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Hannah Arendt e il senso del Natale

Sergio Belardinelli

Ragioni per festeggiare ogni nuova nascita, cardine della nostra libertà

“Il miracolo che salva il mondo, il dominio delle faccende umane, dalla sua normale, naturale rovina è in definitiva il fatto della natalità in cui è ontologicamente radicata la facoltà dell’azione. E’ in altre parole la nascita di nuovi uomini, l’azione di cui essi sono capaci in virtù dell’esser nati. Solo la piena esperienza di questa facoltà può conferire alle cose umane fede e speranza, le due essenziali caratteristiche dell’esperienza umana, che l’antichità greca ignorò completamente. E’ questa fede e speranza nel mondo, che trova forse la sua gloriosa e stringata espressione nelle poche parole con cui il Vangelo annunciò la ‘lieta novella’ dell’avvento: ‘un bambino è nato per noi’”.

 
Da almeno quarant’anni, da quando cioè l’ho letto per la prima volta, considero questo brano di Hannah Arendt come l’espressione più profonda del senso del Natale. Che è festa di fede e di speranza certo, ma sorprendentemente anche di libertà. Nella storia del pensiero occidentale soltanto la Arendt ha avuto il genio e l’ardire di incardinare l’umana libertà, diciamo pure “la facoltà dell’azione”, nel “fatto della natalità”. La libertà è ciò che dà sapore e specificità alla vita umana; solo la libertà impedisce che il mondo si riduca spinozianamente a “sostanza”, a qualcosa di omogeneo, a qualcosa come un continuo fluire; solo la libertà è capace di introdurre nel mondo un elemento di novità, un imprevisto, una sorpresa, capaci di sottrarci al dominio della necessità. Ma udite udite, per la Arendt è il nostro stesso venire al mondo, la nascita unica e irripetibile di ciascuno di noi, a rappresentare la prima e più immediata forma di novità, il primo vero affronto al potere di ananke (la necessità dei greci) o anche solo alla noiosa routine della vita. Una ragione in più per festeggiare il Natale, dunque. Ma c’è anche dell’altro.

   
In questa prospettiva infatti, non è soltanto la nascita di Gesù, ma quella di qualsiasi bambino a rappresentare un segno di speranza nel mondo. Ogni bambino che nasce è l’irruzione nel mondo di una “novità”, che reclama quasi di essere rinnovata, una volta diventati adulti, nell’esercizio della nostra libertà, nella nostra capacità di incominciare qualcosa che senza di noi non incomincerebbe mai. Un’esortazione a essere liberi che è anche un’apertura di credito nei confronti di noi stessi e del mondo che abitiamo. Facile immaginare dunque, come ho avuto modo di sottolineare più volte anche su questo giornale, la tragedia reale e simbolica che si consuma allorché in una società non nascono più bambini. Prima o poi, in tale società sono destinate ad avvizzire anche la speranza e la libertà.

   
“Initium… ergo ut esset creatus est homo”, diceva Agostino, autore assai caro ad Hannah Arendt. L’uomo è stato creato affinché ci fosse un inizio. Il che significa che nasciamo, non per morire, ma per incominciare, per far nuove di continuo tutte le cose grazie alla nostra libertà e agli imprevisti che essa porta sempre con sé. E’ questo il grande dono del Natale, il grande dono di Gesù bambino, che ci esorta alla vita, alla speranza, alla libertà, a guardare il mondo con gratitudine e benevolenza, nella convinzione che, anche nella situazione più difficile e più drammatica, ci può essere un bambino che, nascendo, e nascendo per noi, ci ricorda che possiamo essere liberi per davvero. Buon Natale a tutti.

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