sulla destra, laggiù in fondo, il tremolìo dei pochi lampioni non ancora presi a sassate della Calabria oscura, là dove noi cilentani e lucani sappiamo solo esservi i leoni.

 

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  • Camillo Langone
  • Vive tra Parma e Trani. Scrive sui giornali e pubblica libri: l'ultimo è "La ragazza immortale" (La nave di Teseo).