Una scena di Berlin Calling, film del 2008 diretto da Hannes Stöhr 

Podiocast, i cinque podcast da non perdere a ottobre 2023

Enrico Cicchetti

La vita e le due morti di Paolo Nori e un podcast nascosto in solaio. Una scomparsa che ci parla di salute mentale e un vestito che ci parla di noi. E poi un ripescaggio estivo, di attualità e Africa. Una classifica delle migliori "cose da ascoltare" uscite da poco

Ogni anno, da cinque anni a questa parte, Ipsos realizza un'indagine sul rapporto degli italiani con i podcast. Il report di quest'anno si intitola "I podcast sono qui per restare" e già questo rende l'idea della situazione: i podcast fanno parte ormai della dieta mediatica di una bella fetta di cittadini del nostro paese. Ecco alcuni numeri che illustrano il fenomeno e alcuni punti salienti della ricerca: in Italia 11,9 milioni di persone ascoltano podcast su base mensile (l'audience continua ad aumentare: l'anno scorso erano 11,1 milioni, nel 2021 erano 9,3 milioni e 8,5 milioni nel 2020). Si tratta del 39 per cento degli utenti internet tra i 16 e i 60 anni. L'ascolto passa prevalentemente per lo smartphone (75 per cento). Il 57 per cento degli utenti dichiara di ascoltare podcast per l’intera durata e il 78 per cento ascolta serie podcast, nella maggioranza dei casi (43 per cento) nella loro interezza. Gli ascoltatori sono più giovani della media, istruiti e con un livello professionale elevato. Sono, dice il report, "esplorativi rispetto alle tecnologie, proiettati verso prodotti/servizi premium, sensibili alle raccomandazioni degli artisti che seguono, sono influencer nel gruppo di pari quando si parla di intrattenimento". In pratica cercano consigli d'ascolto e sono propensi a darne a chi li circonda. Una buona notizia anche per il nostro Podiocast. C'è poi l'altra faccia della medaglia: il profilo dell'ascoltatore di podcast è un po' sempre lo stesso e resta ancora un gran numero di orecchie da raggiungere. Un fenomeno già evidenziato anche da Pablo Trincia che, parlando con il Foglio, lo sintetizzava così: “Il podcast è ancora solo un prodotto urbano e nelle campagne non è ancora arrivato". 
    

     


    

Due volte che sono morto

di Paolo Nori in collaborazione con Silvia Righini

Dove ascoltarlo

Paolo Nori è morto due volte. Anzi no. Nel 1999 e nel 2013 si è diffusa, per qualche settimana, la voce che fosse morto. La prima volta lo conosceva pochissima gente, aveva appena pubblicato il primo romanzo, quando, una notte, ha fatto un incidente in macchina, una Due cavalli, che ha preso fuoco. Lui è rimasto imprigionato nell'abitacolo e si è ustionato il 30 per cento del corpo. Se tre uomini non lo avessero estratto in tempo, sarebbe morto davvero. L'altra volta era a Bologna: attraversava la strada fuori dalle strisce, un motorino lo ha investito e lui è caduto, ha battuto la testa: trauma cranico, tre giorni in coma farmacologico. Dopo quattro giorni un'agenzia di stampa ha diffuso la notizia che era tra la vita e la morte. Lui dei due gravi incidenti non ricorda molto. Così, in questa serie di Chora Media per Rai Play Sound che è il suo esordio nel mondo del podcast, cerca i testimoni, i soccorritori, gli amici, i parenti e tutti coloro che erano vigili allora per farsi raccontare i fatti e le loro emozioni di quei momenti. C'è Mark Twain e c'è il fratello Emilio, c'è Luca Bottura e c'è Matteo Caccia. Un po' ballata tra la via Emilia e il West (a partire dal riff di chitarra iniziale), un po' indagine tragicomica sul mistero della propria non-morte. Quindi della propria vita. Un po' biografia, narcisa e tenera e persino cinica. A tratti ci si perde nella cantilena parmigiana, un filo soporifera per chi è abituato a sound design più invasivi. E però ogni mese c'è un podcast di cui tutti parlano. A settembre era "Dove nessuno guarda", ora - almeno nella mia bolla - è questo qui.

  

My fair mommy

di Gaetano Cappa

Dove ascoltarlo

  

