Lower Manhattan vista dal New Jersey (Getty Images)

Così batteremo i tiranni

Salman Rushdie

I baci, i panini col bacon, il dissenso, la letteratura, la musica, la bellezza, l’amore. Salman Rushdie spiega come sarà possibile superare il fondamentalismo e scegliere sempre la libertà

Pubblichiamo ampi stralci di un famoso articolo che lo scrittore Salman Rushdie, recentemente attaccato durante un discorso pubblico e da anni sotto scorta dopo una condanna a morte dell’ayatollah Khomeini, ha pubblicato su diversi giornali tra i quali il Washington post il 2 ottobre del 2001.  

   


 

Nel gennaio del 2000 scrissi in un articolo che “la lotta decisiva della nuova èra” sarebbe stata “tra terrorismo e sicurezza” e temevo che vivere secondo gli scenari peggiori degli esperti di sicurezza potesse significare cedere troppe delle nostre libertà agli invisibili guerrieri-ombra del mondo segreto. Sostenevo che la democrazia richiedesse visibilità, e che nella lotta tra sicurezza e libertà dobbiamo sempre scegliere la libertà. Martedì 11 settembre 2001, tuttavia, lo scenario peggiore si è avverato. Hanno distrutto la nostra città. Io sono tra i newyorchesi più recenti, ma anche chi non ha mai messo piede a Manhattan ne ha sentito profondamente le ferite, perché New York è il cuore pulsante del mondo visibile, la città della parola, dello spirito, la “città delle orge, delle passeggiate e delle gioie” di Walt Whitman, la sua “città orgogliosa e appassionata, la città meticolosa, folle, stravagante!”.

 

A questa luminosa capitale del visibile, le forze dell’invisibilità hanno inferto un colpo tremendo. Non c’è bisogno di dire quanto terribile; tutti l’abbiamo visto, tutti ne siamo usciti cambiati. Ora dobbiamo fare in modo che la ferita non sia mortale, che il mondo di ciò che si vede trionfi su quello che si nasconde, che è percepibile solo attraverso gli effetti delle sue terribili azioni. Nel rendere le società libere sicure – più sicure – dal terrorismo, le nostre libertà civili saranno inevitabilmente compromesse. Ma in cambio della parziale erosione della libertà, abbiamo il diritto di aspettarci che le nostre città, l’acqua, gli aerei e i bambini siano davvero più protetti di quanto lo siano stati finora. La risposta dell’occidente agli attentati dell’11 settembre sarà giudicata in larga misura dal fatto che le persone cominceranno a sentirsi nuovamente al sicuro nelle loro case, nei loro luoghi di lavoro, nella loro vita quotidiana. E’ questa la fiducia che abbiamo perso e che dobbiamo riconquistare.


Sulla questione del contrattacco. Sì, dobbiamo inviare i nostri guerrieri-ombra contro di loro e sperare che i nostri prevalgano. Ma questa guerra segreta da sola non può portare alla vittoria. Avremo bisogno anche di un’offensiva pubblica, politica e diplomatica il cui obiettivo deve essere la rapida risoluzione di alcuni dei problemi più spinosi del mondo: soprattutto la battaglia tra Israele e il popolo palestinese per lo spazio, la dignità, il riconoscimento e la sopravvivenza.

 

In futuro sarà necessario un miglior giudizio da parte di tutti. Niente più fabbriche di aspirine sudanesi da bombardare, per favore. E ora che le sagge teste americane sembrano aver capito che sarebbe sbagliato bombardare il popolo afghano, impoverito e oppresso, come rappresaglia per le malefatte dei loro tirannici padroni, potrebbero applicare questa saggezza, retrospettivamente, a ciò che è stato fatto al popolo iracheno, impoverito e oppresso. E’ ora di smettere di farsi dei nemici e di iniziare a farsi degli amici.

 

Dire questo non significa affatto unirsi al massacro contro l’America di alcune frange della sinistra, cioè una delle conseguenze più spiacevoli degli attacchi dei terroristi agli Stati Uniti. “Il problema degli americani è…” – “Ciò che l’America deve capire...”. Ultimamente c’è in giro parecchio relativismo morale bigotto, di solito preceduto da frasi come queste. Un paese che ha appena subìto il più devastante attacco terroristico della storia, un paese in uno stato di profondo lutto e di orribile dolore, si sente dire, senza cuore, che è responsabile della morte dei propri cittadini. (“Ce lo siamo meritato, sir?”, ha chiesto di recente un giornalista britannico in visita a Ground Zero a uno sconcertato lavoratore. Ho trovato sorprendente la seria cortesia di quel “sir”).

 

Cerchiamo di capire perché questo benpensante assalto antiamericano è un’orribile sciocchezza. Il terrorismo è l’assassinio di innocenti; questa volta si è trattato di un omicidio di massa. Giustificare una simile atrocità dando la colpa alle politiche governative statunitensi significa negare l’idea di base di ogni moralità: gli individui sono responsabili delle loro azioni. Inoltre, il terrorismo non è il perseguimento di rivendicazioni legittime con mezzi illegittimi. Il terrorista si avvolge nelle lamentele del mondo per nascondere le sue vere motivazioni. Qualunque sia l’obiettivo degli assassini, sembra improbabile che tra essi ci sia la costruzione di un mondo migliore.

 

Il fondamentalista cerca di abbattere molto più che gli edifici. Queste persone sono contrarie, per fare un breve elenco, alla libertà di parola, a un sistema politico multipartitico, al suffragio universale degli adulti, a un governo responsabile, agli ebrei, agli omosessuali, ai diritti delle donne, al pluralismo, al secolarismo, alle gonne corte, alla danza, all’assenza di barba, alla teoria dell’evoluzione, al sesso. Questi sono tiranni, non musulmani. (L’islam è duro con i suicidi, che sono condannati a ripetere la loro morte per l’eternità. Tuttavia, è necessario che i musulmani di tutto il mondo esaminino a fondo il motivo per cui la fede che amano genera così tanti ceppi mutanti e violenti. Se l’occidente deve capire i suoi Unabomber e McVeigh, l’islam deve affrontare i suoi Bin Laden).

 

Il segretario generale delle Nazioni Unite Kofi Annan ha detto che oggi dovremmo definirci non solo per ciò per cui siamo a favore ma anche per ciò per cui siamo contro. Io ribalterei questa affermazione, perché in questo caso contro cosa siamo è piuttosto scontato. Assassini suicidi che si lanciano con aerei a fusoliera larga contro il World Trade Center e il Pentagono e uccidono migliaia di persone: sono contrario. Ma noi per cosa siamo? Per cosa rischiamo la vita? Possiamo concordare all’unanimità che tutti gli elementi della lista di cui sopra – sì, anche le gonne corte e i balli – valgano abbastanza per morire?


Il fondamentalista crede che non crediamo in nulla. Nella sua visione del mondo, lui ha le sue certezze assolute, mentre noi siamo affondati in indulgenze sibaritiche. Per dimostrare che si sbaglia, dobbiamo prima sapere che si sbaglia. Dobbiamo essere d’accordo su ciò che conta: i baci in luoghi pubblici, i panini al bacon, il dissenso, la moda all’avanguardia, la letteratura, la generosità, l’acqua, una distribuzione più equa delle risorse del mondo, il cinema, la musica, la libertà di pensiero, la bellezza, l’amore. Queste saranno le nostre armi. Non con la guerra, ma con il modo in cui sceglieremo di vivere senza paura, li sconfiggeremo.


Come sconfiggere il terrorismo? Non lasciarsi terrorizzare. Non lasciate che la paura domini la vostra vita. Anche se avete paura.