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la ribellione dei segni

Schwa e asterischi sono un modesto specchietto per le allodole inclusiviste

Marco Archetti

Massimo Arcangeli, nel suo "La lingua scema, contro lo schwa e altri animali", è schierato contro la prepotenza dei ben intenzionati armati fino alle desinenze. Perché la lingua parlata non è in assoluto neutra, pertanto non è nemmeno in assoluto sessista, e il problema è solo di chi sceglie come usarla

E se scendesse in piazza il punto e virgola? Immaginiamone una piazza piena zeppa: migliaia di punti e virgola agguerriti, seppur moribondi, pronti a rivendicare se stessi; certo darebbero luogo a un casino provvisorio dato il loro carattere naturalmente remissivo, patteggiante. Ma se altri segni prendessero esempio? Passi per la marcia di un mazzo, anche aggressivo, di trattini – una falange che alla fine non procede. Passi per l’agitazione dei due punti: troppo ragionevoli per essere pericolosi. Nessuna paura nemmeno delle virgolette le quali, si sa, viaggiano sempre “in coppia”, tratto sentimentale che impedisce loro di spaventarci davvero. I puntini di sospensione, invece, non si decideranno mai...

Ma se nel giro di pochi giorni ci trovassimo davanti alla rivolta dei punti esclamativi? Quelli menano! Quelli mettono su una marcia di Capitol Hill che non finisce in carnevalata. I punti esclamativi sono pugnaci, esuberanti di cattiveria. Forti della loro natura di ordigno espressivo non temono niente e divorano tutto, triturano realtà e sono abituati a farsi mitra, a sputar fuoco di sentenze e dinamite di slogan. Il giorno in cui si agitassero i punti esclamativi, il consiglio sarebbe: cominciate a correre.

Ma per fortuna è solo un gioco. E questa ribellione dei segni è uno spunto divertente offerto dal professor Massimo Arcangeli nel suo La lingua scema, contro lo schwa e altri animali (Castelvecchi, 74 pp., 9 euro). In merito alle volontà inclusioniste – grottesche e fanatiche, sostiene l’autore, e la storica Hélène Carrère d’Encausse segretaria permanente dell’Académie, anche – nell’usarli o brutalizzarli, questi segni, pretendendo che le norme linguistiche di un’intera comunità debbano piegarsi alla prepotenza dei ben intenzionati armati fino alle desinenze, è molto netto. E con pimpante crudezza ci precede nei tentativi di definizione dei Grandi Ircocervi linguistici-fonologici: lo schwa, codificato come vocale intermedia dall’Alfabeto fonetico internazionale, acclimatamento tedesco di un termine di origine ebraica e creato nel 1821 dal linguista Johann Schmeller per indicare una vocale ultrabreve, è accolto dal linguista come un’alienazione, roba impronunciabile restando seri, smorfia sonora che gli inglesi chiamano “cugina pigra delle vocali”, abbozzo di sbadiglio e definitivo tirzanismo – sì, stiamo parlando di Felice La Pezza, alias Tirzan, interpretato da Diego Abatantuono in “Eccezzziunale… veramente”. Si tratta – argomenta Arcangeli – di un suono ruffiano, specchietto per le allodole inclusiviste, fisima esilarante e ignara di sé, prodotta da chi non sa niente nemmeno del resto, per esempio di come funziona un sistema linguistico.

E che si fa con gli asterischi? Lo scrittore Maurizio Maggiani – citato nel libro – ha le idee chiare: “Ho ricevuto un invito a una manifestazione culturale indirizzato a un asterisco: car* amic*. Non andrò”, scrive. “Ho modeste certezze su me medesimo ma so per certo che non necessito di un richiamo a fondo pagina, posso essere caro e forse anche amico, ma non impronunciabile”. Per non parlare delle aperture comiche delle mail o degli avvisi in cui, ebbre di giustizia per mano grammaticale, le istituzioni si rivolgono così: giovane artist*, car* Massim*, gentil* membr*. Ma il problema è tragico: anche chi usa in buona fede questi segni deve spesso fronteggiare irriferibili impasse e domare atroci eterogenesi, trovandosi a tessere immani garbugli che ottengono tutto meno quel che vorrebbero, ossia di appianare, chiarificare e quindi “tutelare”, invischiando il tutelato e strangolandolo con lo stesso cappio che gli si vorrebbe strappare. (Se movimento per l’inclusività deve essere, bisogna avere le idee chiare! Punto esclamativo.)

Arcangeli ci dice che la lingua parlata non è in assoluto neutra, pertanto non è nemmeno in assoluto sessista. E che il problema è solo di chi la usa, o meglio, di chi sceglie come usarla – sempre se non sembri troppo che esista ancora questa possibilità.