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cosa tramandare ai posteri

Restaurare un'opera di Banksy è un gesto di riguardo per il nostro presente

Claudio Sagliocco

Noncurante dell'etica della strada, il sottosegretario alla Cultura Sgarbi ha deciso di salvare il murales realizzato a Venezia in Laguna, caldeggiando il restauro. Un piccolo bambino naufrago con una torcia in mano potrebbe raccontare molto dei nostri tempi, tra migrazioni e cambiamenti climatici

Ogni società sceglie cosa tramandare ai posteri come testimonianza della propria epoca. Non tutto può essere custodito e ricordato, occorre fare una cernita, una selezione, per non finire come il “Funes” di Borges, che ricordava ogni cosa ed era perciò un perfetto idiota. E’ esistita un’epoca in cui si poteva addirittura distruggere la millenaria basilica costantiniana per costruirne una nuova secondo il gusto moderno, ma oggi ci appare impensabile non salvaguardare ogni manufatto del nostro passato, fosse anche una patera, un capitello o una moneta antica. Come comportarsi però con le opere d’arte contemporanea che hanno in sé una natura effimera, transeunte?

 

Impossibile salvare dall’azione del tempo i giganti realizzati per sottrazione sui muraglioni del Tevere da William Kentridge nel 2016, opera volutamente creata per sparire nell’arco di pochi anni.
I murales di Banksy sono fatti per restare nel tempo? Si direbbe di no, dal momento che sono realizzati con stencil e bombolette su muri pubblici soggetti agli agenti atmosferici. Le opere di Street Art sono per natura predisposte all’obsolescenza programmata, così i puristi vorrebbero che il Migrant Child realizzato da Banksy a Venezia nel maggio del 2019 fosse lasciato là, a deteriorarsi sotto l’acqua e l’umidità (gutta cavat lapidem, a discapito di quanto si vociferi). Noncurante di questa etica della strada, il sottosegretario alla Cultura, Vittorio Sgarbi, ha deciso di salvare il Banksy in Laguna, caldeggiando il restauro che sarà finanziato da Ifis Banca. Un’operazione ineccepibile: Banksy è forse l’artista più celebre al mondo ad oggi (sarebbe più corretto definirlo un ‘artivista’, forse), e riconoscere in quel murales un’opera di valore vuol dire doverla necessariamente tutelare. Un’opera che ha un’importanza culturale e sociale per la collettività (ed economica, a giudicare dall’asta-boutade del quadro autodistrutto da 19 milioni) va messa in condizione di resistere al tempo per essere tramandata. Inutile polemizzare su questo assunto.

 

Interessante invece riflettere sulla necessità imminente di un restauro a un’opera di appena quattro anni, mentre gli uri di Lascaux sono ancora illibati dopo più di 17.000 anni. La maggior parte dei materiali e delle tecniche utilizzate nell’arte contemporanea sono effimeri o poco durevoli – quando sono materici e non esperienziali – destinati a deteriorarsi in poco tempo. Murales che dopo una manciata di primavere si crepano e cadono a pezzi e installazioni fragilissime, per non dire delle banane ingerite e di pire di vestiti che prendono fuoco. Si direbbe che l’arte contemporanea sia effimera per sua natura, o perché specchio di una società che fagocita tutto per poi dimenticare ogni cosa. L’antitesi di quel personaggio borgesiano. Difficile immaginare cosa saremo in grado di tramandare alle prossime generazioni, se la maggior parte di ciò che gli artisti oggi creano tende a svanire nel giro di pochi lustri al massimo.

Un piccolo bambino naufrago con una torcia di segnalazione in mano potrebbe raccontare molto del nostro presente, dei cambiamenti climatici e delle migrazioni, se solo fosse salvato dalla salsedine, come si fece nell’Ottocento con gli ultimi affreschi superstiti di Giorgione e Tiziano strappati dal Fondaco dei Tedeschi e musealizzati. Tra qualche secolo, se Venezia non sarà totalmente sommersa dalle acque, un turista potrebbe fotografare il bambino banksiano affianco alla Giustizia di Tiziano alla Ca’ d’Oro, un bell’auspicio, anche simbolicamente.

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