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Tanto realismo e un’autocensura nel libro dei sogni di Graham Greene

Mariarosa Mancuso

Appena pubblicato da Sellerio “Un mondo tutto mio”, un diario dei sogni dello scrittore da quando aveva 16 anni e lo mandarono a Londra dallo psicoanalista fin quasi alla morte nel 1991

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L’occasione è propizia per confessare l’orribile verità. Collocata all’inizio di un articolo dove si parla di “Un mondo tutto mio” – il libro dei sogni di Graham Greene appena pubblicato da Sellerio – la rivelazione allontanerà i possibili confitti di interesse, facendoci fare un figurone. In altre circostanze, le stesse parole ci avrebbero rivelati al mondo come materialisti privi di slanci. E sapete bene che di questi tempi non c’è etichetta peggiore. Non abbiamo mai sopportato chi si alza la mattina e a colazione racconta i sogni freschi di nottata. Siano essi amici, amiche, fidanzati, conviventi, compagni di lavoro con cui occasionalmente capita di condividere il tavolo della colazione. Abbiamo sempre trovato noiosissimi i sogni altrui (e i nostri peggio, non facciamo favoritismi e infatti quasi mai li ricordiamo). Facciamo eccezione per Graham Greene, che tenne un diario dei sogni da quando aveva 16 anni  e lo mandarono a Londra dallo psicoanalista: tipi umani che di sogni si nutrono, e si accontentano  anche di sogni inventati. 
   

Cominciò così. Andò avanti fin quasi alla morte di Graham Greene, nel 1991 a Corsier-sur-Vevey (dopo molti anni in Costa Azzurra si era trasferito in Svizzera). Sellerio pubblica un’antologia di sogni curata dall’autore medesimo, dai taccuini iniziati nel 1965 e terminati solo nel 1989, circa 800 pagine. La questione del bullismo che lo aveva condotto dallo strizzacervelli era ormai superata, non la depressione che tra alti e bassi si portò dietro tutta la vita. I brani più interessanti sono stati suddivisi in capitoli: “Alcuni scrittori famosi che ho conosciuto”, “Viaggi”, “Brevi contatti con i reali”, “Animali parlanti”, “Esperienze spiacevoli”, “Un pizzico di religione”. Mancano totalmente le avventure amorose. A parte un tentativo, rifiutò sempre di scrivere un’autobiografia per rispetto delle vite altrui, tante e tanti non avrebbero gradito le rivelazioni. (Così dice la versione purgata, per evitare guai: il primo sogno erotico era rivolto alla moglie dell’analista).
    

“Un mondo tutto mio. Diario dei sogni” racconta episodi avvenuti soltanto nella mente addormentata di Graham Greene. Ogni tanto il lettore deve darsi un pizzicotto, per non crederlo un diario diurno: sono brani realistici, privi delle condensazioni e spostamenti che per Sigmund Freud erano “ma materia di cui son fatti i sogni”. 
   

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Anche i “resti diurni” – gli appigli reali attorno a cui la mente sognante si muove – siamo scarsissimi. Ci sono scrittori, nel “Mondo tutto mio” di Graham Greene. Ma non sono mai viventi: “Gli scrittori che ho avuto il piacere di conoscere devono morire prima di poter entrare nel mio mondo segreto”. Finché campano, stanno nel mondo che Greene condivideva con i suoi contemporanei.
     

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I sogni di Graham Greene non rivelano un inconscio, solo una mente narrante (gli psicoanalisti la farebbero più difficile, ma è pur vero che, come diceva Oscar Wilde: “Solo le persone superficiali non giudicano dalle apparenze”). Ecco, per esempio, un sogno con scrittore: “Il 28 aprile 1988 mi sono ritrovato a fare un viaggio via fiume fino a Bogotà insieme a Henry James”. Accadeva dopo mezzanotte, nel buio fitto e con il bagaglio a mano, mentre una voce urlava “mille dollari di multa a chi sale senza biglietto”. A novembre 1983 (sempre in sogno), incontra Cocteau a una festa e rimane stupito: “Mi aspettavo occhi gelidi, invece erano pieni di comprensione, di affetto perfino”.
     

Immagini nitide, mai sfumate. Un papa che dorme, per esempio. Greene si era fatto cattolico, sostengono i maligni per crogiolarsi nel senso del peccato, ma qui dice di Giovanni Paolo II (sempre in sogno): “Non siamo fatti per piacerci”. Jean-Paul Sartre fa il teatro dell’assurdo: “Lei parla francese molto bene, ma io non capisco una parola di quel che dice”. Poiché abbiamo solo sogni editoriali, ora mancano le recensioni che Graham Greene pubblicò su “Night and Day” negli anni 30. Carriera bruscamente interrotta quando scrisse che le gonnelline di Shirley Temple erano sbirciate più dagli adulti che dai bambini.

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