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Nella Scozia delle gender war anche “Peter Pan” diventa “problematico”

Giulio Meotti

L’opera di Barrie sotto censura morale all’università. Il romanzo conterrebbe "strane prospettive sul genere". Così dopo Orwell e Shakespeare è il turno di un altro classico. Il tutto nel paese culla di una legge senza precedenti

Nel classico di J. M. Barrie, “Peter Pan”, a Neverland non si cresce mai. Oggi l’immaginaria isola di Barrie è diventata realtà nelle università del Regno Unito. “Peter Pan” è tra gli ultimi libri a essere schiaffeggiati e messi sotto censura con un avvertimento da parte dei funzionari dell’Università di Aberdeen, in Scozia, dove il classico per bambini è accusato di contenere “stereotipi sul gender”. La soglia per ciò che può essere considerato opprimente si abbassa di giorno in giorno. Nel 2016, Oxford ha introdotto un avviso nelle lezioni sui reati sessuali. Appena un anno dopo, gli studenti di letteratura a Cambridge hanno ricevuto avvertimenti per le opere di Shakespeare. L’anno scorso, gli studenti dell’Università di Northampton sono stati avvertiti su “1984” di George Orwell. E ora abbiamo raggiunto un nuovo minimo, dove anche la letteratura per bambini è considerata dannosa per gli studenti. 

 

Cosa dovrebbe esattamente contenere di pericoloso “Peter Pan”? Non il coccodrillo che vuole mangiarsi tutti o il malvagio Capitan Uncino, ma le “strane prospettive sul genere” del romanzo. Terrificante.

 

Aberdeen è in Scozia, il paese che sta quasi per rompere con l’Inghilterra per una legge senza precedenti in Europa che consente a chiunque con una dichiarazione all’anagrafe di cambiare sesso. Attivisti transgender la scorsa settimana sono riusciti a far cancellare la proiezione di un film critico del gender dopo aver fatto irruzione in un’aula. La proiezione di “Adult human female”, un documentario che sfida l’ideologia transgender nel Regno Unito, è stata organizzata dal gruppo Academics for academic freedom dell’università di Edimburgo, istituzione di 439 anni conosciuta come una delle case dell’Illuminismo scozzese. Numerosi attivisti hanno occupato l’aula magna a George Square, impedendo che vi si svolgesse la proiezione. Quando gli organizzatori hanno tentato di spostare l’evento in una sede alternativa, altri attivisti sono entrati e alla fine la proiezione è stata cancellata. 

 

Lo Scottish book trust ha appena inviato un “codice” ai seicento scrittori presenti nel suo registro, l’albo ufficiale per scrittori, poeti e artisti della parola che in Scozia vogliono guadagnarsi da vivere con eventi pubblici nelle scuole e nelle biblioteche. L’86 per cento del suo budget proviene dal governo. “Ho paura di questo codice, è una violazione della libertà di parola di autori e poeti e fornisce ad autori in malafede una licenza per attaccare gli scrittori”, dice al Times la scrittrice Magi Gibson. “Questo codice è un tentativo di costringere il pensiero e la parola”. Cosa c’è scritto nel codice che gli scrittori sono tenuti a seguire, pena l’espulsione? “Ci opponiamo a sessismo, razzismo, transfobia”.

 

Per la prima volta in Europa un ente governativo preposto alla scrittura impone steccati ideologici agli scrittori. E visto che i compensi per la partecipazione agli eventi sono un’importante fonte di reddito per i 600 autori, il controllo ideologico sarà automatico. Prendiamo il caso di Jenny Lindsay, poetessa scozzese cui è stato “consigliato” di non partecipare a eventi se non accompagnata, dopo essere stata presa di mira sui social e accusata di “transfobia”. In un saggio intitolato “Anatomy of a hounding”, Lindsay spiega: “Hanno attaccato il mio editore, le persone che lavoravano con me hanno interrotto i contatti, gli amici hanno detto di non voler lavorare con me, ho perso lavori retribuiti e hanno minacciato il lancio del mio libro”. E siamo nel paese che ci ha dato David Hume. Ma quella era la vecchia Scozia. Ora la deputata Maggie Chapman, sostenitrice delle riforme sul gender di Nicola Sturgeon, ha affermato che la Scozia sta per “esplorare” la possibilità di consentire ai bambini di otto anni di cambiare sesso. La nuova Neverland.

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  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.