Sperimentale e ben riuscito è il podcast del regista e autore radiofonico Gaetano Cappa. Tutto ha inizio nella soffitta polverosa della casa di campagna di sua madre. È lì che Cappa ritrova alcuni nastri magnetici. Lui ci prova, li mette in un obsoleto registratore Geloso, schiaccia play ed ecco che le bobine, calde e croccanti, rimandano la voce di Grazia, una ragazza che nel 1959 usava quei nastri come oggi noi usiamo WhatsApp: per raccontare a sua mamma com'è la sua vita a Londra, dove si trova perché si è presa un anno sabbatico dalla scuola per interpreti di Ginevra dove studia e dove (per lei troppo presto) dovrà tornare. La madre le risponde ricordandole i suoi doveri di studente ma raccontandole anche di meravigliose case con enormi vetrate davanti alle quali si gioca a bridge, di pranzi con "la Carla, quel tipo mascoloino, sai, che è vestita sempre in tailleur" e insomma di una Milano borghese, spensierata e luminosa. Quella ragazza, che parla come in un film in bianco e nero, è la madre di Gateano Cappa, oggi ottantaquattrenne. E,come è ovvio, la donna che le risponde (a volte con piccoli impicci tecnici che fanno sorridere pensando ai nostri, di genitori, alle prese con la tecnologia digitale) è la nonna di Cappa. Avventure sentimentali e automobilistiche, cocktail party e gite in "Iscozia" tra locals avvinazzati (esisterà un termine specifico per un beone di birra?) e giovanotti italiani fuori sede, trent'anni prima dell'Erasmus. Stupisce la libertà con cui Grazia parla alla madre delle galanterie dei suoi spasimanti, quasi sempre molto molto più vecchi di lei. Nè può sfuggire, alla luce dei canoni odierni, l'insistenza e le manie di possesso di alcuni di loro. L'impressione è quella di un salto nel tempo, in una pellicola con Audry Hepburn. Incantano il linguaggio e la maniera di esprimersi, curatissimo e articolato benché fresco e intimo. Manca forse un finale più cinematografico. O almeno l'opportunità di un farsi un'ultima mano di carte con Grazia e sua mamma.

 

 

A domani - La scomparsa di Giacomo

di Niccolò Agliardi

Dove ascoltarlo

Una lettera diretta a una persona che però non c'è. La ricostruzione di un vuoto. Uno zaino, un computer, un furto a Milano. Uno strano déjà-vu di qualcosa già accaduto mesi prima. Giacomo Sartori, un ragazzo per bene che scappa e nessuno saprà mai da cosa. "A domani, la scomparsa di Giacomo", un podcast originale Vois in collaborazione con Corriere della Sera, è una storia piena di picchi e di note misteriose, ma che nell’ imprevedibilità delle forze in gioco, può riguardare anche molti di noi. Non una cronaca e un campionario di testimonianze bensì un viaggio attraverso le fragilità umane, gli arresti e le ripartenze, in cui Niccolò Agliardi affronta le delicate tematiche che riguardano la salute mentale. Intenso, scrittura originale e poetica, solo a tratti un po' retorica. Peccatuccio veniale. 

  

Sailor. Anatomia del corpo attraverso la moda

di Maria Luisa Frisa e Chiara Tagliaferri

Dove ascoltarlo

"Abbiamo costruito una geografia del corpo : ogni puntata parte da un organo o un arto strettamente intrecciato alla poetica dei creativi che abbiamo incontrato. Ad esempio, nel nostro atlante anatomico, il cuore corrisponde ad Alessandro Michele perché mette al centro delle sue creazioni il desiderio", dice Chiara Tagliaferri. "Nel podcast abbiamo sezionato il corpo in parti e organi, come un cartamodello o una sorta di Frankenstein". "La moda fa delle dichiarazioni attraverso gli abiti con cui riveste o spoglia i corpi", precisa Maria Luisa Frisa. Perché parlare di moda non vuol dire parlare solo di vestiti. Sailor è cucito con le voci di chi la moda la immagina e la progetta. Frisa e Tagliaferri, con Storielibere e la collaborazione della Camera Nazionale della Moda Italiana, entrano nell’intimità delle case e degli studi delle direttrici e dei direttori creativi, e hanno raccolto i loro racconti. Storie che rivelano anche molto di noi e del nostro stare nel tempo. Menzione d'onore alla cover realizzata da Elisa Seitzinger e alla sigla originale regalo di Lorenzo Cherubini (Jovanotti).

  

   

Congo, una storia sbagliata

di Paolo Colombo 

Dove ascoltarlo

Ripescaggio da luglio scorso. Un racconto circolare, che parte dal Congo di oggi e arriva al dr Livingstone e alle barbarie coloniali, che passa per il ring leggendario di "Rumble in The Jungle" e ritorna fino a noi, ai chip dei nostri cellulari. Raccontare la storia del Congo è un modo per gettare luce su una parte di storia mondiale, quella africana, che pochi conoscono. Ma è anche un modo per aprire uno spiraglio su una vicenda, per alcuni aspetti, di ancor più ampio respiro legata al significato e all'evoluzione dell'appartenenza a una dimensione umana – quella dei ‘neri' – che presenta infinite sfumature. Paolo Colombo, docente di Storia contemporanea alla Cattolica, scrive per il Sole 24 ore una storia avvincente e drammatica, che passa attraverso lo sfruttamento europeo del Continente nero, i sit-in dei ragazzi neri nei perbenisti Stati Uniti degli anni Sessanta, il velleitario progetto di Mobuto per un grande Zaire, gli enormi interessi economici che ruotano attorno alle risorse minerarie africane...

 

Di più su questi argomenti:
  • Enrico Cicchetti
  • Nato nelle terre di Virgilio in un afoso settembre del 1987, cerca refrigerio in quelle di Enea. Al Foglio dal 2016. Su Twitter è @e_cicchetti