La putìa del libro

"Una farmacia come quella di Sciascia" Nasce a Milano la libreria Henry Beyle

Carmelo Caruso

Una "camera con vista" di 16 metri quadrati per esporre il catalogo della casa editrice più raffinata d'Italia. Parla Vincenzo Campo, l'editore ritenuto l'erede di Vanni Scheiwiller

In siciliano si dice “casa e putìa”. E infatti, pure tu, che sei siciliano, dal primo settembre, apri la putìa, che significa “bottega”, una libreria di 16 metri quadrati, a Milano, in via Solferino, 48. E’ “griffata” (che parolaccia!) Henry Beyle, la casa editrice di “quell’originale di Vincenzo Campo”, così ti chiamano. Ti vuoi dunque prendere gioco del razionamento o sarà la prima libreria razionale? “Innanzitutto sarà aperta per quattro mesi, un tempo modesto e in uno spazio piccolissimo e questo potrebbe allontanare la rovina o il collasso personale”. Chi si occupa di libri dice che sei il nuovo Vanni Scheiwiller, l’editore che ha inventato un certo modo di fare editoria. Edizioni numerate, libri di poche pagine, con dentro acqueforti. E infatti, in tredici anni, hai pubblicato elzeviri di Ennio Flaiano, di Leonardo Sciascia, ma l’introvabile, quello delle "sarde allo zolfo” o di “Mezzapaga”, un racconto che anticipava di anni il reddito di cittadinanza. E prendiamo, a caso, dal catalogo, Leo Longanesi, Emilio Cecchi, Gio Ponti, Mallarmé, Saba, il Cechov de “Alla deliziosa creatura che mi ha graffiato il naso”. Qual è stato il primo testo scelto? “Mi piace ricordare non tanto il primo, ma, tra i primi, un libro di clamoroso insuccesso”. Il titolo? “Era La dama selvatica di Giuseppe Mazzaglia. Ferdinando Scianna, di fronte al pianto dell’editore, decise di donare una tiratura di 50 esemplari di una sua fotografia e salvare di fatto quella edizione. Chi comprava quel racconto voleva acquistare  in realtà solo una sua fotografia forse ignorando che quella immagine esprimeva una notevole interpretazione critica e permetteva una più intrigante lettura”.

 

In sedici metri quadrati cosa pensi di fare? “Innanzitutto potrà entrare non più di un visitatore per volta, munito di mascherina”. Perché aprirla? “Per mostrare l’intero catalogo, poi per creare e far vedere una camera con vista. Una sorta di estensione della redazione, persino della tipografia. E rendere omaggio ad alcuni amici e maestri”. Quando la Henry Beyle ha cominciato a pubblicare, i librai tenevano questi libri sotto chiave perché venivano rubati. Prima di morire Andrea Camilleri volle pubblicare i suoi libri più preziosi con la Hb. Uno è “La casina di campagna” e l’altro è “La piccola enciclopedia dei giochi di infanzia”. In vetrina quali testi saranno esposti? “I primi due di certo, ma ce ne sarà anche un terzo che verrà presentato a Roma, il 6 settembre, in occasione dell’anniversario della sua nascita. Il titolo è “Abbiamo fatto un viaggio. Racconto di una messa in scena”. È una lunga lettera inedita spedita negli anni cinquanta ai suoi genitori. Racconta le difficoltà del Camilleri regista alle prese con le bizzarrie, anche economiche, della compagnia teatrale fino a una sorpresa: la scoperta di una figura di fondamentale importanza. L’aiuto regista di quella commedia è infatti ‘una brunetta deliziosa’, Rosetta Dello Siesto, la donna che ha accompagnato nella vita Camilleri”.

 

Hai quindi copiato da Scheiwiller e vuoi rifare la sua “All’insegna del pesce d’oro”? “Di certo nessuna inventa nulla. Eliot diceva che veri poeti rubano. I cattivi imitano”. Perché gli eredi di Flaiano, Buzzati, Sciascia affidano scritture per quanto brevi e ricordi dei loro cari alla Henry Beyle? “Perché condividono un percorso. Credo apprezzino il risultato, il rispetto verso i testi,  l’affettuosa partecipazione emotiva, spero persino certe eccentricità”. Come sarà arredata questa “camera con vista”? “Ci saranno 4 mobili di modernariato. Ci verranno prestati da una cooperativa di vendita e restauro di mobili. Si chiama “Di mano in mano”.

 

Di mano in mano, quali libri Hb non vorresti che ti cadessero di mano? “Ricordo di aver incontrato il poeta siciliano Ignazio Buttitta a una festa dell’Unità. Ero giovane. Gli chiesi: “Maestro, di tutti i suoi libri quali devo acquistare? Me ne suggerisca uno”. Mi rispose che a un padre non si può chiedere quale figlio ama di più”. Sei nato in Sicilia, a Giuliana. Vuoi rifare l’emporio di tua zia Rosalia? “Era una stanza dove vendeva di tutto: lana Borgosesia, un integratore vitaminico per vitelli, leccornie Ferrero. Questa mia zia scriveva alle diverse aziende, si presentava e chiedeva di poter acquistare i loro prodotti. E rispondevano. La Ferrero da Alba decise persino di farle avere la vetrinetta espositore come premio fedeltà”. A Milano il termine “putìa” è inutilizzabile. Qui li chiamano “temporary store”. Alternative? “Me lo immagino come Sciascia si immaginava una libreria”. E come? “Di certo somigliava ad una galleria d’arte, ma credo dovesse avere qualcosa a metà tra un circolo e una farmacia, di paese, beninteso”.

 

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  • Carmelo Caruso, giornalista a Palermo, Milano, Roma. Ha iniziato a La Repubblica. Oggi lavora al Foglio